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IL MESTIERE ANTICO
INTERVISTE
IMPOSSIBILI
STORIA DELLA
PROSTITUZIONE
Il mestiere Antico nel MedioEvo
Il fenomeno più o meno
tollerato, ma mai legittimato o debellato, si evolve con la nascita
dei bordelli e il sesso acquista sempre più le caratteristiche di
merce assorbendo le logiche di mercato
Viaggio del piacere nell'Europa medievale
dai Quartieri a luci rosse ai Bordelli, da Carlo Magno alla Chiesa,
tasse, abbigliamento, bellezza, la tipologia della clientela, le
grandi città
La morale cristiana trova
sempre più spazio nella vita quotidiana, ma la
prostituzione anziché scomparire si evolve dapprima con
i quartieri a luci rosse e poi con la nascita dei
bordelli. Il sesso acquista sempre più le
caratteristiche di merce assorbendo le logiche di
mercato.
La condizione femminile durante il
Medioevo era del tutto inferiore nei confronti
dell’uomo. La donna era vista allo stesso tempo come
causa del peccato e strumento di piacere. Le cause che
portavano le donne verso la prostituzione erano nella
maggior parte dei casi la povertà, quindi l’assenza di
una dote che aveva negato loro la possibilità di trovare
marito, e la condizione subalterna dei confronti
dell’uomo sia esso padre, marito o fratello. Soprattutto
nel basso Medioevo molte ragazze vagabondavano attorno
ai villaggi ed era quasi automatico per via della fame
barattare il proprio corpo. La prostituzione quindi
diveniva l’unica possibilità di sopravvivenza per molte
donne durante il Medioevo esponendo loro a numerosi
pericoli come quello di contrarre malattie veneree. Ma
la vera sciagura per queste donne era certamente
l’avanzare dell’età: la perdita della giovinezza
allontanava inesorabilmente la possibile clientela e con
essa la possibilità di avere denaro per sopravvivere.
In questo lungo periodo di storia assistiamo a
varie fasi dove il fenomeno viene più o meno tollerato,
combattuto, favorito, ma mai legittimato o debellato del
tutto. Vi era quindi una sorta di compromesso fra valori
morali e norme giuridiche ricorrendo al criterio della
necessità che consentiva l'integrazione della prostituta
nel sistema sociale.
Quartieri a luci rosse Il
primo quartiere a luci rosse della storia medievale
risale al 1285 in un sobborgo di Montpellier, in cui le
prostitute avevano facoltà di operare liberamente,
godendo della protezione del monarca. Successivamente,
molte città europee seguirono l’esempio di Montpellier
creando zone appositamente dedicate all’esercizio della
prostituzione, con un boom di quartieri a luci rosse che
si fece particolarmente evidente a metà Trecento, negli
anni immediatamente successivi alla grande epidemia di
peste.
Non a caso dopo la pestilenza i cittadini
europei svilupparono un certo disgusto per tutte quelle
le occasioni di contagio e la prostituzione rientrava
sicuramente nella categoria e si decise quindi di
ghettizzare il mestiere e chi lo svolgeva. Si
inasprirono così le sanzioni a carico delle prostitute
che non operavano entro i limiti concessi per legge. Una
tendenza che divenne ancor più evidente nel Cinquecento,
con l’avvento della sifilide. In un contesto in cui il
contagio faceva paura, il meretricio era evidentemente
percepito come una attività significativamente poco
igienica.
Con la creazione di quartieri-ghetto
all'interno dei quali era permessa l'attività, relegò la
prostituta nella categoria dei soggetti devianti. La
donna che si prostituiva, impura moralmente, doveva
essere tenuta lontana dal consorzio civile e soprattutto
separata dalla comunità delle altre donne. Presso le
popolazioni barbariche invece la prostituzione era meno
diffusa, ma tuttavia esisteva la pena di morte per
chiunque avesse accolto nella propria abitazione le
meretrici. Con l'avvento delle città il sesso entra
nel mondo del mercato del lavoro e ne prende le
caratteristiche di consumo e commercio come qualsiasi
altra merce. Assistiamo allo sviluppo degli amori
venali, i quali seguivano gli spostamenti, di città in
città, di fiere, mercati e pellegrinaggi.
