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Adamo Bencivenga
Data la circostanza
GENNAIO 2010
Data la circostanza era vestita di nero quando
attraversò il viale di magnolie della villa
dell’avvocato Terzi. Pioveva da giorni e solo in quel
momento il cielo nero aveva deciso di concederle una
piccola pausa, lei ne approfittò anche se l’unica sua
preoccupazione ora era dove mettere i piedi per non
infangarsi le scarpe. Un inserviente in livrea le corse
incontro riparandola con un ombrello più per servilismo
che per un’effettiva necessità. “L’avvocato la sta
aspettando…” Disse senza guardarla negli occhi.
Data la circostanza lei salì la scalinata di marmo
lentamente per via dei tacchi alti. La casa era in
penombra. L’avvocato la ricevette nel suo studio. Le
fece i complimenti per il tailleur ed il cappello. Lei
sedendosi accavallò le gambe. “Quando è successo?”
Sussurrò lui guardando oltre l’orlo della gonna sopra il
ginocchio. “Ieri sera dopo cena.” Rimasero in silenzio.
“Infarto dicono…” Riprese a voce bassa.
Data la
circostanza i due erano amanti o quanto meno tutto il
paese credeva che lo fossero, tranne il marito,
naturalmente. Ma ormai era morto. “Pace all’anima sua.”
Disse l’avvocato. “Ora pro nobis.” Rispose lei
rovistando nella borsa in cerca del suo ventaglio
comprato in viaggio di nozze in un negozio di Siviglia.
Data la circostanza il nome della donna era Margherita.
Aveva 21 anni, suo marito 57 anni più di lei. Si erano
sposati nel giugno del 2009, vale a dire sette mesi
prima. L’avvocato Terzi insieme ad un suo cugino
acquisito le fece da testimone di nozze. Margherita non
era incinta e non aveva mai aspettato, nonostante in
paese fosse corsa insistentemente la voce che lei a
settembre scorso avesse abortito. C’è chi giurava a
Messina, chi a Palermo, lontano da occhi indiscreti.
Comunque sia, nella cassaforte dell’avvocato Terzi
giaceva protetto da altre scartoffie un documento che
attestava la sua permanenza all’Ospedale Civile di
Catania nel reparto di Ostetricia. L’avvocato si
informò sul funerale. “Domani mattina alle 7 e trenta
vengono gli addetti alle pompe funebri. Il medico non mi
ha permesso di seppellirlo prima delle 24 ore.” Ancora
silenzio. L’orologio a cucù faceva le tre e venti.
“Peccato” Disse lui. “La salma verrà tumulata alle 13
dopo la Messa.” Disse lei, poi si alzò congedandosi.
Data la circostanza i due amanti non avevano ancora
consumato. Margherita si era chiesta a più riprese il
motivo di quell’attesa. Più volte l’avvocato le aveva
manifestato un forte interesse a parole, mai seguite,
nonostante la disponibilità evidente di lei, da
situazioni o fatti più o meno concreti. Le loro
manifestazioni d’amore al momento si erano risolte con
abbracci, teneri sorrisi e tante troppe parole e solo
una volta con uno breve e leggero sfiorare di labbra che
lei si ostinava a chiamare bacio. Lui non ricordava la
circostanza, mentre lei, nonostante i due si vedessero
in giorni regolari nel suo studio e sempre con le stesse
modalità, non aveva mai avuto dubbi sul giorno e l’ora.
Data la circostanza i due si conoscevano da
sempre, socio in affari di suo padre, fu lo stesso
avvocato a consigliarla e spingerla verso quel
matrimonio, facendole intuire, mai direttamente, che gli
eventuali disagi causati da quella scelta, potessero
essere alleviati altrove. Da lì quelle visite più o meno
clandestine che, da parte dell’avvocato, si risolvevano
in generiche consulenze legali, ma nel frattempo
gonfiavano le aspettative, le voci del paese e le
impazienze della giovane vedova ancora in attesa di
ricevere il dovuto. Rimaneva il dubbio su quel documento
chiuso in cassaforte, ma data la circostanza nessuno più
in paese avrebbe vociferato.
Lei
impercettibilmente fece un passo verso la porta, lui le
guardò ancora le gambe e la riga nera della calza che
era perfettamente diritta come un filo teso. Dopo altri
due passi lui la fermò chiamandola signora. Le disse di
aspettare. Lei chiuse gli occhi gonfiando il suo petto.
