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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
Il Signor Bell
Sabato
La Signora Taylor

 


 
 


Tutti i sabato mattina il Signor Bell accompagnava sua moglie alla stazione dei pullman per Dover. Alle sette in punto la Signora Bell si affacciava dal finestrino e salutava distrattamente il marito.
Le raccomandazioni della Signora erano sempre le stesse. Pulire la gabbia e dare da mangiare alla merla, chiudere il gas e non fare tardi. Sapeva che in sua assenza il marito il sabato sera si attardava per le strade di Collington preferendo mangiare un boccone fuori casa e riempirsi di birra.
La Signora Bell andava, come ogni sabato, da quando erano sposati, a trovare la zia malata che mai negli anni era stata bene e nemmeno forse malata. Nessuno sapeva di cosa soffrisse realmente. Il suo medico curante ormai da anni si rifiutava di farle visita.
Il Signor Bell che era un gentiluomo azzardava a qualche malattia di testa e spronava la moglie, unica erede della zia Sally, al dovere di andarla a trovare. Faceva leva sul sentimento e la dedizione della moglie per non sperperare quell’ingente fortuna che a breve sarebbe piovuta dal cielo.

La zia Sally, insieme ai suoi 4 fratelli, era erede di quattro negozi a Carnaby Street, di un ampio garage nella vicina Regent Street e di una grande villa ottocentesca a poche centinaia di metri dalle mura del famoso castello di Dover. La villa immersa nel verde sovrastava con i suoi torrioni e i muri merlati il circondario fino alle famose scogliere. Il Signor Bell che era un gentiluomo aveva già quantificato la quinta parte di quel patrimonio convenendo che tutto sommato sarebbero entrati nelle loro casse circa una cinquantina di stipendi annui.

Alle sette e quarantacinque Bell prendeva il suo solito autobus per recarsi in ufficio. Purtroppo il sabato il pullman era semi deserto e lui rimaneva tranquillamente seduto lagnandosi di non poter esternare la sua gentilezza offrendo il proprio posto a qualche affascinante signora. Aveva comunque modo di viaggiare tranquillo e tirare le somme delle fatiche di un’intera settimana.
Il sabato era il giorno della Vigilia, un giorno intero d’attesa che valeva la pena di vivere intensamente. Nella sua testa sgranava le ore, incatenava i minuti perché tutto doveva essere previsto, perché ogni cosa collocata al suo posto. Del resto avrebbe avuto a disposizione l’intera giornata per recuperare qualcosa andata storta durante la settimana. Sorrideva soddisfatto perché anche quella settimana era corsa liscia, nessun intoppo sul suo cammino. Mancava soltanto la Signora Taylor che avrebbe incontrato come al solito nel primo pomeriggio.

Come ogni sabato scese due fermate prima di quella solita davanti alla fioraia di tulipani per ammirare le gambe di corsa delle liceali in ritardo. Amava immaginare quando più femmine avrebbero portato dei tacchi ed aggraziato le movenze fin sopra i fianchi. Il Signor Bell che era un gentiluomo soleva dire sottovoce che avrebbero camminato usando anche il sedere.

In ufficio nulla era diverso tranne la moda imperante di non portare la cravatta, ma il Signor Bell mai avrebbe trasgredito concedendosi a quella stravaganza. Ligio com’era ai suoi vestiti grigio topo non avrebbe mai fatto a meno delle sue cravatte a tinta unita impercettibilmente più chiare.
Alla Signorina Crawford invece era permesso di fare a meno del tailleur e dei suoi foulard pieni di fiori che lei sostituiva con vestiti smodatamente larghi e un decolté alquanto spregiudicato.
Inoltre le era concesso di assumere un atteggiamento più disinvolto che lei sfruttava a pieno parlando della sua cugina Daisy e come avrebbero trascorso la giornata di festa insieme.
La cugina Daisy aveva i suoi anni e come lei non si era mai sposata. Il Signor Bell era certo che anche l’adorata cugina avesse lo stesso difetto. Una volta l’aveva anche vista in foto e in quel frangente dovette apprezzare la forma delicata del seno e lo sguardo frivolo e lezioso.

