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STORIA DELLA PROSTITUZIONE
Il mestiere Antico
MedioEvo e Rinascimento
Nel MedioEvo la morale cristiana trova sempre più
spazio nella vita quotidiana, ma la prostituzione anziché
scomparire si evolve prendendo nuove caratteristiche.
Il sesso acquista sempre più le caratteristiche
di merce assorbendo le logiche di mercato




 

 


In questo lungo periodo di storia assistiamo a varie fasi dove il fenomeno viene più o meno tollerato, ma mai legittimato o debellato del tutto. Vi era quindi una sorta di compromesso fra valori morali e norme giuridiche ricorrendo al criterio della necessità che consentiva l'integrazione della prostituzione nel sistema sociale.

Carlo Magno e il '600
Ad esempio con Carlo Magno assistiamo ad un forte inasprimento delle leggi contro il sesso a pagamento. L'imperatore, constatando che molti ginecei dei centri feudali erano ricettacoli di prostitute e la stessa reggia di Aquisgrana ne fosse infestata, emanò nell'809 il capitolare "De disciplina palazii aquisgraniensis". Secondo il quale le prostitute dovevano percorrere per oltre un mese la campagna, nude fino alla cinta oppure condotte nella pubblica piazza e fustigate. I Carolingi aggravarono via via le pene passando al taglio delle orecchie, al marchio col ferro rovente, all'immersione nell'acqua gelida.

Il `600 con la creazione di quartieri-ghetto all'interno dei quali era permessa l'attività, relegò la prostituta nella categoria dei soggetti devianti. La donna che si prostituiva, impura moralmente, doveva essere tenuta lontana dal consorzio civile e soprattutto separata dalla comunità delle altre donne. Presso le popolazioni barbariche invece la prostituzione era meno diffusa, ma tuttavia esisteva la pena di morte per chiunque avesse accolto nella propria abitazione le meretrici.
Con l'avvento delle città il sesso entra nel mondo del mercato del lavoro e ne prende le caratteristiche di consumo e commercio come qualsiasi altra merce. Assistiamo allo sviluppo degli amori venali, i quali seguivano gli spostamenti, di città in città, di fiere, mercati e pellegrinaggi.


La Chiesa
La Chiesa, in linea con il fenomeno in grande espansione, tentò di convertire le prostitute promovendo la castità, ma non arrivò mai a condannare del tutto la pratica in quanto tale. Considerava i rapporti sessuali con le donne di piacere un male minore rispetto al grande peccato dell'omosessualità.
Sant'Agostino, secondo il quale le prostitute erano cloache necessarie, era convinto che gli uomini tutti avrebbero comunque continuato a cercare rapporti sessuali al di fuori del matrimonio anche se la prostituzione fosse scomparsa. Anzi la scomparsa totale avrebbe di fatto provocato forme più estreme di perversione.


I Bordelli
Enrico II a Londra nel XII secolo e Filippo Augusto in Francia nel XIII rimpinguano le casse dello Stato con i proventi delle imposte sulla prostituzione legalizzando di fatto i postriboli. E in tale logica i lupanari frequentati da una sola prostituta si trasformano in veri e propri bordelli chiamati "Maison de la ville" e alle volte controllati direttamente dall'autorità.
Tale controllo statale consentiva di scongiurare la proliferazione di bordelli gestiti da privati che immancabilmente diventavano veri e propri covi di malviventi e di epidemie di peste.
Inoltre il controllo statale regolava l'attività nelle vigilie e nelle feste religiose nonché la costruzione di nuovi postriboli che non potevano avvenire nelle vicinanze delle chiese o strade frequentate dai ricchi.

Oltre al Postribolum a controllo pubblico erano presenti altri luoghi in cui le ragazze si prostituivano, seppur illegalmente. Ad esempio le "ètuves", una sorta di bagni pubblici dove si recavano gli uomini più noti, e i "Bordelages", case private frequentate da moltissime ragazze, le quali si procuravano i clienti dalla strada.
Le ragazze provenienti da famiglie disagiate andavano da un'età inferiore ai venti anni per le ètuves e di 28 per i postribolum. Tutte quante dovevano essere iscritte in uno speciale albo pubblico e si impegnavano a pagare un lieve affitto alla comunità.
L'adescamento avveniva perlopiù per strada, fuori dalle chiese, nei mercati, ed al contrario della civiltà romana le prostitute non erano considerate un rifiuto della società, tanto che raggiunta l'età di trent'anni potevano ritirarsi a vita privata dedicandosi o a una vita conventuale o al matrimonio.