Carlo
Magno Comunque già con Carlo Magno vi fu un forte
inasprimento delle leggi contro il sesso a pagamento.
L'imperatore, constatando che molti ginecei dei centri
feudali erano ricettacoli di prostitute e la stessa
reggia di Aquisgrana ne fosse infestata, emanò nell'809
il capitolare "De disciplina palazii aquisgraniensis".
Secondo il quale le prostitute dovevano percorrere per
oltre un mese la campagna, nude fino alla cinta oppure
condotte nella pubblica piazza e fustigate. I Carolingi
aggravarono via via le pene passando al taglio delle
orecchie, al marchio col ferro rovente, all'immersione
nell'acqua gelida.
La Chiesa Anche se tutte le
forme di attività sessuale al di fuori del matrimonio
erano considerati peccaminosi dalla Chiesa Cattolica
Romana, la prostituzione era di fatto tollerata (seppur
in maniera riluttante) perché si riteneva evitasse mali
maggiori come lo stupro, la sodomia e la masturbazione;
nonostante ciò erano molti i canonisti che premevano ed
esortavano le prostitute a convertirsi e cambiare vita.
La Chiesa, in linea con il fenomeno in grande
espansione, tentò di convertire le prostitute promovendo
la castità, ma non arrivò mai a condannare del tutto la
pratica in quanto tale. Considerava i rapporti sessuali
con le donne di piacere un male minore rispetto al
grande peccato dell'omosessualità. Sant'Agostino,
secondo il quale le prostitute erano cloache necessarie,
era convinto che gli uomini tutti avrebbero comunque
continuato a cercare rapporti sessuali al di fuori del
matrimonio anche se la prostituzione fosse scomparsa.
Anzi la scomparsa totale avrebbe di fatto provocato
forme più estreme di perversione.
I Bordelli
Le prostitute pubbliche potevano adescare i loro clienti
nelle taverne e in altri luoghi anche in pieno giorno,
ma erano obbligate a svolgere la loro attività vera e
propria in un luogo chiuso e comunque al riparo da occhi
indiscreti. Da qui la diffusione dei bordelli che
rispetto ai quartieri a luci rosse fornì innanzi tutto
una soluzione abitativa alle prostitute e per molte di
loro essere accolte in una casa chiusa era
paradossalmente percepito come un avanzamento di
carriera sia pure perché la stragrande maggioranza dei
bordelli si adoperava a far una selezione tra i clienti
tenendo alla larga gli individui noti per essere
violenti. Il bordello inoltre costituiva una fonte
sicura anche per lo Stato. Enrico II a Londra nel XII
secolo e Filippo Augusto in Francia nel XIII
rimpinguarono le casse dello Stato con i proventi delle
imposte sulla prostituzione legalizzando di fatto i
postriboli. E in tale logica i lupanari frequentati da
una sola prostituta si trasformarono in veri e propri
bordelli chiamati "Maison de la ville" e alle volte
controllati direttamente dall'autorità. Tale
controllo statale consentiva di scongiurare la
proliferazione di bordelli gestiti da privati che
immancabilmente diventavano veri e propri covi di
malviventi e di epidemie di peste. Inoltre il
controllo statale regolava l'attività nelle vigilie e
nelle feste religiose nonché la costruzione di nuovi
postriboli che non potevano avvenire nelle vicinanze
delle chiese o strade frequentate dai ricchi. Le
prostitute nei bordelli autorizzati dalle autorità
statali erano costrette a pagare l’affitto del locale e
il cibo, oltre ovviamente alle tasse. Ciò portava molte
volte all’indebitamento e ad una frenetica attività per
sbarcare il lunario. La maggior parte delle donne nei
postriboli dipendevano da un ruffiano che forniva loro
una stanza e la clientela, ma era tenuto per legge a
fornire alle donne dietro compenso lenzuola e cibo
decente per due pasti al giorno. Inoltre il gestore del
bordello doveva permettere alle donne un bagno almeno
una volta alla settimana.
