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Adamo Bencivenga
VITA
DA SINGLE 7
Un altro requisito importante per scrivere una biografia credo
sia l’intelligenza, o quanto meno la capacità di scrivere ed
elaborare le pochissime cose che succedono durante il corso
della vita. Ma si sa, non esiste un vento favorevole per il
marinaio che non sa dove andare per cui se guardavo indietro
negli anni, vedevo un uomo che aveva passato tutto il suo tempo
ad apparire intelligente ignorando che apparire idiota agli
occhi di un imbecille è voluttà da raffinati buongustai. E
sempre parlando di quell’uomo, ora gli è rimasta un’unica
granitica convinzione, vale a dire: gli imbecilli non
migliorano. Al massimo sono stazionari, il più delle volte
peggiorano, ma di sicuro non migliorano. Del resto chi nasce
quadro non può morire tondo!
Non vi illudete! Non esistono
tipi diversi di intelligenza. Ovviamente sono cose inventate
solo per permettere agli insegnanti di dire: “Suo figlio è un
genio, ma non si applica nella materia”, come se parlando di
spirito cambiasse qualcosa. L’intelligenza è una sola ed è il
contrario della stupidità. O sei intelligente o sei stupido.
Stop!
Comunque per perdere la testa bisogna almeno averne
una per cui di fronte a questa verità assoluta e sconvolgente,
per sembrare intelligente, presi in considerazione l’ipotesi di
non esserlo, ma ahimè fu tutto vano. Il problema principale è
che bisogna essere abbastanza svegli per rendersi conto di
essere dei cretini. Alla fine dedussi che il vantaggio di essere
intelligente è che si può sempre fare l'imbecille, mentre il
contrario è del tutto impossibile. Comunque attenzione a non
chiamare intelligenti solo quelli che la pensano come voi!
L’intelligente è colui il quale trova difficile ciò che agli
altri sembra facile!
Il mio amico Gilberto a questo
proposito mi disse: “Ricordati che non sei mai così stupido come
quando stai cercando di essere intelligente.” Ed in effetti non
aveva torto: siamo immersi in un mare di stupidità e non è vero
che le persone usano solo il 10% del loro cervello (alle volte
molto meno), è vero che solo il 10% delle persone usano il loro
cervello, tutto il resto dell’umanità prende in prestito quello
degli altri altrimenti non esisterebbe la moda o come vengono
chiamati ora i fenomeni di massa.
In questo mare occorre
certamente distinguersi. L’importante è tenere sempre una mano
sul mento, come gli scrittori in quarta di copertina, mentre con
l’altra è consigliabile giocherellare nervosamente con una
penna, a volte non è necessario che sia una penna, basta che
renda l’idea, l’importante è non togliersi mai la mano dal
mento, e, durante una conversazione, bisogna sempre mostrarsi
partecipi e interessati, senza mettersi al centro
dell’attenzione. Interloquire spesso ma cautamente con frasi
come “Conosco il problema”, “Conosco a fondo il problema”,
“Conosco straordinariamente a fondo il problema” e di tanto in
tanto dissentire, ma con cortesia. Evitare assolutamente di
liquidare un’intera conversazione con sentenze sprezzanti,
soprattutto quando non si ha nulla da aggiungere se non un
sorrisetto a metà tra il saccente e il coma farmacologico. E’
bene ricordare che alle volte è meglio tenere la bocca chiusa e
dare l'impressione di essere stupidi piuttosto che aprirla e
togliere ogni dubbio.
Ogni tanto, però, bisogna pur tirar
fuori un argomento. Uno o due, non di più. A questo scopo basta
restare sul vago, ricordarsi di menzionare le parole
“intuitivo”, “logico”, “sorprendente”, “giusto” e ricorrere a
frequenti pause, sia per dare un po’ di sospensione al discorso,
sia per far passare il tempo. Gilberto a tale proposito mi
disse: “Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita
incontrerai tante maschere e pochi volti.” Quindi cercavo di
adeguarmi convinto che i vizi, le virtù, la verità, la falsità,
l’amore, l’odio… tutto era dentro di noi e toccava solo a noi
scegliere cosa mettere fuori. Del resto ogni giorno facciamo
finta di essere quello che non siamo e a mio parere bisogna
diffidare di due categorie di persone: quelle che non hanno
personalità, e quelle che ne hanno più d’una, e visto che le
persone sane sono quelle che fingono di essere, occorre solo
stare attenti a ciò che fingiamo di essere.
Per natura
l’uomo è un animale che finge e non è mai tanto se stesso come
quando recita. Gilberto bloccò i miei pensieri dicendomi:
“Guarda, mio caro amico che l’ipocrita lo riconosci subito, ha
una maschera sull’anima e non credere che la sincerità sia a
portata di tutti, ad esempio la spontaneità è una posa
difficilissima da mantenere.” Aveva come al solito ragione,
d’altro canto nell’antica Grecia “l’ipocrita” era un attore
stimato, il problema è sorto quando l’ipocrita è sceso dal palco
continuando a recitare il suo ruolo.
E’ bene tuttavia
ricordarsi che lo strumento di socializzazione più efficace a
disposizione dell’uomo dopo i soldi è l’umorismo, ma se non hai
il senso dell’umorismo, degli altri cinque te ne fai ben poco.
Più delle battute, però, è importante ridere su quelle degli
altri! Naturalmente è del tutto insignificante se facciano
veramente ridere o no. In effetti l’umorista non è un uomo che
dice cose divertenti. L’umorista è uno che racconta le cose in
modo divertente. In questo caso comunque è fondamentale
distinguere una battuta da una considerazione qualsiasi. Come
sapere, per esempio, se bisogna limitarsi ad annuire o rotolarsi
per terra tenendosi la pancia? Se ci sono altre persone è
facile, basta fare quello che fanno gli altri, ma se non c’è
nessun altro l’unica soluzione è optare per una composta risata
o in alternativa simulare un improvviso malessere. In ultima
analisi tenersi in disparte, leggere una rivista di tendenza e
fingersi interessato alla gatta del padrone di casa che ha
partorito i suoi micetti.
