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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
Il Signor Bell
Martedì
La Signora Livingstone

 


 
 


Il Signor Bell era un gentiluomo, dopo pranzo si concedeva il meritato riposo seduto sulla poltrona davanti alla finestra in sala da pranzo. Finiva di leggere il suo giornale preferendo alle notizie politiche la pagina degli annunci economici. Aveva sempre avuto un ottimo fiuto per gli affari. Ricordava con piacere la volta, quando per poche centinaia di sterline, era riuscito a comprare una coppia di antiche etagere in stile Art-Nouveau o quando, tramite un rigattiere amico di suo padre, si era portato a casa per meno di mille sterline una ribalta in melo e sicomoro risalente all’ultimo quarto del XVIII secolo e proveniente molto probabilmente dalla Francia meridionale.
Ora era quasi impossibile trovare pezzi di antiquariato autentici, si lagnava spesso che il mercato di antichità era sempre più invaso da copie cinesi e falsi grossolani fatti in casa.

Dicevamo, quasi sempre dopo il caffè aromatizzato alle bacche di ginepro, s’appisolava reclinando la testa su un fianco. Sua moglie amorevolmente accostava le tendine panna riponendo con cura il giornale sopra la sedia. Al pomeriggio Bell non sognava quasi mai, preferiva la notte per concedere ad un sonno più lungo l’eventualità mai remota d’un discreto piacere.

Tutti i giorni, tranne il sabato e la domenica, la Signora Bell lo svegliava alle quattro in punto. Tutti i giorni alle quattro e un quarto andava a controllare la cassetta della posta. Ogni martedì generalmente riceveva notizie dalla Sweet & Word Inc. Giocare con le parole era il suo hobby preferito. Bell andava molto fiero di questa corrispondenza. Ormai collaborava con la prestigiosa casa editrice da almeno dodici anni.
Nella fattispecie il gioco consisteva nello scrivere brevi frasi d’amore che facessero in qualche modo riferimento ad un bacio. Le più belle venivano poi stampate sulla stagnola di una nota marca di cioccolatini.
Quel martedì il Signor Bell era particolarmente contento. Cacciò un urlo di gioia leggendo che la sua ultima frase era stata accettata: “Nel fondo di ogni anima ci sono tesori nascosti che solo un bacio può scoprire.” Era la seconda volta che succedeva nell’arco di un mese. Due settimane prima era stata la volta di: “Ogni grande amore comincia con un bacio.”

Chiamò sua moglie mentre ripassava per la terza volta la lettera di congratulazioni.
“Ketty, Ketty…” Lei intuì che dovevano esserci buone notizie. Poche volte era successo di sentirsi chiamare in quel modo affettuoso.
Sulla porta di casa partecipò all’incontenibile gioia di suo marito sorridendo sincera, anche se spesso si domandava da dove potesse uscire tutta quella dolcezza che, a suo dire, suo marito non aveva mai dimostrato in altre occasioni.
L’abbracciò più volte, addirittura stringendole i fianchi e saltellando su un piede, ma era una gioia effimera, in effetti il Signor Bell non riceveva alcun compenso da quella attività tranne naturalmente la soddisfazione di ricevere di tanto in tanto qualche scatola di cioccolatini in omaggio.

Tutti i martedì alle cinque in punto il Signor Bell e signora suonavano alla porta della Signora Livingstone. La dirimpettaia li riceveva nel salotto con la teiera già fumante sopra il tavolo.
La Signora Bell naturalmente non si presentava mai a mani vuote, di solito, optava per una semplicissima torta di mele e ribes oppure per una Carrot cake, una torta sofficissima a base di carote con l’aggiunta di noci. La cosa più golosa, a detta di suo marito, era la farcitura con tenera crema al formaggio dolce.
Dopo i primi convenevoli la Signora Livingstone precedeva gli invitati fino in sala da pranzo. Era un rito che durava da anni e nessuno dei tre dava cenni di stanchezza.

S’accomodarono attorno al tavolo quadrato in stile Regency di fronte ad un enorme specchio dorato che occupava l’intera parete destra. Bell come al solito fu rapito dalle tante nature morte appese sulle pareti restanti.
La Signora Livingstone, come ogni martedì, aveva preparato del pane da tè con mascarpone ed erba cipollina e piccoli sandwich farciti con formaggio cremoso, prosciutto piccante e salmone.