Sostanzialmente
l'atteggiamento a cui ci si atteneva maggiormente in
gran parte dell'Europa del nord era quello del “laissez
faire” mentre le grandi città dell'Europa del Sud
vietavano rigorosamente qualsiasi forma di prostituzione
svolta in luoghi pubblici.
Oltre al Postribolum
a controllo pubblico erano presenti altri luoghi in cui
le ragazze si prostituivano, seppur illegalmente. Ad
esempio le "ètuves", una sorta di bagni pubblici dove si
recavano gli uomini più noti, e i "Bordelages", case
private frequentate da moltissime ragazze, le quali si
procuravano i clienti dalla strada. Le ragazze
provenienti da famiglie disagiate andavano da un'età
inferiore ai venti anni per le ètuves e di 28 per i
postribolum. Tutte quante dovevano essere iscritte in
uno speciale albo pubblico e si impegnavano a pagare un
lieve affitto alla comunità. L'adescamento avveniva
perlopiù per strada, fuori dalle chiese, nei mercati, ed
al contrario della civiltà romana le prostitute non
erano considerate un rifiuto della società, tanto che
raggiunta l'età di trent'anni potevano ritirarsi a vita
privata dedicandosi o a una vita conventuale o al
matrimonio.
Le donne innamorate Le poche
eccezioni di donne che riuscivano a trarre una
condizione più che accettabile erano le cosiddette
‘donne innamorate’. Esse erano un gruppo di prostitute
che esercitavano l’attività solo occasionalmente. Molte
di queste erano in grado di guadagnare notevoli somme di
denaro. La poetessa tedesca Roswitha di Gandersheim nel
X secolo afferma come l’attività di meretrice, era
certamente peccaminosa, ma anche molto redditizia, e che
in alcuni momenti della vita poteva essere molto utile.
La loro attività avveniva di nascosto, in bagni
pubblici, ma anche nelle strade e nelle case dei lenoni,
ragion per cui erano al riparo dal pagamento delle
tasse.
La clientela Si calcola che quasi la
totalità degli uomini avesse avuto almeno per una volta
un rapporto di sesso con una prostituta. Inoltre anche
gli ecclesiastici costituivano il 20% della clientela.
Il bordello dunque oltre a rispondere a logiche di
mercato ed economiche, poiché contribuiva ad alimentare
le casse della amministrazione, aveva la funzione di
regolatore morale che da un lato teneva lontano i
giovani dal commettere reati più gravi facendone sfogare
le proprie tensioni emotive e dall'altro consisteva
nella difesa dell'ordine collettivo controllando
l'adulterio, punito se commesso con donne di rango.
Erano moralmente accettabili quegli uomini sposati in
viaggio di lavoro che di tanto in tanto visitavano un
bordello per sfogare le proprie pulsioni di contro
invece esisteva una ferma condanna sempre morale nei
riguardi di sposati che preferivano alla moglie una
prostituta.
Tasse ed obblighi A Roma, come
era avvenuto tempo prima per la costruzione delle Terme
di Caracalla e successivamente per il selciato di Piazza
del Popolo anche la Basilica di San Pietro fu finanziata
da una imposta sulla prostituzione che fruttò una somma
quattro volte superiore a quella ricavata dalla vendita
di indulgenze. Le prostitute erano chiamate in gergo
ufficiale Donne Curiali perché dipendevano direttamente
dalla Curia che rilasciava regolare licenza di
esercizio, assegnava determinati posti dove potevano
svolgere la loro attività, imponeva la tassa sul
mestiere e le costringeva tutti i sabati pomeriggio a
recarsi nella chiesa di S. Agostino per ascoltare la
predica al fine di ricondurle alla retta via.
