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IL MESTIERE ANTICO
 

 
 

VIAGGIO NEL PIACERE

Bari e il Villino delle Rose
Al “Villino” andavano uomini di tutti i tipi purché benestanti: ufficiali, mariti e ragazzini alle prime esperienze di solito accompagnati dai padri.


 


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Le prime tracce storiche risalgono al 1267 grazie ad una pergamena in cui vi era inserita una disposizione con la quale il principe Boemondo concesse all’Arcivescovo Elia, nonché ai suoi successori, il dominio su tutte le meretrici presenti nel territorio. Tale pergamena investiva sua eminenza, l’Arcivescovo, di esercitare sulle sventurate una sorta di guida spirituale e soprattutto dava facoltà alla Chiesa di riscuotere parte dei guadagni delle stesse sottoforma di obolo per i poveri. Da un altro documento storico della fine del Cinquecento, che riportava l’elenco dei 17mila cittadini di Bari con l’indicazione dell’attività esercitata, si evinceva che 9 donne esercitavano l’attività più antica del mondo. La qualifica loro attribuita era di “mulier libera” (donna o moglie libera).

Dalle 9 prostitute registrate nel XVI secolo si passò alle oltre diecimila del dopoguerra quando la diffusione della prostituzione a Bari, indotta dalla miseria postbellica e incoraggiata dalla disponibilità di denaro e di beni di scambio da parte delle truppe alleate, divenne un fenomeno su larga scala, incoraggiata anche dai familiari che vedevano nella bellezza delle proprie figlie un modo per combattere la miseria. Ne è testimonianza un articolo della “Voce” di Bari pubblicato il 12 gennaio 1947 con il titolo: «10.000 donne a Bari trafficano l'amore» in cui descriveva in dettaglio la compra vendita di una ragazzina di tredici anni da parte dei suoi genitori.

Prima dell’avvento della legge Merlin i bordelli legali di Bari erano concentrati tutti nel quartiere Murat e se ne contavano circa una quindicina: al civico 188 di via Dante, al 215 di via Principe Amedeo e così via fino al bordello più lussuoso della città, il famoso Villino delle Rose in via Eritrea, unica casa di tolleranza ad avere un nome proprio, visto che tutte le altre erano riconosciute con un numero civico.

La casa era riservata all’élite barese che poteva permettersi quel lusso e pagare prezzi non alla portata di tutti. Prima della seconda guerra una marchetta al Villino poteva toccare le cinquecento lire, una cifra da capogiro per un periodo in cui per vivere degnamente bastavano “mille lire al mese” e soprattutto perché nei bordelli di terza categoria bastavano venti lire per assicurarsi il piacere. Era garantita la massima riservatezza tanto che una signora all’entrata faceva in modo che gli ospiti della casa non si incontrassero.

Al “Villino” andavano uomini di tutti i tipi purché benestanti: ufficiali, mariti e ragazzini alle prime esperienze di solito accompagnati dai padri. La consumazione non era obbligatoria, ma fortemente consigliata. Le ragazze all’interno erano tutte belle ed alcune di loro spiccavano per garbo, delicatezza d’animo e passione nel mestiere. Erano frequenti casi di innamoramento da parte anche delle ragazze che sognavano il principe azzurro. Per questo motivo ogni quindici giorni, come in tutti bordelli d’Italia, vi era il totale ricambio delle ragazze.

Comunque scelta la ragazza, dopo un’attenta osservazione della carne in mostra nella sala d’attesa, il cliente, decisa la durata, versava alla cassa il suo obolo, pagando in anticipo la prestazione e riceveva in cambio la famosa marchetta che in camera consegnava alla fanciulla. A fine serata il numero di oboli in possesso della ragazza definiva il compenso.
Tramite una scala si accedeva alla camera da letto con affisse alle pareti le regole di prevenzione sanitaria, i regolamenti e le cartoline sexy per accendere le fantasie del cliente. Le stanze da lavoro avevano un letto, un lavandino, un bidet e un armadietto in cui si custodivano profilattici e creme. In ogni camera c’era una stufa a legna che riscaldava anche una pentola piena d’acqua per umidificare l’ambiente.

Dopo la legge Merlin che rese illegali tutte le case di tolleranza e quindi anche il “Villino delle Rose”, i bordelli furono costretti a chiudere, per riaprire in realtà in forma più dimessa e clandestina in altri punti della città più periferici.



 




 





ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FOTO GOOGLE IMAGE
FONTI
https://palesementeparlando.wordpress.com/2018/09/30/il-villino-delle-rose
http://www.mondimedievali.net/Rec/prostituzione.htm
https://www.giornaledipuglia.com/2019/11/la-prostituzione-bari-note-storiche-e.html
https://www.barinedita.it/reportage/n1866-quando-la-prostituzione-era-legale



 













 
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