Come ogni giorno anche il sabato il Signor Bell si concentrava con dovuta solerzia e meticolosità sui resoconti dei soci, appuntando al centesimo commissioni e competenze.
Di solito, solo verso le 11 metteva da parte il lavoro concentrandosi sulle sue frasi d’amore.
Anche quella settimana era convintissimo di avere più di qualche chance. Tra le altre aveva inviato alla Sweet & Word Inc.: “L'Amore detta, il bacio scrive i segreti del cuore.” Credeva in cuor suo di non aver mai scritto di meglio.

Alle 12 in punto andava in bagno, tirava fuori dal taschino il suo pettinino di osso e con grande pazienza rabboniva i suoi pochi capelli.
Prima di uscire tornava in stanza augurando una buona domenica alla Signorina Crawford. Lei ricambiava quell’augurio discutibilmente spontaneo con un largo sorriso e un saluto a dir poco frivolo nella speranza mai doma di potergli strappare almeno un invito. Era a conoscenza delle abitudini della signora Belle e sapeva che il marito avrebbe passato l’ennesimo week-end da perfetto scapolo. Più di una volta si era lasciata andare alle fantasie mai confessate del suo sogno ricorrente.
Una cena a base di pesce sorseggiando champagne nella sala da pranzo di quella casa che mai aveva visto, ma che immaginava particolarmente accogliente.
Per un attimo, un solo attimo, credeva veramente di sentire la voce galante del Signor Bell:
“Mi raccomando Signorina Crawford, stasera alle sei in punto…”
Ma era un attimo, solo un attimo… in cui si concentravano fotogrammi di una tavola apparecchiata a lume di candela. Vedeva Bell in maglioncino cashmere blu e insolitamente senza cravatta alle prese con il tappo di una bottiglia di Moet & Chandon. Lei, illuminata dalla grande candela, si sentiva particolarmente attraente con il vestito di seta rossa sublimato da un profondo decolté. Era fiera del suo seno e lo ostentava con pose ben studiate.
Aveva optato per un paio di calze nere a trama leggerissima confidando che il contrasto magico con il rosso del vestito non sarebbe per nulla passato inosservato agli occhi esperti del Signor Bell.

Credeva ciecamente che, se la sorte le avesse dato questa remota possibilità, il Signor Bell non avrebbe resistito a tutta quella straripante sensualità. La sua intrepida audacia avrebbe fatto il resto slacciando leggermente i piccoli nodi di raso che tenevano insieme la scollatura…
Al termine della cena si sarebbe alzata, lo avrebbe aiutato a sparecchiare e nel trambusto del via vai in cucina i loro corpi si sarebbero sfiorati più volte. Complice un tovagliolo caduto ed il movimento simultaneo per inchinarsi, le loro bocche si sarebbero ritrovate a pochi centimetri mentre i nodi del raso si sarebbero finalmente arresi offrendo quella morbida culla al sorpreso Signor Bell.

Il sogno, suo malgrado, si interrompeva ogni volta nel momento preciso in cui Bell con i pochi capelli arruffati chiudeva in fretta le tende della sala da pranzo e metteva una grossa coperta sulla gabbia della merla, mentre lei, seduta disinvolta sul divano, mostrava orgogliosa le sue gambe accavallandole ad arte.

Naturalmente la Signorina Crawford rimaneva imbambolata per qualche altro secondo con la sempre viva speranza che il Signor Bell materializzasse le sue aspettative come nel sogno.
Ma una voce formale e purtroppo concreta la riportava alla dura realtà:
“Arrivederci Signorina Crawford.”
“A lunedì Signor Bell.”