Abbigliamento Il colore era sicuramente l’elemento
identificativo dell’abbigliamento delle prostitute. Le
donne che praticavano l’attività erano costrette per
legge ad indossare specifici indumenti con segni
distintivi con tonalità accese. Ogni città aveva le sue
specifiche peculiarità. L'abbigliamento di una
prostituta di ceto medio/basso, era costituito dai
normali mutandoni e sottovesti del tutto simili a quelle
delle persone comuni. Solo nei quartieri adibiti alla
prostituzione le ragazze potevano vestirsi anche con le
sole mutande del tempo oppure, nei limiti del decoro,
mostrare la propria mercanzia all'aperto. A Napoli
erano costrette a portare gonne sopra al ginocchio, per
distinguersi dalle donne oneste mentre in Francia
dovevano portare un laccetto rosso tra i capelli, lungo
circa un braccio e mezzo. A Bologna potevano andare
in giro solo nei giorni di mercato indossando un
cappuccio con un sonaglio. A Milano dovevano
indossare mantelli neri, a Firenze guanti e campanelli
sui cappelli. Era inoltre fatto divieto alle prostitute
di indossare abbigliamento di lusso: si proibiva di
portare tessuti in pelle, sete, stoffe di qualità, veli,
tulle, mantelli e altri indumenti riservati
esclusivamente a donne di alto rango, capi e scarpe di
qualità, oltre che oro, argento e gioielli.
Bellezza Al contrario dei romani che adoravano le
donne grasse, nel medioevo si riteneva bella una donna
con grossa corporatura, ma non grassa. Di sicuro erano
out le donne gracili e magre secondo lo standard che la
magrezza era sinonimo di carestia e malattie. Il seno
doveva essere abbondante e la scollatura portata al
limite della provocazione. La carnagione doveva essere
più chiara possibile, tanto da far vedere le vene blu in
trasparenza. Di contro il colore scuro della pelle
abbronzata era proprio di chi stava al sole e svolgeva
lavori umili. Al tempo tutta la popolazione era
solita lavarsi una volta l'anno per via dell'assenza o
dell'inquinamento dell'acqua. Per cui, pur facendo molto
uso di acqua di colonia e profumi vari, il problema
principale del tempo era sicuramente il fetore. Anche
i trucchi, usati abbondantemente nell'epoca romana,
vennero abbandonati. La donna, doveva essere più al
naturale possibile e il viso chiarissimo con esclusione
delle gote e del rossetto. Non tutte le prostitute
chiaramente corrispondevano a questi canoni visto che le
condizioni sociali le relegava in uno stato di fame
perenne e naturalmente l'abbigliamento, mezzo di
attrazione, era generalmente volgare e vistoso.
In Sicilia Nella Sicilia del 1200 le meretrici
avevano l'obbligo di risiedere fuori le mura della
città. Era vietata la vicinanza di meretrici alla gente
onesta. Nel 1300 a Palermo le meretrici dovevano abitare
lontano dai quartieri dove viveva la "gente onesta".
Stesso atteggiamento a Siracusa dove viene approfondito
il concetto della contaminazione e quindi del pericolo
di corruzione dovuto alla vicinanza con donne oneste.
Sempre nell'ottica del controllo del male necessario nel
1400 a Siracusa fu decisa la costruzione di un
postribolo pubblico ratificato in seduta solenne dal
parlamento siracusano. Si tenga conto che Siracusa al
tempo era un fiorente porto di commercio internazionale
per cui il fenomeno era molto sentito dalla popolazione.
Giornalmente vi approdavano navi cariche di schiavi che
incrementavano la prostituzione, esercitata oltre che
nei luoghi autorizzati, anche clandestinamente nelle
taverne. Comunque, la prima casa autorizzata dalla
legge e di fatto costruita, aprì i battenti a Messina
nel 1432 durante il regno di Alfonso d'Aragona.
Nell'editto era scritto a chiare lettere che "Le femmine
non hanno diritto a preferenza in fra questo e
quell'ospite. Tutti quelli che si presentano devono
essere ricevuti e accontentati eccezion fatta per i
leprosi, i briachi fuori di senno e coloro che
mostrassero pustole e piaghe ripugnanti all'eccesso".
Categorie Per ragioni sempre legate al controllo
dell'ordine pubblico si divisero le prostitute in
diverse categorie: la donna innamorata, una specie di
cortigiana del tempo, la concubina che frequentava
uomini di elevato ceto sociale, la cantunera, cioè colei
che si prostituiva per le strade, la donna di partito
che esercitava nei luoghi autorizzati dalla legge, la
schiava, costretta con la violenza a prostituirsi.
