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INTERVISTA
IMPOSSIBILE
Virginia Woolf
Vivere scrivendo
Virginia Woolf é la più grande
scrittrice d'avanguardia del novecento europeo, impegnata nella
lotta per la parità di diritti tra i due sessi, non si reputava
una "femminista", poiché riteneva che come termine, già
negli anni '30, fosse superato
(Londra,
25 gennaio 1882 – fiume Ouse, Rodmell, 28 marzo 1941)
Richmond (Sussex, inghilterra) ore 9.00
p.m.
Una tazza fumante di caffè poggiato su un
tavolo insolitamente alto mi separa da un colosso
letterario del xx secolo: Virginia Woolf. Si presenta
come una donna affascinante, nonostante l’età avanzata e
i vestiti sobri. Si accende una sigaretta, mi butta del
fumo in faccia, poi ride. Le dita intorno alla sigaretta
risultano con qualche callo di troppo e una leggera
curvatura dell’indice destro. E’ dritta in piedi dietro
il tavolo.
Questo è il piacere più intenso che io
conosca. E’ l’ebbrezza che provo quando scrivendo mi
sembra di scoprire i collegamenti precisi; di dare
coerenza a un personaggio. Di qui nasce una idea che ho
sempre avuto; che dietro l’ovatta si celi un disegno;
che il mondo intero è un’opera d’arte; che noi – noi
tutti esseri umani – rientriamo nel disegno; che noi
siamo parte di un’opera d’arte”…
Si riassume così
la sua passione per la scrittura sig.ra Woolf?” Ha
letto i miei diari? Chissà che noia… sì, in sintesi
quello è il mio compito come scrittrice, osservare e
spiegare. Le porterò un esempio illuminante. Un giorno
nella casa dei miei genitori guardando una pianta ne
definii il fiore “il tutto”; improvvisamente mi parve
chiaro che il fiore fosse esso stesso parte della terra;
che un cerchio racchiudesse la cosa che era il fiore; e
quello era il vero fiore; in parte terra, in parte
fiore. Avevo fatto una scoperta. Ero riuscita ad
avere una scossa, una sensazione, ed essere riuscita a
spiegarla. Questo vale per ogni cosa: dolore, felicità,
tristezza… Sento il colpo dell’emozione, ma non è un
colpo sferrato da un nemico nascosto dietro l’ovatta
della vita quotidiana; è o diventerà la rivelazione di
un altro ordine; qualcosa di reale dietro le apparenze;
e sono io che lo rendo reale esprimendolo con le parole,
così gli conferisco una unità.
E’ cresciuta in un
ambiente rigidamente vittoriano…che influenza ha avuto
questo nella sua vita di donna e di scrittrice? Beh
come ogni outsider che si rispetti un spregio assoluto
per ogni cliché!!Quando ripenso a casa Stephen (la casa
dei miei genitori) mi appare così affollata di scene di
vita familiare, grottesche, comiche, tragiche; così
piena delle emozioni violente della giovinezza,
ribellione, disperazione, felicità inebriante, noia
infinita; ricevimenti di gente famosa e gente
insignificante; di affetto ardente per mio padre e a
tratti di ardente odio per lui, e tutto così vivo e
vibrante in una atmosfera di giovanile smarrimento e
curiosità…mi manca il respiro a ricordare. La
apparente rigidità dell’ambiente familiare (che
nascondeva grandi tumulti nella realtà quotidiana) è
stato il primo incentivo verso l’evasione in ogni campo:
l’innovazione letteraria, il mitico circolo di
Bloomsbury, creato da me, Nessa (mia sorella) e Thoby
dopo la morte di nostro padre e poi la mia odiatissima
autonomia letteraria…il papà non ha fatto studiare noi
donnine di casa!
Ecco perché forse 13 anni per
scrivere il primo libro…” Un coniglio vero?? Eh eh…la
“capra” (nomignolo affibiatomi da Nessa) è sempre stata
brillante ma molto insicura! D’altronde ero brutta,
bella, simpatica, antipatica, intelligente, stupida? Non
potevo confrontarmi con nessuno nelle 4 mura degli
Stephen, tantomeno con miei coetanei, a noi donne
l’istruzione era vietata. Odiavo vedere i maschi
allinearsi per andare al College…e io a sudare in
infinite descrizioni di luoghi e persone per mantenere
l’esercizio, il mio lavoro da autodidatta. Tutto ciò mi
ha conferito una insicurezza che mi sono portata dietro
tutta la vita al punto di non apprezzare mai fino in
fondo i miei scritti…illeggibili direi.
