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Adamo Bencivenga Uomini soli
"Li incontri dove la gente viaggia e va a
telefonare, col dopobarba che sa di pioggia e la ventiquattro ore,
perduti nel corriere della sera, nel va e vieni di una cameriera..."

Guardavo la ragazza alla cassa senza particolare
interesse, lei bionda, minuta, non era decisamente il
mio tipo, ma le sorrisi per cortesia chiedendo il conto.
Il giorno dopo avrei dovuto alzarmi all’alba. Il
direttore delle Risorse umane mi aveva convocato per le
otto in punto e date le voci di tagli al personale ero a
dir poco preoccupato…
“A Milano per lavoro?” Mi
chiese la ragazza porgendomi il conto. Ancora
soprappensiero mi colse di sorpresa e fu costretta a
ripetere la domanda. “E’ qui per lavoro?” Replicò
curiosa e sorridente. A quel punto feci un cenno
impercettibile con la testa serrando le palpebre. Pensai
che fosse a fine e turno e che non avrebbe disdegnato un
mio invito, ma oltre ad essere preoccupato ero molto
stanco. Lei capì al volo e delusa la vidi sparire oltre
la grande pianta di aspidistra.
A volte un
uomo è da solo perché ha in testa strani tarli, perché
ha paura del sesso o per la smania di successo. Per
scrivere il romanzo che ha di dentro, perché la vita
l'ha già messo al muro.
Passò solo qualche
attimo quando uscito dal ristorante vidi a qualche metro
da me una donna a terra e un ragazzo in motorino che
tentava di scipparle la borsa. Non ci pensai due volte,
mi liberai della ventiquattrore e mi misi a correre
urlando contro quel delinquente. Arrivato a portata del
suo braccio, il ladro, forse colto di sorpresa, si voltò
verso di me e con aria quasi interrogativa lasciò
immediatamente la presa e si dileguò nella notte.
La donna sconvolta e tremante, nella colluttazione
aveva perso una scarpa ed era riversa sull’asfalto tra
il bordo del marciapiede e la ruota di una macchina
parcheggiata. “Si è fatta male?” Dissi ridandole la
borsa. “Oh no, spero niente di rotto.” Rispose
tentando di alzarsi a fatica. Poi mi chiese un
braccio e l’aiutai. “Tutta intera?” “Sì sì,
grazie, ma se lei non fosse intervenuto, quel
delinquente mi avrebbe trascinata per metri…” “Beh ho
soltanto urlato, non ho fatto altro. Forse il ladro non
aveva previsto che qualcuno uscisse dal ristorante…”
“Beh sì la strada è molto buia e a quest’ora non gira
anima viva.” Disse con un filo di voce mentre cercava di
infilarsi la scarpa. Poi riprese. “Comunque sia, lei
mi ha salvata da una brutta storia. Ora sarei stata
costretta ad andare ad una stazione di polizia per
sporgere denuncia o peggio in un pronto soccorso.”
Tirò un grosso sospiro di sollievo lasciando il mio
braccio. “Immagino lo spavento…” “Ora no, sto bene
grazie. Romano, vero?” Mi guardò come per scrutarmi
meglio. “Sì e lei milanese doc immagino…” “Beh ai
dialetti non si sfugge…” “Comunque sia mi chiamo
Angelo, piacere…” “Ed io Virginia, piacere doppio…
Angelo di nome e di fatto, grazie ancora…” “La vedo
ancora un po’ claudicante, se vuole l’accompagno alla
sua auto…” “Oh no, non ho qui l’auto, ero andata a
trovare un’amica e stavo chiamando un taxi per far
ritorno a casa. E lei?” “Io ho l’albergo da queste
parti… almeno credo…” “Almeno crede di avere un
albergo oppure che sia da queste parti?” Sorrise…
“Oh no, non sono pratico di Milano. Ho prenotato la
stanza da Roma e sono arrivato solo stasera in città… mi
faccia orientare…” “La vedo confuso, anche lei
spaventato?” “Non capita tutti i giorni assistere ad
uno scippo.” “Diciamo… mancato, grazie a lei.”
“Ora mi fa sentire un eroe…” “Lo è stato!” Disse lei
riprendendo tutte le sue forze. “Dovere… è stato solo
dovere.” Dissi ripensando alla scena. “Forse lei, più
di me, ha bisogno di bere un po’ d’acqua.” “Beh io
direi qualcosa di più forte dell’acqua…” Mi fissò di
nuovo. “Per quanto mi riguarda, la regola dice che
dovrei sdebitarmi, per cui, se non facciamo tardi, posso
farle compagnia mentre beve il suo qualcosa di forte.
Sempre che lei non abbia altro da fare, si intende.”
“Io alloggio all’Ambrosiano, sa dov’è o devo attivare il
mio GPS?” “Ah sì lo conosco molto bene, in
quell’albergo ospitiamo i nostri colleghi che vengono da
fuori.” “Posso domandarle di cosa si occupa, se non
sono indiscreto?” “Lavoro in una grande banca e mi
occupo di personale.” “Che coincidenza! Anch’io
lavoro in una banca, mi occupo di investimenti.” “Ah
bene collega! Vogliamo andare?” Così dicendo mi chiese
il braccio. Recuperai la mia ventiquattrore e mi
resi conto che era ancora un po’ malferma sulle gambe.
L’Ambrosiano era davvero molto più vicino di quanto
pensassi e dopo appena tre minuti a piedi arrivammo a
destinazione.