Luoghi Molti governi cittadini stabilirono che le
prostitute non dovessero esercitare il loro mestiere
all'interno delle mura cittadine, ma solamente al di
fuori della giurisdizione comunale; in varie regioni
francesi, tedesche e inglesi si adibirono certe strade
come aree in cui la prostituzione era consentita. Il
toponimo Gropecunt Lane, diffuso in epoca medievale in
molte città inglesi e in alcuni casi conservatosi sino
ad oggi, stava proprio ad indicare una strada in cui la
prostituzione era consentita. A Londra i bordelli di
Southwark erano di proprietà del vescovo di Winchester.
Il Cinquecento Anche nel periodo rinascimentale
la prostituzione sopravvisse tra la proibizione e la
tolleranza. Ad esempio Alfonso d'Aragona, re delle Due
Sicilie, legalizzò di fatto lo sfruttamento condendo ad
un suo confidente la "patente di roffiano". Era
autorizzato, cioè, a tenere donne atte al meretricio in
uno stabile civile, perché potessero concedersi
all'ospite con pace e decoro. Il roffiano era
autorizzato a tenere metà del prezzo pattuito, l'altra
spettava alla donna. Nei primi anni del Cinquecento
assistiamo parallelamente alla nascita di una nuova
figura, la Cortigiana, che, nella scala gerarchica a
piramide, si va a collocare nella parte più alta. Il
fenomeno, da sempre relegato nel postribolo, invase i
palazzi della nobiltà e i salotti mondani più esclusivi.
Le puttane diventarono di lusso e per la loro capacità
di intrattenere e di conversare grazie anche alla loro
cultura acquisirono importanza e potere. Di pari passo
il sesso da sfogo e materialità si evolse inglobando la
sfera della sensualità, fino all'ora esclusa, nel
rapporto commerciale. Le relazioni sessuali si
inserirono in una più ampia rete sociale e l'avvento
delle amanti a corte rafforzarono i legami tra persone
influenti e regnanti, e giocando sulla bellezza, la
grazia e la seduzione attizzarono i piaceri dei sensi
ottenendo vantaggi propri in gioielli e proprietà e nel
contempo dando prestigio al nobile che le ospitava.
Venezia Anche a Venezia la prostituzione mai
considerata illegale era sostanzialmente tollerata.
Nella città lagunare si contavano al tempo oltre
diecimila case da meretrici. Le istituzioni cercavano
di limitare il fenomeno colpendo soprattutto i
protettori e i mezzani e non le pute costrette a
mendicar il viver suo facendo commercio con il proprio
corpo. A Venezia i ruffiani erano obbligati a palesare
il loro mestiere indossando abiti gialli. Le
prostitute dovevano rientrare in casa alla sera dopo la
terza campana pena una multa e 10 frustate. 15 frustate
era la pena per avvicinare uomini nel periodo di Natale,
della Pasqua e altri giorni sacri. Non potevano
frequentare le osterie e potevano girare per Venezia
solo di sabato. Un altro editto emesso nel XVI secolo
rivelava un ulteriore preoccupazione e cioè quello che
le prostitute riccamente abbigliate fossero scambiate
per dame dell'alta società. Ragion per cui venne
proibito alle puttane di strada di indossare oro,
argento, seta e perle mentre le cortigiane di alto
rango, quelle definite Honeste, potevano indossare
lunghe e pompose gonne di raso. Nella Venezia del
Rinascimento si distinguevano due categorie di puttane:
quelle di basso rango che vivevano in casa malsane e che
erano frequentate dal popolino e quelle d'alto rango
che, per la loro libertà, erano invidiate dalle
nobildonne, schiave di mille regole. I loro abiti erano
elegantissimi, famose erano le loro chiome
biondo-rossastro, il famoso rosso Tiziano. La
prostituzione inoltre serviva a distogliere gli uomini
dalla sodomia, pratica particolarmente diffusa nella
Venezia del Cinquecento, per cui nessuno mai si sarebbe
sognato di combattere l'adescamento e quindi il
risveglio dei sensi maschili. L'omosessualità era
così diffusa nella Venezia del Cinquecento che il
patriarca Antonio Contarini, a fronte di una solenne
supplica da parte delle prostitute, alle prese con la
carenza di clienti, decise di condannare a morte i
colpevoli di sodomia tramite l'impiccagione sulle due
colonne della piazzetta di S. Marco. Secondo un
censimento del 1509 si contavano 11.164 prostitute. La
maggior parte abitavano nel quartiere delle Carampane e
l'attività di concentrava tra Il Rio terà e il ponte
delle Tette. Da sopra questo ponte le cortigiane si
affacciavano con i seni scoperti per allietare i
passanti. A volte si esibivano sopra i balconi, le
famose “donne alla finestra†che in cerca di clienti
esibivano i loro davanzali fioriti e profumati.