La clientela
Si calcola che quasi la totalità degli uomini avesse avuto almeno per una volta un rapporto di sesso con una prostituta. Inoltre anche gli ecclesiastici costituivano il 20% della clientela. Il bordello dunque oltre a rispondere a logiche di mercato ed economiche, poiché contribuiva ad alimentare le casse della amministrazione, aveva la funzione di regolatore morale che da un lato teneva lontano i giovani dal commettere reati più gravi facendone sfogare le proprie tensioni emotive e dall'altro consisteva nella difesa dell'ordine collettivo controllando l'adulterio, punito se commesso con donne di rango.


Tasse ed obblighi
A Roma, come era avvenuto tempo prima per la costruzione delle Terme di Caracalla e successivamente per il selciato di Piazza del Popolo anche la Basilica di San Pietro fu finanziata da una imposta sulla prostituzione che fruttò una somma quattro volte superiore a quella ricavata dalla vendita di indulgenze.
Le prostitute erano chiamate in gergo ufficiale Donne Curiali perché dipendevano direttamente dalla Curia che rilasciava regolare licenza di esercizio, assegnava determinati posti dove potevano svolgere la loro attività, imponeva la tassa sul mestiere e le costringeva tutti i sabati pomeriggio a recarsi nella chiesa di S. Agostino per ascoltare la predica al fine di ricondurle alla retta via.


Abbigliamento e Bellezza
L'abbigliamento di una prostituta di ceto medio/basso, era costituito dai normali mutandoni e sottovesti del tutto simili a quelle delle persone comuni. Solo nei quartieri adibiti alla prostituzione le ragazze potevano vestirsi anche con le sole mutande del tempo oppure, nei limiti del decoro, mostrare la propria mercanzia all'aperto.
A Napoli erano costrette a portare gonne sopra al ginocchio, per distinguersi dalle donne oneste mentre in Francia dovevano portare un laccetto rosso tra i capelli, lungo circa un braccio e mezzo.
A Bologna potevano andare in giro solo nei giorni di mercato indossando un cappuccio con un sonaglio.

Al contrario dei romani che adoravano le donne grasse, nel medioevo si riteneva bella una donna con grossa corporatura ma non grassa. Di sicuro erano out le donne gracili e magre secondo lo standard che la magrezza era sinonimo di carestia e malattie. Il seno doveva essere abbondante e la scollatura portata al limite della provocazione. La carnagione doveva essere più chiara possibile, tanto da far vedere le vene blu in trasparenza. Di contro il colore scuro della pelle abbronzata era proprio di chi stava al sole e svolgeva lavori umili.

Al tempo tutta la popolazione era solita lavarsi una volta l'anno per via dell'assenza o dell'inquinamento dell'acqua. Per cui, pur facendo molto uso di acqua di colonia e profumi vari, il problema principale del tempo era sicuramente il fetore.
Anche i trucchi, usati abbondantemente nell'epoca romana, vennero abbandonati. La donna, doveva essere più al naturale possibile e il viso chiarissimo con esclusione delle gote e del rossetto.
Non tutte le prostitute chiaramente corrispondevano a questi canoni visto che le condizioni sociali le relegava in uno stato di fame perenne e naturalmente l'abbigliamento, mezzo di attrazione, era generalmente volgare e vistoso.



