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GIALLO PASSIONE
Motoko Kusanagi
Ghost in the Shell
L'intervista è un omaggio a Motoko
Kusanagi e rielabora tematiche, ambientazioni e personaggi del
fumetto e del film animato Ghost in the Shell di Masamune
Shirow, serie cyberpunk di culto giapponese DI
ELISELLE
Quando alla fine, dopo una lunga
attesa, mi permettono di entrare nella grande stanza
luminosa e asettica dove è stato fissato l’appuntamento,
sono costretta a chiudere gli occhi. L’ufficiale e
leader della Shell Squad, la forza di soccorso
internazionale della Sezione 9, è già qui ma io non
riesco a vederlo, né a guardarmi intorno. La luce che
proviene dalle pareti e dal soffitto e si riflette sul
pavimendo bianco e lucido è davvero troppo forte. Mi
abbraccia totalmente e mi acceca. Chino la testa verso
il basso e attraverso le palpebre vedo la mia pelle
illuminarsi. Mi sembra di essere su una nuvola.
“Serve qualche secondo per abituarsi, dopodiché è tutto
più semplice.” La voce sensuale di Motoko Kusanagi mi
avvolge e ne vengo immediatamente rapita. Me l’hanno
descritta come una donna bellissima e coraggiosa, e ora
più che mai, a qualche passo da lei, il mio desiderio di
guardarla si fa insostenibile. Decido di rischiare e
apro gli occhi, aspettandomi di perdere completamente la
vista, ma con mia grande sospresa noto che la luce non
mi dà più alcun fastidio. “Ti avevo detto che sarebbe
stato tutto molto semplice. Siediti.” Attorno a me
non c’è nulla. Ma prima che io possa chiedere qualsiasi
cosa, dietro di me si apre con un lieve ronzìo una
botola, da dove sale una sedia in morbida pelle bianca.
Di nuovo nel silenzio, ringrazio e mi accomodo, e
finalmente posso osservare la meravigliosa creatura che
si trova davanti a me.
L’incarnato perfetto del
viso e i suoi capelli blu, la sua bocca carnosa e gli
occhi limpidi e determinati, un corpo perfetto fasciato
da una tuta che non lascia davvero nulla
all’immaginazione. Supera ogni aspettativa. Devo
probabilmente avere stampato sul viso un’espressione
ammirata e inebetita, perché l’ufficiale Kusanagi mi
guarda divertita. Quando me ne rendo conto è troppo
tardi, e le mie guance sono già diventate rosse per
l’imbarazzo. “Non c’è nulla di cui tu debba
vergognarti, la curiosità è un fatto più che naturale.
Volevi vedermi, eccomi dunque. Ti aspettavi qualcosa del
genere?” Ad essere sincera, no. Sei più bella di
quello che immaginavo. E nella mia mente avevo già
creato la figura di una donna fantastica. “Ti
ringrazio, sei molto gentile. Ma sai, io non faccio
molto caso a queste cose. Avrei potuto benissimo avere
un altro corpo, per quel che ne posso sapere. Certi
aspetti non sono io a seguirli, né io a controllarli.”
Sì, ma hai questo. E lasci senza fiato. Ti ha mai
creato problemi nel tuo mestiere? Come fai a conciliare
la tua bellezza col tuo lavoro? Non credo che ai miei
compagni e sottoposti importi molto di come sono fatta
all’esterno, men che meno ai criminali che combattiamo
ogni giorno. Quello che conta è tutto qui, nella mia
testa, dentro di me. Non sono diventata ufficiale senza
averne i requisiti. Sono dotata di grandi capacità
belliche e sono abile a infiltrarmi praticamente in ogni
sistema informatico. I miei compagni non si
permetterebbero mai di discutere un leader come me solo
perché ho un corpo sexy. Un corpo che potrei perdere,
in ogni caso, da un momento all’altro. Perché darvi
tanto peso? Per entrare nella squadra di soccorso e
rimanerci servono competenze e qualità ben precise, io
le possiedo. Tutto qui.
Cosa intendi per “corpo
che potresti perdere da un momento all’altro”? Quando
sei come me, certi problemi propri dell’umanità vengono
a mancare. Io appartengo alla Sezione 9. Il mio corpo è
proprietà del governo, e se me ne volessi andare dovrei
restituirlo, e così non rimarrebbe granché di me. So che
è complicato da accettare, per quelli come te. Per
quelli come me no. Io sono un agente cyborg. Mi viene da
chiedermi molto spesso che cosa mi sia rimasto, di
umano. Ma non trovo mai risposte. Ho solo alcune
certezze. E ti assicuro, sono tutto fuorché
rassicuranti.