Roma Nel Rinascimento la città prolificava di
meretrici. Quelle che si prostituivano in luoghi bui
erano dette “da lume” o “da candela” mentre quelle che
si lasciavano intravedere dietro le finestre o le
persiane erano chiamate “da gelosia” o “da impannata”.
Le prostitute più povere si trovavano in Campo dei Fiori
dove le spagnole e le ebree convertite veniva chiamate
“camisare”. Con Papa Giulio II vennero rinchiuse
negli “ortacci“, un vero e proprio ghetto posto vicino
al Mausoleo di Augusto. Verso la fine del ‘500 le
meretrici a Roma erano circa 7000. Secondo il censimento
voluto da Papa Clemente VII su 55.000 abitanti, 4900
erano prostitute e cortigiane, e vi erano addirittura 17
cortigiane ogni 1000 abitanti di sesso femminile! I
palazzi della curia erano pieni di questo tipo di donne
le cosiddette “cortigiane oneste” colte e raffinate, che
conoscevano il latino, sapevano suonare strumenti
musicali, componevano e recitavano poesie. Astute e
intelligenti, potevano scegliersi i clienti e riuscivano
a diventare ricche perché si facevano pagare
profumatamente. Le cortigiane venivano sepolte nella
Chiesa di Sant’Agostino mentre alle prostitute di basso
rango era destinata la terra sconsacrata presso il Muro
Torto. La Chiesa condannava duramente solo le puttane
libere in quanto sfuggivano al controllo e al pagamento
delle imposte. Infatti le comuni prostitute quando
morivano non avevano diritto alla sepoltura cristiana e
venivano inumate ai piedi del Muro Torto dove esisteva
un cimitero sconsacrato che accoglieva tutti coloro che
lasciavano questo mondo senza la benedizione della
Chiesa. Tuttavia queste povere donne venivano
perdonate ed evitavano la vergogna di una simile
sepoltura se ad un certo punto della loro vita
peccaminosa, si pentivano o addirittura si facevano
monache. Quindi le puttane in grazia di Dio avevano la
possibilità di ritirarsi in un monastero in Via delle
Convertite e dedicato a Santa Maria Maddalena, la più
celebre prostituta convertita della storia. La
Chiesa anche in questa circostanza adocchiò il business
e con l'ordinanza di Papa Clemente VIII si impose che
tutti i beni di queste donne fossero devoluti al
monastero che faceva da tramite verso le casse del
Vaticano. In questi beni erano ricompresi anche le
proprietà di quelle signore, la cui vita di piacere era
stata scoperta solo dopo la morte. Le prostitute che
invece facevano in tempo a redigere testamento erano
obbligate a lasciare alle Convertite un quinto dei loro
beni. Roma poteva così continuare ad ornarsi di
palazzi, chiese, fontane... Splendidi monumenti eretti
grazie alla generosità di nobili e papi, ma finanziati
dal mestiere più antico del mondo. Grazie a quei
contributi furono costruite opere pubbliche come la
lastricazione della Via Ripetta, la costruzione e la
riparazione di Ponte Sisto e Ponte Rotto. Anche Borgo
Pio fu costruito nel 1559 da Papa Pio IV con i denari
provenienti da queste tasse.