In Sicilia
Nella Sicilia del 1200 le meretrici avevano l'obbligo di risiedere fuori le mura della città
e vietava la vicinanza di meretrici alla gente onesta. Nel 1300 a Palermo le meretrici dovevano abitare lontano dai quartieri dove viveva la "gente onesta". Stesso atteggiamento a Siracusa dove viene approfondito il concetto della contaminazione e quindi del pericolo di corruzione dovuto alla vicinanza con donne oneste.
Sempre nell'ottica del controllo del male necessario nel 1400 a Siracusa fu decisa la costruzione di un postribolo pubblico ratificato in seduta solenne dal parlamento siracusano. Si tenga conto che Siracusa al tempo era un fiorente porto di commercio internazionale per cui il fenomeno era molto sentito dalla popolazione. Giornalmente vi approdavano navi cariche di schiavi che incrementavano la prostituzione, esercitata oltre che nei luoghi autorizzati, anche clandestinamente nelle taverne.

Comunque, la prima casa autorizzata dalla legge e di fatto costruita, aprì i battenti a Messina nel 1432 durante il regno di Alfonso d'Aragona. Nell'editto era scritto a chiare lettere che "Le femmine non hanno diritto a preferenza in fra questo e quell'ospite. Tutti quelli che si presentano devono essere ricevuti e accontentati eccezion fatta per i leprosi, i briachi fuori di senno e coloro che mostrassero pustole e piaghe ripugnanti all'eccesso".

Per ragioni sempre legate al controllo dell'ordine pubblico si divisero le prostitute in diverse categorie: la donna innamorata, una specie di cortigiana del tempo, la concubina che frequentava uomini di elevato ceto sociale, la cantunera, cioè colei che si prostituiva per le strade, la “donna di partito†che esercitava nei luoghi autorizzati dalla legge, la schiava, costretta con la violenza a prostituirsi.


Il Cinquecento
Anche nel periodo rinascimentale la prostituzione sopravvive tra la proibizione e la tolleranza. Ad esempio Alfonso d'Aragona, re delle Due Sicilie, legalizzò di fatto lo sfruttamento condendo ad un suo confidente la "patente di roffiano". Era autorizzato, cioè, a tenere donne atte al meretricio in uno stabile civile, perché potessero concedersi all'ospite con pace e decoro. Il roffiano era autorizzato a tenere metà del prezzo pattuito, l'altra spettava alla donna.

Nei primi anni del Cinquecento assistiamo parallelamente alla nascita di una nuova figura, la Cortigiana, che, nella scala gerarchica a piramide, si va a collocare nella parte più alta. Il fenomeno, da sempre relegato nel postribolo, invade i palazzi della nobiltà e i salotti mondani più esclusivi. Le puttane diventano di lusso e per la loro capacità di intrattenere e di conversare grazie anche alla loro cultura acquisiscono importanza e potere. Di pari passo il sesso da sfogo e materialità si evolve inglobando la sfera della sensualità fino all'ora esclusa nel rapporto commerciale.

Le relazioni sessuali si inseriscono in una più ampia rete sociale e l'avvento delle amanti a corte rafforzano i legami tra persone influenti e regnanti. In Italia gli esempi di due favorite milanesi, Lucia Marliani e Cecilia Gallerani, evidenziano come il Ducato degli Sforza si sia rafforzato grazie alle due signore, le quali giocando sulla bellezza e la grazia, attizzarono i piaceri dei sensi ottenendo vantaggi in gioielli e proprietà .

Venezia
Anche a Venezia la prostituzione mai considerata illegale era sostanzialmente tollerata. Nella città lagunare si contavano al tempo oltre diecimila case da meretrici. Le istituzioni cercavano di limitare il fenomeno colpendo soprattutto i protettori e i mezzani e non le pute costrette a mendicar il viver suo facendo commercio con il proprio corpo. A Venezia i ruffiani erano obbligati a palesare il loro mestiere indossando abiti gialli.
Le prostitute dovevano rientrare in casa alla sera dopo la terza campana pena una multa e 10 frustate. 15 frustate era la pena per avvicinare uomini nel periodo di Natale, della Pasqua e altri giorni sacri. Non potevano frequentare le osterie e potevano girare per Venezia solo di sabato.
Un altro editto emesso nel XVI secolo rivelava un ulteriore preoccupazione e cioè quello che le prostitute riccamente abbigliate fossero scambiate per dame dell'alta società. Ragion per cui venne proibito alle puttane di strada di indossare oro, argento, seta e perle mentre le cortigiane di alto rango, quelle definite Honeste, potevano indossare lunghe e pompose gonne di raso.