Bell lasciò cadere con aria infastidita l’ultima occhiata irriverente della Signorina Crawford e s’incamminò verso l’uscita. Aveva tempo prima di incontrare la Signora Taylor, per cui, come tutte le giornate di sabato, si concedeva una riposante passeggiata lungo il viale alberato costeggiando le mura della città vecchia.

Quel giorno si sedette su una panchina pensando a Molly. Una cabina telefonica a pochi passi gli fece balenare l’idea bizzarra di chiamarla, ma desistette subito dopo. Sapeva benissimo che lei mai e poi mai avrebbe risposto al telefono. Era una delle sue tante bizzarrie ma lui la amava anche per questo.
Ora la immaginava pensierosa e taciturna appoggiata alla spalliera del letto nella posizione preferita. Chissà cosa avrebbe dato per ascoltare i suoi pensieri! Chissà cosa avrebbe fatto per spiarla in quella posizione assorta e con lo sguardo fisso nel vuoto.

Ma Bell era contento! Il giorno dopo l’avrebbe vista! Addirittura fischiettò un motivetto senza pretese e si alzò per rimandare un pallone oltre il recinto del parco giochi dando un calcio da vero campione.
Il pensiero andò ai suoi Reds ed al derby del giorno dopo. Si lagnò pensando che i due eventi a cui teneva di più della settimana erano concentrati nella stessa giornata di domenica e purtroppo quasi concomitanti, ma lui che era un gentiluomo non avrebbe mai sacrificato una passione per l’altra.
E poi Molly avrebbe capito. Nella sua vita non aveva mai conosciuto una donna così comprensiva, addirittura gli scappò un paragone impertinente con la sua povera madre.

Molly l’aveva conosciuta per caso una mattina di settembre. Un temporale improvviso l’aveva costretto a ripararsi nei magazzini Arrows. Per istinto aveva preso l’ascensore fino al terzo piano. La vide quasi subito, era sola con l’aria assorta e lo sguardo trasognante, seduta all’entrata del reparto di oggettistica.
Indossava una graziosissima camicetta a fiori ed una gonnellina plissettata. Naturalmente Bell che era un gentiluomo non ostentò il suo sguardo oltre il lecito né le rivolse la benché minima parola, riproponendosi di tornare il giorno dopo ed affidarsi a qualche caso fortuito del destino. Poi le cose vanno come devono andare e lui si ritrovò innamorato perso. Lei contraccambiò immediatamente quella pazzia. Fin da subito furono giorni felici e mai e poi mai aleggiò tra loro la benché minima noia.

Al Signor Bell faceva enormemente piacere abbandonarsi a quel ricordo del primo incontro. Si destò, guardò l’ora e si alzò dalla panchina incamminandosi per il suo ultimo appuntamento settimanale.

La Signora Taylor lo aspettava in terrazza intenta a stendere la biancheria. La sua faccia nonostante l’accattivante sorriso dimostrava tutti i suoi 48 anni e tre figli disoccupati.
Tra loro si era stabilita una certa simpatia. Il Signor Bell pensava che fosse dovuta al suo modo schietto e a quell’aria sempre gioviale a dir poco popolana della signora.
Saliti i cinque piani con qualche difficolta, giunto in terrazza Bell si metteva seduto sul muretto di maioliche aspettando pazientemente che la Signora Taylor finisse di strizzare la biancheria.
Da lì poteva ammirare il grandioso panorama fino alle più lontane ciminiere fumanti dei cantieri navali. Estasiato da quella vista respirava a pieni polmoni per l’emozione.

La Signora Taylor stendeva dapprima le grandi lenzuola e poi la biancheria ordinaria, finché rapiva l’attenzione del suo ospite passando a stendere sui fili metallici le sue preziose lingerie. Naturalmente il momento clou era quando tirava fuori dal catino le sottilissime calze appuntandole delicatamente con delle mollette ricoperte di stoffa. Bell non poteva fare a meno di ricordare la propria meraviglia quando da bimbo al circo il mago di turno tirava fuori il coniglio bianco dal cilindro.