Quali sono queste certezze?
Sembriamo forti e indistruttibili, ai vostri occhi
appariamo immortali, con qualità straordinarie e
incredibili. Ma non vi accorgete che anche noi siamo a
rischio in ogni momento. Abbiamo capacità sovrumane,
siamo macchine. Ma anche le macchine si rompono. Su
determinati terreni di scontro essere un cyborg può
portare a uno svantaggio, e non il contrario. Possediamo
potenziamenti cerebrali che acuiscono i nostri sensi,
abbiamo servomotori che attribuiscono ai nostri arti una
forza eccezionale, siamo resistenti ai veleni grazie
agli innesti chimici nel nostro corpo. Perfetti per
missioni pericolose, tanto se qualcosa di brutto accade,
ci sono pezzi di ricambio pronti per chi di noi ci ha
rimesso. È una buona giustificazione. Il nostro corpo è
un’arma di offesa e difesa pensato per essere agile,
veloce e potente. Ma anche noi abbiamo dei limiti. E ne
siamo coscienti.
Non offenderti per la domanda
che sto per farti, ma dalle tue riflessioni scaturisce
naturalmente. Può davvero una macchina avere una
coscienza? Io non sono un robot, ma un cyborg. Una
macchina senziente. Il mio cervello è umano. Riproduce
completamente tutti gli stimoli in tutti i miei organi,
inclusi quelli interni. L’impianto nel mio cervello mi
permette di sentire. Ma soprattutto è il mio spirito, il
mio Ghost, ad essere importante. La mia essenza. La mia
anima. Finché la manterrò, avrò la mia individualità, la
mia forma di umanità. Almeno così dicono. Ma ora come
ora, non ne sono più così convinta. Sembra più
importante agli occhi altrui che a me stessa.
C’è
qualcosa che non va? Hai cambiato espressione quando mi
hai parlato di questo ghost. Perché? Nulla di
veramente importante. Sono solo i miei pensieri che a
volte mi prendono e mi costringono a riflettere. Quello
che mi tormenta è semplicemente la presenza e
l’autentico peso dello spirito dentro al guscio (Ghost
in the Shell n.d.r.). Io sento di averlo. Sento che è
l’unica cosa che mi assicura un minimo di umanità, ma
sai, a volte mi chiedo se sia così essenziale e se abbia
davvero un valore così grande essere umani.
È
strano. È la stessa domanda che mi faccio anche io, ogni
tanto. Motoko mi sorride e vedo per un attimo i suoi
occhi illuminarsi. Nonostante questo, non perdono mai
quel velo di tristezza, quasi di preoccupazione, che li
caratterizza. Sarà che è sempre all’erta, le vengono
affidate missioni pericolose, e al posto suo, senza
circuiti e senza innesti non credo riuscirei a
sopportare questo stile di vita e lo stress a cui
vengono sottoposti quelli come l’ufficiale Kusanagi.
Perché i suoi compagni la chiamano maggiore? “Oh,
non farci caso. È una vecchia abitudine. In realtà io e
i miei colleghi siamo di pari grado. Mi chiamano così
perché un tempo servivo nelle forze armate, dove sono
arrivata al rango di maggiore. Tutto qui.”
Noto
che tende sempre a minimizzare quello che la riguarda.
Ci sono colleghi con cui ti trovi meglio, nel tuo
lavoro? Sono tutti ottimi compagni. Ho un grande
rapporto con Batou. È un cyborg come me. Capita spesso
che ci scontriamo io e lui, non solo verbalmente, ma
credo che sia dovuto al grande rispetto che nutriamo
l’uno per l’altro. Lui è il membro anziano della
squadra, è un combattente molto abile e un bravo
detective, mi fido del suo intuito e della sua
perspicacia. C’è poi Togusa, che si infila sempre in
qualche guaio ma è un buon supporto nelle missioni,
grazie alla sua iniziativa. È un umanoide. Ha un corpo
quasi completamente umano, con un potenziamento
cibernetico nel cervello. Noi tutti della sezione 9
siamo agli ordini di Daisuke Aramaki. Ci sono stati un
po’ di problemi all’inizio, ma ora è tutto a posto. Ha
nobili ideali, forse è dovuto alla sua età avanzata che
gli ha portato maggiore saggezza, chissà.
All’amore ci pensi mai? Che tipo di rapporto hai con il
sesso? Succede. Può succedere che io pensi all’amore.
Dopotutto anche io ho uno spicchio di umanità, no?