Dopo il primo sorso di tè, la prima a prendere la parola era rigorosamente la padrona di casa la quale cercava di intrattenere gli ospiti parlando del tempo e di salute, sapendo benissimo che l’interesse di Bell si accendeva esclusivamente sul gossip di quartiere.
Dopo un attimo di pausa studiata riprendeva con voce di più sussurrata:
“Signor Bell, oggi ho visto la Signora Pinball rincasare più presto. Saranno state le dodici, davvero un’ora insolita! Indossava un vestito nuovo ed un ordinario paio di scarpe da pioggia…” Se gli altri tacevano si passava ad un altro argomento.
“Signora Livingstone, il Signor Murder stamane non ha portato il cane a spasso. Oddio che splendida creatura, dicono sia di razza.”
“Signor Bell, purtroppo il Signor Murder ultimamente ha avuto dei gravi problemi di salute. Si è allettato da lunedì scorso. Per caso ho parlato con una sua vicina di casa. Sembra che durante la notte gli prendano dei forti attacchi di tosse secca. Il Dottor Lionel finora non si è pronunciato. Comunque Signor Bell, mi spiace contraddirla ma il cane del Signor Murder non è per nulla di razza!”
In effetti Bell non si intendeva di razze di cani, ma vista la sua leggerissima permalosità passava immediatamente ad un altro argomento.
“Signora Livingstone, ho notato che i Mason non mandano più le loro figlie a scuola. Sapevamo tutti che avevano incontrato delle enormi difficoltà e probabilmente avrebbero perso l’anno, ma mi sembra alquanto stravagante questa decisione. Non le pare?”

“Signor Bell, purtroppo i giovani d’oggi hanno troppi grilli per la testa, e la scuola è diventato un luogo di divertimento per non dire di perdizione. Quindi sostengo la decisione di Peter Mason, un brav’uomo! Fa tanti sacrifici per quelle due figlie. ”
E così via finché il Signor Bell non chiedeva un’altra tazza di tè.

Oramai tra loro si era stabilita una certa confidenza e quindi potevano permettersi di riprendersi e contraddirsi, sempre all’insegna di un estremo e cortesissimo garbo.

La Signora Bell di solito assisteva in silenzio e rimaneva fino alle cinque e trenta. Mai un minuto oltre. Alla seconda tazza bollente di suo marito, alzandosi in piedi si scusava con la Signora Livingstone per via dei molti impegni che ancora l’attendevano a casa: la cena, la biancheria da stirare, la gabbia della merla da rigovernare, le viole da annaffiare.

Quando la porta si chiudeva, per almeno un quart’ora, i due tacevano. Dopodiché la Signora Livingstone s’avvicinava alla finestra, scostava leggermente le tendine di San Gallo per accertarsi che nessuno sguardo indiscreto fosse nei dintorni. Ora più tranquilla chiudeva gli occhi in segno di assenso e s’accomodava sulla poltrona accanto al caminetto, non prima di aver indossato un finissimo paio di guanti di pizzo nero.
Quegli istanti erano il momento più bello di tutta la settimana e per compiacersi tirava un grosso sospiro di sollievo attendendo pazientemente il momento che l’ospite gradisse anche l’ultima goccia della sua seconda tazza di tè.

Delicatamente Bell adagiava la tazza sul vassoio. Era quello il segnale!
La Signora Livingstone apriva il giornale alla pagina delle parole crociate a schema libero non completate. Nonostante s’impegnasse per tutta la settimana difficilmente riusciva a terminarle. Insieme a Bell rileggeva le ultime definizioni non ancora risolte e così facendo alzava leggermente la gonna. Oramai erano gesti usuali, nessuno dei due mostrava eccessivo disagio o smisurato entusiasmo. Da quel momento in poi il Signor Bell non le staccava più gli occhi di dosso, rispondeva pazientemente alle domande informandosi ogni volta sulla lunghezza della parola ed eventualmente sulle lettere già inserite. Tutto questo, naturalmente, seguendo centimetro per centimetro quell’invisibile movimento in salita della gonna della sensualissima signora.