Attese senza voltarsi nella speranza di percepire il
profumo dolciastro alla menta del suo amante. Sentì solo
un rumore di chiavi. L’avvocato però andò verso la
parete alle sue spalle e spostando un quadro aprì la
piccola cassaforte. La pregò di avvicinarsi. Lei notò
l’intestazione dello studio del Notaio Margiotta e le
firme in calce dei figli di primo letto di suo marito.
L’Avvocato Terzi declamò le quattro righe
dattiloscritte. Nella carta si leggeva chiaramente che
il matrimonio ai sensi dell’art 3 della Legge n. 898 del
1970 era da considerarsi nullo. Le righe successive
riportavano esattamente i casi di nullità evidenziando
la frase: “Quando il matrimonio non è stato consumato”.
Lei si bloccò, le mancò il respiro, era evidente che
i figli di primo letto avrebbero voluto escluderla
dall’asse ereditario. Lui si alzò rimanendo in piedi
dietro la scrivania in radica gialla. Non le chiese se
per qualche circostanza a lui non nota lei potesse
dimostrare il contrario e che quindi ci fossero i
termini per un ricorso immediato.
Data la
circostanza nessuno dei due parlò. L’avvocato allora
decise di mettere al corrente la sua bella dama in nero
di una seconda lettera, questa volta scritta di pugno
dalla figlia di primo letto di suo marito Isabella e
firmata anche dai fratelli maggiori Sante e Linuzzo
inviata direttamente all’Avvocato Terzi. Nella seconda
pagina veniva indicato perentoriamente il giorno
precedente al funerale come data ultima per effettuare
la visita ginecologica di controllo. Margherita fece due
conti. “Quanto tempo ancora?” Lui la guardò
intensamente. “Oggi pomeriggio alle 16,30 presso lo
studio del Professor Veneziani.” Rispose suonando il
campanello. Lei si sedette in preda ad un leggero
giramento di testa.
Data la circostanza il
maggiordomo entrò con due tazze di succo di limone e di
arancia e dei pasticcini all’uvetta sopra una fiamminga
antica d’argento. Margherita notò i guanti bianchi da
cameriere del maggiordomo, l’avvocato invece adagiò i
suoi occhi sul vestito a lutto della signora. Il
maggiordomo si sentì in dovere di dare le giuste
spiegazioni e avvisò l'avvocato che Giovanni, il
cameriere di turno, aveva avuto un incidente con l’auto
nei pressi della Madonnella e più precisamente lungo il
curvone che portava in paese. Due ulivi secolari
l’avevano salvato e per miracolo non era finito in mare.
Data la circostanza l’avvocato non sembrò dare
peso all’avvenimento, anzi ritenne inopportuni i
dettagli del curvone, degli ulivi e della Madonnella.
Lei ne approfittò per scostare leggermente la veletta
dal viso e per bere il succo di limone e arancia.
L’avvocato notò il colore del suo nuovo rossetto. Si
chiese se fosse lecita quella tonalità decisamente
accesa in quella circostanza, ma data la stessa
circostanza la guardò intensamente. Gli occhi celeste
normanno di lei tennero lo sguardo del suo amante.
Entrambi si voltarono contemporaneamente a fissare
l’orologio sulla parete di lato. Mancava solo un’ora.
Subito dopo il maggiordomo guadagnava l’uscita e si udì
distintamente il tintinnio delle tazze intervallato
dall’andatura claudicante del maggiordomo.
Data
la circostanza squillò il telefono, la signora Terzi,
maestra elementare al Giovanni Verga, comunicò al marito
che avrebbe fatto più tardi del solito, l’ora di
catechismo si era protratta a causa di un incontro non
previsto con la madre di una sua alunna. L’avvocato si
alzò, ripose i documenti nella cassaforte e si lasciò
andare ad un sospiro evidente. Fu impossibile per lui
non pensare alla casualità degli eventi. Fece mezzo giro
di scrivania e posò le sue mani calde sulle spalle di
Margherita. Non passarono che attimi e lui vide
chiaramente il collo della sua amante imperlarsi di
piccole gocce di sudore. Non la baciò, ma data la
circostanza lei si tolse il giacchino nero adagiandolo
sul bracciolo dorato della poltroncina di fianco. Lui
notò la sua pelle chiara, segno che la bella stagione
non era ancora alle porte. Lei apprezzò quella leggera
pressione di quelle mani e si sentì protetta.
Data la circostanza passarono solo alcuni minuti. Le 16
vennero prima del previsto. Lui chiuse a chiave la
porta, lei si adagiò sul divano in penombra consapevole
del sacrificio. Non durò molto, data la circostanza solo
una manciata di minuti, forse sette. Lui si dimostrò
maschio sin dall’inizio, lei femmina dopo i preliminari
che durarono il tempo della lunghezza della lampo del
vestito. La passione poi prese il sopravvento nonostante
i due utilizzassero tutta la tecnica possibile per
rendere incontrovertibile l’aspetto di lei. Durante
l’amplesso lui non perse mai di vista l’obiettivo finale
che avrebbe vanificato il documento di Isabella e dei
figli di primo letto Sante e Linuzzo.