Milano Le prime
notizie sui bordelli milanesi si hanno solo a partire
dal XIV secolo ossia da quando Gian Galeazzo Visconti
relegò le prostitute in tre case recintate, situate nel
Castelletto, nell’attuale Piazza Beccaria. Le case non
avevano accesso sulla pubblica piazza e dovevano avere
sempre le imposte chiuse. Le ragazze erano tenute a
pagare una tassa sui loro guadagni ed avevano l’obbligo
di rimanere in casa nelle ore notturne e di giorno
dovevano indossare una mantella gialla per essere
riconosciute come tali. Successivamente il recinto venne
rimosso per far posto ad un muro con una sola entrata,
chiusa durante la notte e guardata a vista da un custode
pagato dalle prostitute. Si stabilì inoltre che le
cosiddette signorine per decenza pubblica non portassero
le “coazie”, ossia trecce lunghe quasi fino a terra,
molto di moda al tempo.
Torino Torino in fatto
di bordelli non si è mai fatta mancare nulla. Già nel
1400 l’attività era ammessa e veniva gestita
direttamente dal Comune con un postribolo vicino a Porta
Pusterla. Le prostitute potevano uscire solo 2 giorni
alla settimana, il mercoledì e il sabato, portando una
fettuccia sulla spalla destra che consentisse di
riconoscere la loro professione. Potevano andare a messa
solo nella chiesa di San Dalmazzo non oltrepassando il
campanile. Nel 1594 Carlo Emanuele stabilì che le
meretrici potevano abitare in città, ma solo negli
ultimi cantoni, verso le muraglie. In via Bertola la
sera veniva calata una barra di ferro per sbarrare la
strada ed era fatto divieto alle prostitute varcarla per
qualsiasi motivo.
Napoli Tutto nasce verso il
1530 quando, per combattere il degrado, le autorità
decisero di schedare tutte le prostitute in attività,
tassarle con una gabella e confinarle presso
l’Imbrecciata vicino Porta Capuana. In precedenza già
Filippo il bello nel XIII secolo aveva tentato di
arginare il fenomeno disponendo che le prostitute
dovessero esercitare il loro mestiere suoi barconi posti
sulle rive di fiumi e laghi con la speranza che
l’abbondanza dell’acqua avesse in qualche modo
ostacolato il diffondersi delle infezioni. Infatti dal
termine francese au bord de l'eau, deriva l'etimologia
della parola bordello. Comunque tutti i regnanti che si
sono succeduti a Napoli dagli Aragonesi fino ai viceré
spagnoli hanno cercato di tassare le prostitute
nonostante il loro mestiere fosse considerato abietto e
spregevole.
Bologna Nella Bologna medioevale
il bordello pubblico si trovava dietro la Casa della
Torre dei Catalani, dove lavoravano le meretrici
autorizzate dal Comune, mentre tante altre donne
bazzicavano nei pressi per portarsi i clienti a casa.
Alcune di loro si fingevano signore benestanti in cerca
di nuove emozioni. Un decreto del 1400 per evitare lo
sconcio ordinò alle meretrici di strada di svolgere il
loro mestiere fuori città pena il non accoglimento delle
loro denunce per offese o ingiurie subite. Con questo
decreto si tutelarono le prostitute del bordello
pubblico. Ma il richiamo dei numerosi studenti
provenienti da tutta Europa per seguire le lezioni di
diritto e di medicina non scongiurò affatto la
prostituzione tanto che le autorità decisero di
costruire un muro lungo la strada dove avvenivano gli
adescamenti per impedire la libera contrattazione.