La Signora Livingstone vestiva sobria, mai un eccesso di stravaganza aveva contraddistinto la sua silhouette. I capelli biondo cenere che sfioravano leggermente le spalle le davano gli anni che aveva. Erano quasi coetanei. Si conoscevano da tempo, ma tra loro non c’era stato mai nulla di tenero, come del resto ora, uno davanti all’altra separati da una teiera ancora fumante, divisi dal garbo e dalla creanza che li caratterizzava.

La padrona di casa andava fiera della sua bellissima teiera antica in argento sterling e con il manico in legno di ebano. Ogni volta per farla notare al Signor Bell declamava l’aroma del tè sostenendo che era tutto merito di quella teiera con i punzoni della città di Birmingham ed un beccuccio smerlettato abbellito da una foglia stilizzata.

“La prego Signor Bell, gradisca un’altra tazza di tè ed una fetta di torta.”
Era brava la Signora Bell a preparare torte di mele e ribes, come altrettanto lo era la Signora Livingstone a stirare la camicetta di seta a pieghe e volant che mostrava orgogliosa mentre la mano sinistra accompagnava senza strappi il movimento leggero della gonna.

L’ospite, non perdendo un attimo di quei dettagli, la guardava attentamente. Sapeva che non era bella, sapeva che null’altro l’avrebbe attratto di lei se non quel leggero movimento continuo, quel fruscio di stoffa di gonna che s’alzava al contatto delle calze di seta.
Preso dalla situazione ogni volta esclamava: “Nessuna altra donna avrebbe la sua grazia, madame!”
La Signora Livingstone andava fiera di quella frase, perché riteneva il suo ospite un vero intenditore. Lui di contro si vantava di frequentare le vetrine di città e giurava solitamente di non averle mai viste indosso ad altre gambe.

Da sette anni dalla morte del suo povero marito la Signora Livingstone delegava alle sole mani i suoi momenti di intimità. Non era bella la Signora Livingstone, ma su quella poltrona sedeva come una regina.

Di famiglia molto benestante aveva sposato all’età di 27 anni un ufficiale di Marina. Suo marito, dopo qualche settimana dal matrimonio, in circostanze mai chiarite, durante un’operazione di addestramento lungo le coste islandesi, subì un incidente piuttosto serio che gli tolse l’uso delle gambe ed altro.
Dopo un lungo decorso fu congedato, ma non si riprese mai. Passò gli ultimi anni rintanato in casa, senza mai mettere il naso di fuori. Chiaramente i coniugi Livingstone non ebbero figli.

Ebbene dal giorno di quel tragico incidente la Signora Livingstone non aveva più ricevuto ogni sorta di attenzione. Il Signor Bell, che era un gentiluomo, aveva saputo quelle notizie, alquanto riservate, per sentito dire e non ne aveva mai parlato con la diretta interessata. Neppure in questi momenti di forte intimità, osava chiedere della sua astinenza e come aveva potuto resistere così tanto tempo. Si rendeva conto che non sarebbe stata una domanda facile e sinceramente non avrebbe saputo da dove iniziare.
Doveva però ammettere che in tutti questi anni di vicinato non c’era mai stato il minimo pettegolezzo nei confronti della Signora Livingstone. Per questo l’apprezzava e rispettava il suo rigore morale.

Onestamente avrebbe voluto metterla al corrente delle sue considerazioni, e, soprattutto, saziare la sua curiosità di uomo adulto. “Come può una donna resistere per tanti anni?” “E come mai ancora oggi, dopo una così lunga vedovanza, non sentiva l’istinto di approfondire carnalmente l’argomento?”

Questo pensava Bell mentre la osservava, ma avendo i minuti contati, si ripromise di cogliere l’attimo in un’altra occasione.
In effetti non era concesso loro restare ancora a lungo, almeno non oltre un tempo considerato lecito per una terza tazza di tè e per completare lo schema libero.

Lui la fissava senza mai sbattere le palpebre, senza mai un gemito d’approvazione o un respiro più pesante, la guardava come se davvero ci fosse il solo interesse di finire le parole crociate o se le stesse raccontando l’ennesimo pettegolezzo sulla moglie del Signor Harris.