Data la
circostanza lui la penetrò a più riprese assumendo la
postura naturale tra maschio e femmina, lei sembrò
gradire agevolando per quanto possibile la tecnica
utilizzata e soprattutto l’impeto del maschio. Non subì
alcun trauma della prima volta, né della seconda che
avvenne immediatamente dopo la prima cambiando
posizione. Naturalmente il Professor Veneziani
avrebbe accertato la recente consumazione, ma non era
quello il problema. Durante l’amplesso lei gli chiese a
più riprese con recitato imbarazzo se anche altre parti
del suo corpo fossero state oggetto di visita. Data
la circostanza lui le disse per due volte “tesoro” ed un
“ti adoro” di passaggio quasi involontario. Lei non
disse nulla, ma sorrise gemendo. Si baciarono
ardentemente solo poco prima della seconda unione, lui
poi preferì chiudere gli occhi e concentrarsi per l’atto
finale che si concluse con un’esplosione fragorosa.
Margherita sorpresa da quell’ardore e per questo motivo
non del tutto sazia si voltò dando le spalle
all’avvocato e, pur rendendosi conto della posizione non
consona e non adatta ad una signora, cercò di favorire
l’appetito del maschio e l’eventuale terza insolita
consumazione che però non avvenne per questione di
tempo.
Data la circostanza i due corpi stremati
rimasero uniti per altri venti interminabili secondi. Un
chiaro segnale che andava oltre il sesso appena
consumato, al quale lei diede più importanza del
necessario. Data la circostanza alle 16,15 precise,
il maggiordomo bussò delicatamente alla porta. Quello
era il segnale. Si udì chiaramente un rumore di motore,
ruote e ghiaia. L’avvocato si ricompose specchiandosi
sul tavolino lucido in pietra rosa. Andò verso la
finestra. Da una piccola fessura della persiana chiusa
vide l’auto nera di sua moglie. Margherita rimase ancora
un attimo distesa, si guardò attorno soffermandosi sul
lampadario di cristallo a gocce. Poi volse lo sguardo
verso l’uomo, lo avrebbe voluto ancora sopra di lei,
oppure di fianco quando si era sentita chiamare tesoro,
ma data la circostanza sapeva che non avrebbe più messo
piede in quella casa. Poi si alzò di corsa, prese la
borsa e la giacca guadagnando la porta. Non si
salutarono.
Data la circostanza fuori aveva
ricominciato a piovere, lei camminava riparata
dall’ombrello del maggiordomo facendo attenzione a non
sporcarsi le scarpe. Vide la macchina nera parcheggiata,
ma non incontrò la moglie dell’Avvocato Terzi. In taxi
ripensò piacevolmente all’accaduto, si congratulò con se
stessa per le due lettere. Compose il numero dello
studio medico del Professor Veneziani per disdire
l’appuntamento. Appena a casa avrebbe chiamato sua
sorella ringraziandola per aver seguito alla lettera le
sue istruzioni. Vale a dire, fermare all'uscita della
scuola Giovanni Pascoli la maestra della figlia
Virginia. Così facendo aveva rimandato di un prezioso
quarto d’ora il ritorno a casa della moglie
dell’avvocato.
Data la circostanza disse
cortesemente al tassista di affrettarsi. Lungo il
curvone all’altezza della Madonnella c’era una noiosa
coda di auto dovuta all’incidente. Avrebbe di sicuro
fatto tardi, suo marito la stava aspettando e ovviamente
godeva di ottima salute. Anzi tra non molto avrebbe
iniziato a preoccuparsi per il suo ritardo. Per giunta
rammentò che non aveva ancora dato ordini alla servitù
per la cena di quella sera. Poi però si rilassò
guardando il mare oltre gli olivi. Il suo progetto era
stato perfetto senza alcuna sbavatura. Convinta che
nessun'altra motivazione avrebbe smosso l'ardire del
bell'Avvocato, si congratulò di nuovo con se stessa
godendosi il lungo strascico di quel benessere
procurato.
A quel punto mandò un messaggio
all’avvocato Terzi ringraziandolo per la piacevole
giornata. Nel minuscolo specchietto ravvivò le sue
labbra, un ghigno di soddisfazione rallegrò il suo
giovane viso.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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