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IL MESTIERE ANTICO
VIAGGIO NEL PIACERE
Storia della
prostituzione a Bologna
Dalla Corte dei Bulgari alla Torre dei
Catalani la storia del mestiere più antico del mondo
.
A Bologna Il "più antico
mestiere del mondo" non ha mai avuto vita facile. Il
primo bordello di cui si ha notizia risale al 1382 alla
Corte dei Bulgari, l’attuale Galleria Cavour. La zona al
tempo era abbastanza malfamata con la presenza di bische
e quant’altro per cui le autorità decisero di
distruggere il bordello senza tante premure e di
costruirci la nuova sede dello Studium (Archiginnasio).
Le signorine presenti dovettero trasferirsi nella Torre
dei Catalani a Vicolo Spirito Santo. Ma anche qui nel
1520 furono sloggiate dai Padri Celestini della vicina
chiesa.
Le prostitute bolognesi erano costrette
ad indossare abiti con una larga fascia bianca, ornata
con rose nere e campanellini. Era proibito loro
passeggiare, se non una volta a settimana, per cui per
svolgere la loro attività ed attirare clienti dovevano
sbracciarsi dalle finestre. Alle signorine che
disobbedivano, veniva addirittura tagliato il naso.
Diversa sorte toccava al protettore, al quale,
considerato un criminale potevano addirittura essere
asportati gli occhi. Nonostante i divieti alcune di
loro prestavano i loro servizi nei pressi del palazzo
del Podestà e tra i banchi dei mercati per cui per il
decoro della città vennero emessi alcuni bandi che
invitavano le signorine a non prestare i lori servigi al
di fuori dei bordelli.
La contrattazione
economica che precedeva l’atto sessuale non era
considerata illegale del resto in quel periodo e nei
secoli successivi erano considerate prostitute tutte le
ragazze che concedevano le proprie grazie
indipendentemente dalla transazione economica.
Nel XV secolo, le cose cambiarono e le prostitute,
riconosciute garanti dell’ordine sociale, furono accolte
in società come una qualsiasi altra corporazione e fu
concesso loro di partecipare alle processioni e alle
celebrazioni collegate alle festività cittadine a
condizione di registrarsi due volte l’anno e di pagare
una tassa. La loro funzione sociale era soprattutto a
tutela dei giovani maschi in attesa di convolare a nozze
quindi di evitare adulteri e violenze carnali nei
riguardi di giovani donne non prostitute.
Bologna città universitaria accoglieva studenti da tutta
Europa per cui l’offerta era proporzionata alla domanda.
Bonifacio VIII, decise di intervenire per correggere i
costumi di una città troppo allegra facendo distruggere
alcune case e limitando l’attività ad alcune ore e mai
nelle feste comandate.
Nel 1814 tramite il
Regolamento di polizia sui lupanari e le meretrici viene
emanata un'ordinanza che prevede la reclusione
ospedaliera delle prostitute. La prostituta viene
definita una "cloaca immonda" in quanto portatrice di
sifilide ossia la più pericolosa e temibile delle
malattie che affliggevano l'umanità del tempo.
A
fine 1800 terminata la fase repressiva di Cavour che non
avevo portato effetti significativi si cambiò rotta con
l’obiettivo di avere un maggior controllo sanitario.
Quindi vennero legalizzate le case chiuse con leggi
statali che regolamentavano l’attività circa la scelta
delle case, gli orari di apertura e chiusura, le
registrazioni e quindi i controlli igienico sanitari.
Le malattie, e non solo la sifilide, erano
all’ordine del giorno e l’obbligo sanitario indusse
molte prostitute a chiedere la cancellazione dal
registro previa dimostrazione di avere un lavoro o un
uomo che si impegnava al loro mantenimento. Nel 1864
in un rapporto del primario della Clinica sifilopatica
dell'ospedale S.Orsola, dott. Pietro Gamberini, viene
fuori che a Bologna erano registrate 409 prostitute di
cui circa 300-350 esercitavano in case di tolleranza,
come quelle di via Mirasole o via delle Oche, altre
invece per le strade, ad esempio nei pressi della
stazione e agli Orti Garagnani, suscitando le proteste
degli abitanti. Metà delle ragazze avevano svolto
precedenti lavori come serve e cameriere.
Infine
non tutti sanno che a Bologna, nasce, nel 1922, la prima
fabbrica di profilattici, fondata dal Cavaliere Franco
Goldoni. Già titolare di una ditta che produceva
prodotti in gonna ebbe problemi nell’avviare quella
particolare produzione. In cambio, concesse al Duce di
apporre sul marchio l’aquila littoria e il nome latino
Habemus Tutorem, che venne poi contratto nel più
semplice Ha-Tu.
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ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FOTO GOOGLE IMAGE FONTI
http://www.blogiloveemiliaromagna.com/
https://www.linkiesta.it/2013/08/prostitute-durante-il-fascismo-i-documenti-ritrovati/
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