Il Signor Bell, che era un gentiluomo, adorava la Signora Harris ed alle volte una punta di pensiero trasgressivo in quella situazione con la Signora Livingstone lì di fronte, non era poi tanto male.
La Signora Harris era una donna a dir poco affascinante, ma era considerata da tutti troppo frivola per il modo di camminare, l’uso dei colori nel vestirsi e soprattutto per le frequenti permanenze in città. A differenza delle altre donne del quartiere indossava sempre cappellini eccessivi dalle tinte forti e fuori dal comune.
Il Signor Bell ogni martedì tra una parola crociata ed un morso alla torta di mele si riprometteva di seguirla, almeno per scovare il negozio dove si riforniva di quei cappellini sgargianti. Sognava di prendere l’autobus insieme a lei e magari di concederle il suo posto per poterla ammirare più da vicino, ma al momento si accontentava di vederla passare quando rincasava.

Ora però non voleva distrarsi totalmente e si concentrò su quelle ultime definizioni che considerava insolitamente più difficili e soprattutto su quell’impercettibile movimento della mano che ad arte saliva senza mai arrivare.
“Il casato di Giorgio III. La prima lettera è un’acca.” Disse la Signora Livingstone cercando di aiutarlo.
“Hannover.” Rispose soddisfatto Bell, tirando un respiro di sollievo.
“Armadio francese.”
Il Signor Bell non ebbe dubbi. “Armoire!” Disse sorridendo. Aveva seguito in gioventù un corso accelerato di francese e si vantava di conoscere almeno un migliaio di termini tra i più utilizzati.

Tutti e due sapevano già quale sarebbe stata la fine. C’erano volute parecchie settimane per acquistare quella sintonia, per essere reciprocamente soddisfatti senza risentimenti, parecchie ore per affinare i propri gusti.
Il Signor Bell riteneva intollerabile andare oltre il punto stabilito, la Signora Livingstone un disonore eccedere alla stravaganza d’essere ancora più ammirata.

“Signora Livingstone oggi la vedo più attraente.”
Ogni martedì ripeteva la stessa frase nel momento esatto in cui lei riponeva il giornale e la gonna arrivava al primo bordo più chiaro della calza color carne. Di pronta risposta la Signora Livingstone accavallava addirittura le gambe poggiando tutte e due le mani inguainate dal pizzo nero sulle pieghe della gonna.
Quando l’orologio sulla porta dell’ingresso batteva le sei la gonna della Signora Livingstone aveva completato il tragitto.

Il Signor Bell che era un gentiluomo s’intratteneva ancora qualche secondo ad estasiarsi di quel contrasto tra il nero dei guanti e la trama chiara della calza, intuendo lo spicchio di pelle impercettibile tra il bordo e l’orlo della gonna, che mai e poi mai avrebbe voluto vedere interamente nudo.
Considerava questo momento il più intenso di tutti i martedì, soprattutto perché da vero trasgressore rubava una manciata di minuti dopo lo scoccare dell’ora lecita sfidando, in un tacito consenso, gli occhi del quartiere da dietro le tendine.

Alle sei e zero cinque si esauriva anche il tempo complice. La Signora Livingstone estasiata da tutta quella attenzione s’alzava discreta mentre il Signor Bell, che era un gentiluomo, guadagnava la porta aspettando il regalo pattuito. Passavano secondi indimenticabili fino a quando la Signora Livingstone, tornata in ingresso, gli porgeva una bustina di carta con la marca di John Smedley Lt, un’antica merceria di Londra in Regent Street. Lui maneggiava la bustina per accettarsi che contenesse quei bellissimi guanti di pizzo nero, che fino a poco prima erano stati il simbolo della loro trasgressione, magicamente in contrasto con la seta color carne.
Era soddisfatto il Signor Bell, mai e poi mai avrebbe potuto rinunciare a quel regalo. A quel punto e solo a quel punto con un piacere malcelato tirava fuori dalla tasca il dovuto molto generoso.

“Buonasera Signor Bell. Grazie per l’aiuto. Senza di lei non sarei mai riuscita a finire le parole crociate. Questa settimana erano davvero difficili” Diceva la signora prendendo delicatamente il dovuto e a voce molto alta in modo che chiunque fosse passato avrebbe potuto ascoltare nitidamente quel saluto molto formale.
“Buonasera Signora Livingstone. Grazie a lei per lo spassoso passatempo” Rispondeva lui non prima di aver nascosto nella tasca sinistra la preziosa bustina e di aver salutato l’affascinante ospite con un impercettibile inchino.



 


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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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Immagine  Renè Magritte - Le Fils de l'Homme

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