*****
Seduti sulle poltrone
di velluto rosso amaranto della hall sorseggiammo i
nostri drink. Virginia era davvero una bellissima
quarantenne. Capelli rossi, viso regolare, trucco appena
accennato e corpo snello fasciato da un elegantissimo
tailleur color malva. In breve ci raccontammo qualche
scampolo delle nostre vite. “Com’è curioso il
destino, mai avrei pensato di essere qui e conversare
piacevolmente con un uomo di bell’aspetto e con un’aria
rassicurante.” “Ed io mai avrei pensato di incontrare
una bella donna in quelle condizioni, distesa
sull’asfalto e addirittura di ringraziare lo
scippatore.”
Poi entrambi rivelammo di essere
impegnati sentimentalmente, lei aveva iniziato da poco
una nuova relazione, senza essere per nulla convinta,
mentre io mi trascinavo dietro stancamente una storia di
anni. Finimmo di bere, ma nessuno dei due prese
l’iniziativa per congedarsi, per cui chiamai il
cameriere per altri due drink, Virginia dopo il cocktail
di frutta passò a qualcosa di più forte. “Sa, adoro
Roma, adoro la confusione, i colori, gli odori, i
mercatini… Purtroppo non l’ho mai visitata da turista,
sempre di sfuggita tra una pausa e l’altra di lavoro.”
“Potrei farle da cicerone…” Proposi sorridendo.
“Perché no!” Rispose guardandomi intensamente negli
occhi. Improvvisamente mi accorsi che dopo quello
sguardo mi era passata completamente la stanchezza.
“La mezz’ora è ampiamente scaduta.” Disse guardando
l’orologio. “Ma tu hai sonno?” Passai al tu senza
accorgermene. “Domani devo sostenere vari colloqui di
lavoro alquanto seccanti e si comincia molto presto! Ma
sono anche incosciente come vedi…” Continuammo
ancora a conversare. I discorsi si fecero più intimi e
notturni alternati a battutine maliziose. In effetti in
poco meno di un’ora si era creata tra noi una forte e
complice simpatia. Quando le proposi di continuare a
bere i nostri drink nella mia stanza non fu sorpresa e
mi chiese solo un po’ di privacy per una telefonata.
Si alzò e si diresse verso la porta a vetri. Non
persi un passo della sua andatura, delle sue gambe
fasciate da un nylon velato e tantomeno un frammento del
suo fisico perfetto. Tornò dopo alcuni secondi. “Ora
mi sento più libera.” Disse senza sedersi, poi prese la
borsa dalla poltrona e insieme ci recammo verso la
reception per consegnare i documenti. Salimmo al
terzo piano in ascensore, la stanza era la numero 312.
Trascorremmo una notte indimenticabile fino alle
prime ore dell’alba promettendoci a più riprese che non
sarebbe finita lì e che il prossimo nostro incontro
sarebbe avvenuto a Roma. La mattina alle sette in punto,
dopo solo due ore di sonno, ci salutammo in fretta,
entrambi non volevamo fare assolutamente tardi ai nostri
rispettivi impegni.
*****
Ci sono
uomini soli per la sete d'avventura, perché han studiato
da prete o per vent'anni di galera, per madri che non li
hanno mai svezzati, per donne che li han rivoltati e
persi.
La cameriera bionda e minuta poggiò sul
tavolo una bottiglia di acqua leggermente gassata e un
calice di vino rosso. A fatica risposi al suo sorriso.
Ero a dir poco amareggiato per come era andata quella
giornata! Ero stato il primo ad essere convocato e, come
avevo purtroppo previsto, la Responsabile dell’Ufficio
Risorse Umane aveva fatto tutto un preambolo circa la
crisi del settore finanziario e in particolare
dell’azienda e sulla necessità di ridurre drasticamente
il personale. A breve avrebbero chiuso la Filiale di
Roma per cui mi consigliava di trovarmi un altro posto
di lavoro. In pratica ero licenziato!
“Prende il
primo o passiamo subito al secondo?” Disse ancora la
cameriera in piedi davanti a me. I miei pensieri erano
da tutt’altra parte e come la sera precedente fu
costretta a ripetermi la domanda. Avevo prenotato un
volo low cost per le 23,15 e quindi avevo ancora qualche
ora e decisi di prendermela comoda. Sicuramente avrei
avuto altre occasioni per tornare in questa città e il
motivo non sarebbe stato di certo il lavoro! Finito di
cenare presi un taxi direzione Linate e nella sala di
attesa mi chiesi cosa avrei fatto dal giorno dopo.
Intanto un altoparlante discreto mandava in lontananza
la canzone “Uomini soli” dei Pooh.
Dio delle
città e dell'immensità, se è vero che ci sei e hai
viaggiato più di noi, vediamo se si può imparare questa
vita, e magari un po' cambiarla, prima che ci cambi lei.
Vediamo se si può, farci amare come siamo, senza
violentarci più, con nevrosi e gelosie. Perché questa
vita stende, e chi è steso o dorme o muore, oppure fa
l'amore.
Scossi più volte la testa, recitai
a memoria qualche strofa del brano e poi, distratto e
disconnesso da tutto il resto, pensai a quanto fosse
stato bizzarro il destino. La sera precedente e fino al
mattino avevo fatto l’amore e mi ero perso tra le
braccia di una bellissima donna. La stessa che qualche
ora dopo, con aria professionale e fasciata nel suo
tailleur color malva, a malincuore, ma gelida e senza
alcuna esitazione, aveva sentenziato il mio
licenziamento!
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale. La canzone citata nel racconto: Uomini soli di
Facchinetti-Negrini è cantata dai Pooh
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TUTTI I
RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
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Alba Soler
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