Nella Venezia del Rinascimento si distinguevano due categorie di puttane: quelle di basso rango che vivevano in casa malsane e che erano frequentate dal popolino e quelle d'alto rango che, per la loro libertà, erano invidiate dalle nobildonne, schiave di mille regole. I loro abiti erano elegantissimi, famose erano le loro chiome biondo-rossastro, il famoso rosso Tiziano.

La prostituzione inoltre serviva a distogliere gli uomini dalla sodomia, pratica particolarmente diffusa nella Venezia del Cinquecento, per cui nessuno mai si sarebbe sognato di combattere l'adescamento e quindi il risveglio dei sensi maschili.
L'omosessualità era così diffusa nella Venezia del Cinquecento che il patriarca Antonio Contarini, a fronte di una solenne supplica da parte delle prostitute, alle prese con la carenza di clienti, decise di condannare a morte i colpevoli di sodomia tramite l'impiccagione sulle due colonne della piazzetta di S. Marco.

Secondo un censimento del 1509 si contavano 11.164 prostitute. La maggior parte abitavano nel quartiere delle Carampane e l'attività di concentrava tra Il Rio terà e il ponte delle Tette. Da sopra questo ponte le cortigiane si affacciavano con i seni scoperti per allietare i passanti. A volte si esibivano sopra i balconi, le famose donne alla finestra che in cerca di clienti esibivano i loro davanzali fioriti e profumati.


Roma
A Roma, i palazzi della curia erano pieni di questo tipo di donne e la Chiesa condannava duramente solo le puttane libere in quanto sfuggivano al controllo e al pagamento delle imposte. Infatti le comuni prostitute quando morivano non avevano diritto alla sepoltura cristiana e venivano inumate ai piedi del Muro Torto dove esisteva un cimitero sconsacrato che accoglieva tutti coloro che lasciavano questo mondo senza la benedizione della Chiesa.

Tuttavia queste povere donne venivano perdonate ed evitavano la vergogna di una simile sepoltura se ad un certo punto della loro vita peccaminosa, si pentivano o addirittura si facevano monache. Quindi le puttane in grazia di Dio avevano la possibilità di ritirarsi in un monastero in Via delle Convertite e dedicato a Santa Maria Maddalena, la più celebre prostituta convertita della storia.
La Chiesa anche in questa circostanza adocchiò il business e con l'ordinanza di Papa Clemente VIII si impose che tutti i beni di queste donne fossero devoluti al monastero che faceva da tramite verso le casse del Vaticano. In questi beni erano ricompresi anche le proprietà di quelle signore, la cui vita di piacere era stata scoperta solo dopo la morte. Le prostitute che invece facevano in tempo a redigere testamento erano obbligate a lasciare alle Convertite un quinto dei loro beni.

Roma poteva così continuare ad ornarsi di palazzi, chiese, fontane... Splendidi monumenti eretti grazie alla generosità di nobili e papi, ma finanziati dal mestiere più antico del mondo...

Con la crisi del Rinascimento assistiamo ad un rapido decadimento del fenomeno dovuto in gran parte al disprezzo esercitato dall'opinione pubblica motivato sia dall'aumento dei casi di sifilide e malattie infettive a contatto sessuale sia che i luoghi dove si esercitava tale attività divenivano sempre più ricettacoli di risse ed omicidi in forte aumento.
Da considerare che tale ostracismo e l'intervento dell'autorità e del clero diede una forte impennata ai prezzi e quindi relegando il fenomeno ad una attività di nicchia.
Siamo nel periodo della controriforma, quando furono chiusi i bordelli municipali e le ètuves e la Chiesa diede inizio alla "ghettizzazione" delle prostitute identificandole con segni distintivi come poteva essere per esempio il fiocco rosso.



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ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI:
http://it.wikipedia.org/wiki/Prostituzione_sacra
http://www.diogenemagazine.eu/home/index.php
Fonte: www.golemindispensabile.it (l'articolo integrale è QUI)
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