Alla stessa stregua ne rimaneva ammirato vedendo quella fibra leggera accarezzata dal vento, sembravano bandiere di libertà innalzate al cielo come inno della sensualità.

Poi come ogni sabato veniva il momento più importante quando fremente sceglieva il paio delle meraviglie.
Di solito optava per i colori chiari tendenti al neutro, considerando il nero troppo importante. Qui Bell che era un gentiluomo entrava in una specie di trance, estasiato dalla vista senza toccarle o annusarle. Non ce n’era bisogno, già conosceva la consistenza impalpabile della velatura, la trama finissima al tatto, l’odore del sapone sul nylon e l’effetto sfumato sulla gamba simile ad una leggerissima patina lucente. Poi si concentrava sui merletti del bordo e alle volte sul rinforzo alla caviglia non trascurando il tratto finissimo della cucitura.
Subito dopo tirava fuori il dovuto dalla tasca dei pantaloni. Il prezzo non era fisso, ma poteva variare ad insindacabile giudizio di Bell dalle cinque alle dieci sterline. Fino ad allora la Signora Taylor non aveva mai fatto problemi di denaro considerando l’elargizione di Bell molto generosa.

A quel punto Bell esordiva con un invitante: “Buongiorno Signora Taylor.” E lei con un cenno del capo seguito da uno smagliante sorriso. Vista la sua condizione sociale, di solito parlava poco per il timore di pronunciare parole inappropriate o sbagliare congiuntivi. Bell sapeva benissimo che la lingua inglese non ne faceva uso, ma adorava con il suo carisma infondere soggezione e sudditanza.
Quindi in attesa dell’asciugatura era perlopiù Bell a parlare. Alle volte era sufficiente una manciata di minuti, altre, nelle giornate uggiose, la Signora Taylor, senza eccedere nell’uso di parole, riusciva a raccontargli un intero episodio della sua vita.

Era divorziata, vedova ed attualmente separata. Il suo ovale dagli zigomi forti non tradiva le sue origini irlandesi. Cercava di sbarcare il lunario lavorando ad ore, ma alle volte non bastava per cui arrotondava i suoi pochi averi con i tanti Signor Bell che accoglieva in terrazza con ben altre intenzioni. Il luogo più appartato era il vano delle vasche, ma alle volte anche il pianerottolo prima dell’ultima scala, oppure nei casi eccezionali le cantine nel seminterrato, dove i suoi ospiti si lasciavano andare a pesanti effusioni ricambiate dalla Signora Taylor.

Ma il Signor Bell che era un gentiluomo acquistava il suo indumento usato e lo riponeva delicatamente dentro la solita bustina di carta. Nonostante la scollatura vertiginosa della vestaglia a fiori e gli ammiccamenti a volte smaccati della Signora Taylor, mai e poi mai il Signor Bell avrebbe abbandonato le sue dita dentro quel seno che considerava volgare per via delle dimensioni e del colore della pelle troppo arrossato.

A dire il vero mesi prima ci fu un episodio rimosso completamente dal Signor Bell. Forse sarà stato al secondo o al terzo incontro quando un banale modo di dire creò un’imbarazzante incomprensione.
La Signora Taylor credendo di esaudire i bisogni dell’uomo guadagnò il vano vasche bagnandosi completamente il vestito in modo da creare l’effetto trasparenza.
Denudandosi di ogni pudore, lo invitò a favorire sfacciatamente delle sue parti più intime, ripetendogli più volte che la prima prestazione sarebbe stata completamente gratuita.
Bell fu colto di sorpresa e facendo un mezzo passo in avanti si trovò a sfiorare la parte interna della coscia della signora. Durò un attimo, il tempo di sentire il calore umido con il dorso della mano e la voce roca della Signora Taylor che lo invitava a passare il guado.
Il Signor Bell che era un gentiluomo strinse quella carne implorante, ma subito dopo si ritrasse accusando un lieve, ma finto malore, troppo finto perché la Signora Taylor non se ne accorgesse convincendosi a quel punto che mai avrebbe potuto arrotondare il prezzo delle calze.