Quanto al sesso, è una questione mentale. Ma non credere
che sia diverso per te, che sei totalmente umana.
Mantieni il tuo corpo così com’è, senza innesti o parti
meccaniche, ma alla fine il sesso anche per te parte
dalla testa. È da lì che nasce il desiderio. Da lì
cresce e diventa pressante. E lì lo puoi soddisfare. Una
fantasia, un orgasmo mentale sono le emozioni più
soddisfacenti. Provale, poi dimmi che ne pensi.
Non senti a volte il desiderio di andartene, cambiare
vita? Il tuo spirito ti ha mai suggerito una cosa del
genere? Non nego che a volte sono stanca. Ma quello
che mi affligge sono più i pensieri su ciò che sono, non
sul mio ruolo. Vivo in un mondo in cui gran parte degli
uomini sono collegati alla rete. Si usano terminali
fisici, oppure impianti situati nel cervello. Tutto
questo ha lati positivi e negativi. Comporta rischi. Uno
dei pericoli più grandi dell’integrazione delle
tecnologie della cibernetica e delle comunicazioni senza
fili nel cervello umano è il ghost hacking. Che cosa
sia, lo dice la parola stessa. Con questo metodo si
ottiene l’accesso al cervello cibernetico di un
avversario e si raggiunge il suo ghost. Per questo si
utilizzano i firewall, sono forme di protezione per
evitare questo genere di attacchi. Che sono pericolosi,
perché possono limitare o potenziare le tue informazioni
sensoriali, o distruggere e riscrivere la tua memoria.
Eppure, nonostante questo, c’è gente che ritiene che la
connessione diretta in rete del cervello è non solo
benefica, ma anche indispensabile. Non lo trovi assurdo?
Lo trovo molto assurdo. Perdere la memoria è una di
quelle cose che mi fanno più paura. Se penso che
qualcuno potrebbe cancellarmela, tremo. Ti piacerebbe
diventare umana? Che cosa daresti per tornare ad esserlo
completamente? È una domanda difficile. Soprattutto
una domanda che non prevede una risposta positiva.
Perché, come ti ho detto prima, anche gli uomini si
stanno snaturando e stanno diventando sempre più affini
alle macchine. Questo è un mondo che sta perdendo
valori umani. Tutto perché abbiamo raggiunto uno status
in cui comfort, tecnologia e innovazioni della scienza
hanno permesso all’Uomo di superare i confini di spazio
e di tempo, i limiti del suo stesso corpo. Se tornassi
umana, se abbandonassi la mia natura cyborg, mi
ritroverei in un mondo che non mi piace, che non ha
identità, che ha perso i suoi aspetti più importanti,
quelli fondamentali. Quindi preferisco rimanere ciò che
sono, e impegnarmi a cercare il significato di umanità
che è stato perduto, il significato di spirito, il
significato di vita consapevole. Anche e soprattutto
così posso dare il mio contributo. Ma non credere che
sia cosa facile.
Vedo Motoko rilassare le labbra
dopo aver concluso il suo pensiero. Il suo sguardo è
tornato ombroso e leggermente triste, e mi dispiace
perché avrei voluto vederla di nuovo sorridere, ma forse
me la sono cercata. Avrei potuto evitare di farle quella
domanda. Cerco il registratore per spegnerlo ma mi
accorgo che non l’ho portato con me. Mi dò mentalmente
della stupida e mi chiedo, adesso, che cosa pubblicherò,
se non ho niente, se ho perso tutte le sue parole e non
mi sono segnata nulla. Alzo gli occhi e vedo l’ufficiale
ridere.
"Non hai bisogno di alcun registratore."
Dice.
Deve avermi letto nella mente. L’avrà
capito dai miei movimenti, dall’espressione del mio
viso. La conversazione è già tutta nella tua mente.
Ti basterà scaricarla direttamente sul tuo portatile non
appena ti scollegherai dalla rete. È stato un piacere
incontrarti, nonostante siamo così distanti nel tempo e
nello spazio, ma vedi, la realtà virtuale ha anche i
suoi lati positivi...
Mi saluta e,
all’improvviso, senza che io riesca a ricambiare, le
luci si spengono e cado nel buio più profondo. Quando
apro gli occhi, mi ritrovo nel mio studio, davanti alla
tastiera e allo schermo del mio fido computer. Nella mia
testa, inaspettatamente, un’intervista completa. Da
riportare fedelmente ai lettori.
|
L'INTERVISTA A CURA DI ELISELLE
FONTI:
FOTO GOOGLE IMAGE
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