Genova L’area storica del postribolo pubblico era
senz’altro Monte Albano l’odierna via Garibaldi e
successivamente, durante le Repubbliche Marinare, il
mestiere più antico del mondo si estendeva fino alla
Maddalena e alle Vigne. Queste strane signorine per
richiamare i clienti si vestivano di giallo ed
emettevano degli ululati ed è per questo motivo che
venivano chiamate lupe. Comunque la prostituzione non
era affatto un libero mestiere perché, essendo fonte di
denaro, le autorità che si sono susseguite hanno sempre
cercato di regolamentarla e quindi ricavandone dei
profitti. Al tempo dei Comuni nel 1300 venne istituita
una vera e propria città a luci rosse delimitata da un
muro di mattoni e da cancelli chiusi, tranne il sabato e
la domenica. La zona che dal colle Albano si estendeva
fino a piazza Fontane Marose era dotata di una locanda,
di un pozzo e controllata da guardie armate per
scoraggiare i violenti. I clienti potevano entrare ad
orari prestabiliti e le prostitute pagavano un affitto i
cui denari servivano per l’amministrazione pubblica. In
genere si trattava di ragazze sole, abbandonate in mezzo
a una strada dalle rispettive famiglie, oppure incinte o
senza un lavoro. Monte Albano era la loro ultima
spiaggia, ma essendo schedate come bagasce era anche una
strada senza ritorno. Per l’affitto pagavano 5 soldi al
giorno, avevano una tessera sanitaria, il sabato libero
e la domenica andavano regolarmente a messa. Il loro
business si svolgeva di notte. Erano anche chiamate le
donne delle candele perché la durata della prestazione
era determinato da una tacca incisa su un cero.
Ovviamente si potevano incontrare signorine facili anche
fuori da quelle mura, le cosiddette “Extravagantes”, che
erano tollerate nonostante il divieto. Di solito erano
schiave provenienti dalle colonie sul Mar Nero, bottini
di guerra o oggetto di traffici e come le merci
sostavano nella zona portuale. Solo verso il 1550 le
prostitute genovesi si trasferirono verso la zona della
Maddalena. Genova fu famosa per una legge a tutela delle
prostitute legalmente riconosciute: ogni cliente che
avesse ferito una prostituta regolarmente registrata
doveva sostenere le spese mediche, nonché pagarle un
sussidio per i giorni di malattia. Sembra che questa
legge fosse davvero applicata.
Liberazione e
ravvedimento Ovvio che le signorine dei bordelli
avessero un unico sogno nel cassetto ossia quello di
incontrare il principe azzurro, uscire da quel luogo e
sposarsi. Fu celebre l’affermazione di Innocenzo III per
cui l’uomo che sposava una prostituta compiva nei suoi
confronti un così grande gesto di carità da fruttargli
la remissione dei peccati. Nella Norimberga
tardomedievale veniva concessa la cittadinanza a tutti
quegli immigrati che accettavano di sposare una
prostituta. Nel contempo in tutta Europa esistevano
confraternite che stanziavano fondi a tutte quelle
meretrici intenzionate a cambiare vita. Quasi sempre
gestiti dalla Chiesa erano locali che, in varia forma,
offrivano un riparo alle ex-prostitute. In alcuni casi,
si trattava di ricoveri temporanei concepiti per
accogliere per breve tempo le ragazze determinate a
cambiare vita, spesso fornendo loro una sorta di
avviamento al lavoro. In altri casi, si trattava di veri
e propri conventi in cui le ex-prostitute (ivi comprese
le prostitute ormai troppo anziane per esercitare)
avevano modo di finire i loro giorni, conducendo una
vita di penitenza e di preghiera.
Tardo Medioevo
Con la crisi del Rinascimento assistiamo ad un rapido
decadimento del fenomeno dovuto in gran parte al
disprezzo esercitato dall'opinione pubblica motivato sia
dall'aumento dei casi di sifilide e malattie infettive a
contatto sessuale sia che i luoghi dove si esercitava
tale attività divenivano sempre più ricettacoli di risse
ed omicidi in forte aumento. Da considerare che tale
ostracismo e l'intervento dell'autorità e del clero
diede una forte impennata ai prezzi e quindi relegando
il fenomeno ad una attività di nicchia. Siamo nel
periodo della controriforma, quando furono chiusi i
bordelli municipali e le ètuves e la Chiesa diede inizio
alla "ghettizzazione" delle prostitute identificandole
con segni distintivi come poteva essere per esempio il
fiocco rosso.
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ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
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.https://www.gogofirenze.it/vizi-lussuria-prostituzione
https://unapennaspuntata.com/2022/07/19/come-viveva-una-prostituta-medievale/
https://cronistoria.altervista.org/la-prostituzione-nel-medioevo-peccato-della-morale
https://ilterritorio.net/2022/01/20/la-prostituzione-nel-medioevo/
https://www.cantolibre.it/puttane-e-bordelli-nel-basso-medioevo/
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