George
Duckworth…tristemente noto. Che ricordo ne serba? Al
di là delle sue visite notturne nella mia camera a
sfondo decisamente sessuale (da lui invece descritte al
mio psicologo come “coccole e abbracci fraterni con
l’unico scopo di alleviare il dolore per la malattia di
nostro padre”) posso dire che il mio fratellastro fosse
una persona divertente, ma strepitosamente frivola e
snob. E’ stato lui a trascinarmi nelle interminabili
feste di società in cui mi sentivo come uno scarafaggio
su un lenzuolo bianco.
Forse la radice della sua
instabilità emotiva è da ricercare negli abusi di suo
fratello? Ci sono stati molti lutti nella nostra
famiglia, a partire dai miei genitori, quindi diversi
motivi di instabilità …ma a freddo ora posso dirle una
cosa: esiste un fiore dentro ognuno di noi che nessuno
può raggiungere a parte noi, neanche il parente più
stretto o l’amore più forte. E’ la nostra essenza ed è
indissolubilmente legata alla nostra sessualità…se
quest’ultima viene in qualche modo alterata o vissuta
contro la nostra fluida natura essa provoca una
oscillazione lieve ma continua, un sottofondo che non
abbandona mai la tua struttura di base ed è da quel
momento che tu diventi qualcos’altro, sempre un essere
umano, te, ma quella parte non sarà più tua. Esisterà in
te sempre una zona di cui non sarai mai più padrone.
Quindi rispondo sì, qualcuno ha toccato la mia essenza
quando non doveva essere toccata, deformandola e
rendendo incontrollabili lunghi periodi della mia vita,
dominati dalla malattia mentale.
Come ha
convissuto con la sua sindrome maniaco-depressiva? Ma
guardi non si rattristi… alla fine essere "matta" è
anche uno spasso… lei non ha mai sentito cantare uccelli
in greco oppure sentito Re Edoardo dire cose oscene fra
le azalee di Ozzie Dickinson? Io ho visto cose che pochi
possono vedere!!La malattia è stata essenziale in fin
dei conti: regredivo ad uno stato di nulla per poi dare
spazio a qualcosa di nuovo, di diverso…i romanzi più
belli sono stati scritti dopo le più grosse crisi della
mia vita. Ho stipulato un patto con la malattia: lei si
faceva annunciare da un leggero mal di testa, io e mio
marito allora ci preparavamo con dosi giornaliere di
burro, latte, ozio e buio; quindi passate “le ore” di
magra sofferenza la promessa della rinascita arrivava e
la Virginia ripartiva più pimpante che mai e con decine
di idee da concretizzare!
Gli uomini più
importanti della sua vita. Leonard: mio marito, uomo
di infinita pazienza e bontà. Leslie: mio padre; uomo
rigido e solidamente vittoriano, fonte della disciplina
necessaria alla base del mio lavoro di scrittrice
autodidatta. Aggiungo il più odiato: il dottor Savage
(mio psicologo); detestabile vittoriano che vedeva in me
una sorta di animale di sesso femminile stranamente
colto la cui particolare propensione alla lettura ha
portato alla follia.
Leonard Woolf o Vita
Sackville West: quale il suo grande amore? Che
domanda sciocca, scusi se glielo faccio notare. Sarebbe
come scegliere fra la mamma e il papà! Entrambi
chiaramente. Leonard è stato l’uomo che mi ha sorretta
in ogni evento della mia vita, in una maniera
squisitamente paterna. Vita è stato l’amore passionale.
Era una gran Dama, aveva lo slancio e il coraggio;
custodiva il fascino della aristocrazia e l’amore nella
forma materna, somigliava ad un grappolo di uva matura.
Forse è stata differente la scelta: libera quella di
Vita, di cui feci la conoscenza nel dicembre del 1922,
dopo 10 anni di matrimonio con Leonard; obbligata quella
di Leonard: ero rimasta sola dopo la morte di mio
fartello Thoby e il matrimonio di mia sorella
Nessa.Nonostante per me dopo gli anni passati a
Bloomsbury il matrimonio equivalesse ad una prigione e
neanche tanto dorata, nn rimpiango nulla.Leonard mi ha
dato la più grande felicità possibile.