Ormai era tutto passato, anche se la Signora Taylor ricordava benissimo quell’episodio e nelle sue intimità più interne sentiva ancora quel vuoto procurato proprio da quel rifiuto. Riconosceva a Bell una personalità forte e determinata o soprattutto il carisma di uomo metodico e intelligente. Mai nessuno dopo di allora s’era dimostrato così irragionevolmente testardo.
Anzi, vista l’intraprendenza dei suoi ospiti, il più delle volte era costretta a guadagnare il seminterrato sveltendo il suo passo e chiudendosi alle spalle la grossa porta metallica della sua cantina.

Nonostante gli ultimi e vani tentativi della Signora Taylor, alle volte legandosi i capelli ed altre tirando fuori il piede nudo dalla ciabatta, Bell, dopo aver pagato il dovuto, la salutava cordialmente, dandole appuntamento per la settimana successiva.

A quel punto Bell riprendeva comodamente la via di casa. Quella sera, come tutte le serate del Sabato avrebbe cenato nella pizzeria di Mario a pochi passi dal suo ufficio. Si sarebbe concesso addirittura una pinta di birra scura conversando di sport con il cameriere di origini siciliane, tifoso del Palermo.
Del resto, con la moglie fuori città, nessuno lo aspettava a casa e avrebbe potuto tirare sino a tardi, naturalmente prima dell’ultima corsa.

Il sole stava tramontando oltre le ciminiere fumanti, solo qualche sparuta automobile in corsa interrompeva quella stupenda quiete della vigilia di festa. Entrò in un pub e si diresse verso la toilette.
Nell’antibagno si mise in coda, due energumeni, sicuramente portuali, attendevano pazientemente il loro turno. Bell che non era di statura nella norma si sentì in imbarazzo quando uno dei due, commentando alcune scritte sul muro, si lasciò andare a commenti poco gentili sui gay.

Quando entrò in bagno rimase fermo ed immobile per alcuni minuti attendendo che i due portuali fossero andati via. Prima di verificare il contenuto velato della bustina di carta si accertò nuovamente che la porta fosse chiusa a chiave. Certamente quella situazione avrebbe generato dei dubbi sulla sua moralità e il suo essere totalmente maschio.

Tirò fuori prima la calza destra, la puntò contro la lampadina appesa al soffitto con due fili elettrici. In controluce osservò minuziosamente la trama dal rinforzo della punta fino al bordo merlettato della coscia. Fece la stessa operazione con quella sinistra. Tutto a posto. Anche questa volta la Signora Taylor era stata all’altezza della situazione. Nessuna smagliatura, nessun filo tirato avrebbe pregiudicato la giornata di festa.

Molly sarebbe stata contentissima.
Soddisfatto ripose tutto nella bustina e tirò un sospiro di sollievo.
Anche quella settimana era andata a gonfie vele!

Lungo il marciapiede prima della fermata del pullman Bell scavalcò due ubriachi distesi a terra. Dall’altra parte della strada alcune signorine della notte invitavano i passanti mostrando il loro seno completamente nudo.
Bell scosse più volte la testa, non erano certamente più i suoi tempi. Si sentiva vecchio e soprattutto un pesce fuor d’acqua innanzi a tutta quella evidenza.
Per lui il sesso era altro, era la complicità, il corteggiamento, l’armonia, il vedo e non vedo, il detto e non detto, i sottintesi e soprattutto la dolcezza. Decise di andare oltre e prendere l’ultima corsa della notte alla fermata successiva.

Pensò a Molly

 

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1


Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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Immagine  Renè Magritte - Le Fils de l'Homme

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