*****
Ci sono!!!
Grazie al cambio paragrafo ho avuto il tempo di riflettere e la
deduzione è semplicissima: tanto va la gatta al lardo che si
ruba lo zampone o come dice Gilberto tanto va la gatta a largo
che s’affoga, vabbè sempre di gatte più o meno riscaldate stiamo
parlando. Credo del resto sia elementare l’associazione tra
gatta e calore e che tutto ciò, grazie ad internet, avvenga in
ogni angolo della terra anche se il preferito è immancabilmente
il retto.
Tutto ciò ci ricorda il marchese di Chatubriac,
cultore dell’arte culinaria, del buon vino e amante del
culturismo e più specificatamente del 23 (terza parte del 69.
Sarà un caso?). Ebbene, il nostro marchese soleva più guardare
che consumare, ed un giorno durante la sua passeggiata
quotidiana tra i banani in fiore e fichi femmina maturi, si
fermò ad osservare una popolana avvenente, ma indigente, intenta
a prendere l’acqua dalla fontana in posizione belante. Ebbene il
vizioso marchese esclamò: “E’ proprio vero che le donne siedono
sulla propria fortuna e non lo sanno!”
Beh sfido
chiunque a stare in una posizione belante e sedere
contemporaneamente sulla propria fortuna ma si sa, i marchesi
sono esseri stravaganti e visto che la gallina vecchia prima o
poi muore, che due galline fanno il doppio brodo, e chi dorme
non piglia sonniferi possiamo solo intuire come proseguì
l’approccio. Sappiamo comunque che la contadina in questione non
perse tempo e sotto l’attenta guida del marchese divenne molto,
ma molto fortunata vincendo un terno secco e una tombola grassa.
Dicevamo, divenne molto ricca, ma nel breve giro di una stagione
scialacquò la sua fortuna confermando il detto: “Chi crede che
con il denaro si possa fare di tutto è indubbiamente pronto a
fare di tutto per il denaro.” Gilberto non si fece scappare
l’occasione: “Ci sono persone che hanno denaro e persone che
sono ricche.” Ben detto! Ma io mi sono sempre chiesto perché Dio
dà il cappone al ricco e al povero l’appetito. Decisamente
crudele come chi afferma che il denaro non compra la felicità.
Beh diciamo però che ti permette di scegliere la forma migliore
di tristezza e soprattutto di essere infelice in posti
meravigliosi.
Del resto è così buffa la fortuna che
magari non ne vedi neanche l’ombra per anni e poi quando meno te
l’aspetti, bussa alla tua porta quando sei sotto la doccia.
Gilberto ferratissimo sull’argomento mi disse: “La luce in fondo
al tunnel è un treno.” E poi ancora: “Quando tutto va storto, se
qualcosa va dritto è un camion!” Era vero, la storia con Rosetta
mi aveva lasciato segni indelebili, mi sentivo così perseguitato
dalla sfortuna che se avessi deciso di vendere candele il sole
non sarebbe più tramontato e se avessi deciso di andare a
Lourdes avrei certamente trovato chiuso. In quei momenti non c’è
nulla da fare, ad esempio il diametro del foro del lavandino è
sempre maggiore del diametro del tappo del dentifricio. Gilberto
mi disse: “I guai sono come i fogli di carta igienica: ne prendi
uno e ne vengono dieci.” In quell’istante per scacciare la sfiga
feci il gesto istintivo di toccarmi i genitali, con meraviglia
constatai che non erano due! Ero di sicuro in un periodo
negativo tanto che se avessi aspettato in riva al fiume un mio
nemico a scelta, lui sarebbe passato in gondola con una
bellissima donna e se avessi giocato al poker mi sarebbe
capitata una mano con cinque carte senza che due fossero dello
stesso seme! Vabbè proprio quando pensi che le cose non possano
andare peggio, lo faranno.
La mia sfortuna però era
quella di essermi messo in testa di scrivere una mia biografia e
il primo pensiero fu: E-book o carta? Ovvio, al tempo l’e-book
non esisteva e mi accorsi che stavo facendo del tutto per
mettermi in difficoltà ed abbandonare l’idea di scrivere.
Comunque ci pensai un attimo e poi presi a scrivere sicuro che
3000 anni prima un mio antenato era passato ad i posteri perché
aveva scelto il papiro a discapito della pietra. Gilberto
spacciando per sua una frase di Oscar Wilde mi disse: “Non
esistono libri morali o immorali. I libri sono scritti bene o
scritti male. Questo è tutto.” Beh viste le mie esperienze
precedenti non avevo certo il timore di scrivere cose immorali e
poi avevo in mentre una sorta di biografia comica pensando che
quando un libro ci fa sorridere questo libro vale più di ciò che
costa leggerlo. Ovvio che mi posi la domanda se qualcuno per
puro caso avesse avuto la pazienza di leggermi, ma al motto che
gli amanti dei libri non vanno mai a letto da soli concordavo
con chi sosteneva che non siamo noi a scegliere i libri ma sono
i libri a scegliere noi o, come diceva Gilberto: “Non sono le
persone ad aprire i libri, ma sono i libri ad aprire le
persone.” Poi con un sorrisetto malefico proseguì: “Appartengono
alla letteratura tutti i libri che si possono leggere due
volte.” Beh io non correvo questo rischio.
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Desiree Mattsson
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