Ha sempre
vissuto liberamente la sua omosessualità? Se fossi
nata nella sua epoca non sarei omosessuale ne sono
certa, ai vostri giorni i veri anticonformisti sono gli
eterosessuali; ma alla mia epoca l’omosessualità era un
vero scandalo e l’ho vissuta di gran gusto e a faccia
scoperta …fino all’incontro con Vita ero definita “la
capra frigida”… qualche flirt con donne e uomini ma
niente di che…esisteva un tacito accordo con Leonard.
Poi entra Vita nella mia vita e mi sconvolge tutto:
Virginia diventa un fiore in boccio. Non potevo che
viverla appieno, senza limitazioni.
Nel 1904,
successivamente alla morte di suo padre, si è trasferita
con i suoi fratelli Adrian, Thoby e Vanessa nella casa
che sarà sede di un notevole fermento intellettuale: il
circolo di Bloomsbury…Bloomsbury!!! Che anni
meravigliosi!!Ci trasferimmo da Hyde Gate Park al n. 46
di Gordon Square sotto imperativo di Nessa che dovette
chiamare i demolitori con i picconi per lasciare la
vecchia casa , tanto erano ormai incastrati gli uni
negli altri i muri e gli armadi ;ah, Bloomsbury… se
vuole andarlo a vedere è un posto magnifico; ci si
arriva attraverso Hyde Park Gate-la piccola strada senza
uscita di fianco a Queen’s Gate e di fronte ai
Kensington Gardens - oh ma son passati così tanti
anni…forse ora è tutto diverso ,anzi, in fin dei conti
si…ma allora era un posto soprendente!.Per noi fu un
salto nel buio, anzi un salto dal buio vittoriano alla
luce più splendente! Era stupendo affacciarsi alla
finestra del salotto e vedere tutti quegli alberi invece
che vedere la signora Redgrave lavarsi il collo al di là
della strada.
Cosa cambiò? Beh tutto!! Oggetti
che nella oscurità di Hyde park gate nn si erano mai
visti –quadri di Watts, stipi fiamminghi, porcellane
azzurre – splendevano nel salotto di Gordon Square.I
tovaglioli sostituiti da vaste scorte di Bromo, e dopo
pranzo niente tè, solo caffè alle 9! Nella vecchia casa
avevamo solo la camera da letto per leggere e ricevere
gli amici. Qui Nessa e io avevamo ciascuna un suo
salottino! Le riunioni del Giovedì sera vedevano le
menti più brillanti passare in casa nostra e discutere
per ore interminabili della natura del bene e del bello.
Il matrimonio di Nessa segnò la fine del vecchio
Bloomsbury monacale e l’argomento favorito fu il sesso,
il che, per la “capra frigida” che ai tempi ero, fu un
sommo dispiacere.
Lei vide la seconda guerra
mondiale…la definisca con una parola. Irreale. Le
bombe cadevano ovunque, nei pressi di casa nostra, come
a Varsavia. Non vedevo futuro, niente sarebbe stato più
come prima. Ho temuto la violenza e mi sono sentita
vigliacca. Io e Leonard in caso di invasione tedesca
avevamo preparato il nostro suicidio nei minimi
dettagli; saremmo stati un facile bersaglio, lui ebreo e
io feroce critica politica.
E poi… E poi il
buio.
Virginia Woolf muore suicida nel fiume Ouse
a Rodmell il 28 marzo 1941. Le sue ultime parole, parole
di una grande scrittrice, sono contenute in una lettera
che lasciò a suo marito: "Carissimo. Sono certa che sto
impazzendo di nuovo. Sono certa che non possiamo
affrontare un altro di quei terribili momenti. Comincio
a sentire voci e non riesco a concentrarmi. Quindi,
faccio quella che mi sembra la cosa migliore da fare. Tu
mi hai dato la più grande felicità possibile. Sei stato
in ogni senso tutto quello che un uomo poteva essere. So
che ti sto rovinando la vita. So che senza di me
potresti lavorare e lo farai, lo so... Vedi non riesco
neanche a scrivere degnamente queste righe... Voglio
dirti che devo a te tutta la felicità della mia vita.
Sei stato infinitamente paziente con me. E
incredibilmente buono. Tutto mi ha abbandonata tranne la
certezza della tua bontà. Non posso continuare a
rovinare la tua vita. Non credo che due persone
avrebbero potuto essere più felici di quanto lo siamo
stati noi.".
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INTERVISTA A CURA DI ILARIA ALESSIO
FONTI:
FOTO GOOGLE IMAGE
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