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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
Tutto in una notte 4

 

anna koudella


 



CAPITOLO X


Bussano alla porta, sarà l’amante che piange cacciato di casa, sarà il nipote della signora che chiede un cavatappi, la polizia che ha trovato il maniaco o semplicemente un marito che si è scordato la chiave?
Sarà, ma non mi sento sicura di questa notte che potrebbe tirare fuori dal cilindro un altro coniglio di colore ancora diverso. Oltre ai bottoni allaccio e stringo la cintura della vestaglia per prevenire ogni intenzione, perché chi suona a quest’ora può essere solo un uomo che chiede o ti fa chiedere aiuto.

Guardo dallo spioncino, è un tizio abbronzato con la barba ed i baffi, non ha la faccia da marito, ma il cappello da poliziotto. Apro.
E’ un bell’uomo, gli occhi profondi e scuri, avrà la stessa mia età, sa di liceo, lo riconosco immediatamente. Mi sorride, poi mi guarda più attentamente e ad un tratto si fa serio, no anzi perplesso.
“Ci conosciamo vero? Dice tra il dubbioso e il sarcastico.
“Beh direi proprio di sì, visto che siamo stati compagni di scuola, di classe e per un periodo limitato anche di banco…”
“Eh non solo…”
“Già.” Rispondo sospirando.
“Aspetta fammi ricordare… Marianna… Marianna DeSanti, ma che ci fai qui?”
“Fino a prova contraria ci abito e tu? E comunque non ci provare… di sicuro prima di bussare mi avevi già fatto dieci lastre comprese le analisi del sangue…”
“Davvero, credimi…”
“Non dire bugie Renzo Salvetti, noto secchione della sezione A, dove sono finiti i tuoi brufoli?
Ci abbracciamo.
“Ma che piacere!” Dice. “Quanti anni!”
“Hai fatto carriera, vedo!” Indico una serie di stellette e mostrine sulla giacca della divisa. “Immagino tu sia qui per il maniaco! Dai entra, ti faccio un caffè…”
“Oh grazie, ma sono in servizio e come sai stasera qualcuno ci sta facendo fare gli straordinari.” Dice ridendo.
“Renzo, aiutami davvero, sto impazzendo! Questo cavolo di telefono non smette di squillare. Praticamente non ho chiuso un occhio per tutta la notte.” Evito gli altri argomenti.
“Le mie colleghe mi hanno riferito, ma stai tranquilla ti stiamo proteggendo, no?”
“Sì, sì grazie. Ma davvero è un maniaco?”
“Una volta catturato, poi ti farò sapere, ora non posso dirti nulla.”

Rimaniamo un attimo in silenzio.
“Dai, dimmi, allora, ti sei sposato? Hai figli?”
“No, no, per l’amor del Cielo, niente moglie e niente figli. Ci sono andato più volte vicino. Due convivenze andate a male e alla fine il destino mi ha aiutato! Ora sto bene, vivo da solo in una villetta fuori città. E tu?” Sorride.
“Lo sai no? Le tue colleghe erano al corrente di tutto. Ebbene sì vivo da sola…
Mi tiene la mano.
“Sei rimasto uguale Renzo! Sorriso sornione e taciturno. Ma sai che ogni tanto ti penso? Io devo ancora ringraziarti per avermi aiutato agli esami!”
“No, non ricordo…” Abbassa lo sguardo ma si vede che non sa fingere.
“Come non ti ricordi, mancavano pochi minuti alla fine dell’esame ed io non riuscivo a risolvere i quesiti di matematica. Praticamente il foglio era bianco ed ero entrata nel pallone. Poi come un angelo, mi sei passato accanto e hai fatto scivolare sulla mia gonna il fogliettino delle soluzioni.”
“Ma sei sicura che sono stato io a passarti quel foglio? Mi sembra una cosa molto illegale!”
“Ah giusto dimenticavo, ora sei un poliziotto e non puoi tollerare… Chiedo umilmente scusa per averti ricordato la tua innocente trasgressione. Tuttavia volevo ringraziarti lo stesso perche da quel gesto è cambiata la mia vita.”
“Dio, che responsabilità, comunque se vuoi sdebitarti puoi farlo quando vuoi…”
“Allora una di queste sere ti invito a cena, ok?”
“Solo a cena?” Ride.
Avverto in lontananza il suono di un campanellino d’allarme. Dico io, stasera non me ne va bene una. Ma tutte a me devono capitare?

“Vabbè dai, faccio uno strappo alla regola! Prendo volentieri il caffè.”
“Seguimi in cucina, dai!”
Ci mettiamo seduti. “Beh sai quel bacio lo ricordo… eccome!”
“Mio caro poliziotto, sai benissimo che non fu solo un bacio…”
Mi accendo una sigaretta. Naturalmente lui non fuma. Nessun vizio e nessuna trasgressione. Mi sento più tranquilla.
“E tu? Ti sei sposata?”
“Renzo, è una storia lunga, comunque vivo sola e questa notte è l’emblema della mia vita! Sono separata da un marito che stanotte s’è perso le chiavi di casa, ho un’amante sposato con prole che stanotte sotto minaccia ha deciso di dire tutto a sua moglie chiedendo il mio appoggio, poco fa ho fatto l’amore o meglio sono stata violentata dal marito della mia migliore amica…” Mi stupisco della mia confessione così estemporanea e sincera.
“Violentata?”
“Tranquillo, tranquillo, violentata per modo di dire, tutte e due maggiorenni e consenzienti. Mi ero dimenticata che con voi devo misurare le parole…”

Rimaniamo per un attimo in silenzio, vedo che sta elaborando.
“Renzo non devi cercare le parole per farmi piacere, in effetti, a parte il lavoro, di tutto il resto potrei farne un pacchettino e buttarlo al primo cassonetto della differenziata.
“Sai anche la mia vita finora è stata un’odissea! Comunque sono single per scelta. Che peccato esserci allontanati. Ero innamorato pazzo di te, te lo ricordi vero?”

Un odore di gomma e caffè bruciato satura in un attimo la cucina.
“Oddio, il caffè! Che sbadata!” Mi alzo, spengo il fornello.

Lui ride. “Tu non ci crederai, ma stanotte non è la prima volta che mi succede… Mannaggia, aspetta, lo rifaccio, questo non si può bere… Hai tempo?”
“Non preoccuparti, ora che ti ho rivisto, non mi faccio scappare facilmente l’occasione e poi finalmente ti do la possibilità di sdebitarti, no?”
Altro campanellino d’allarme…
“Ma scusa non eri in servizio? E quelle tue due povere colleghe le lasci da sole alle prese con il maniaco?”
“Il telefono è acceso, se hanno bisogno di aiuto chiamano. Sono o non sono il loro capo!”
Così dicendo si alza e mi viene vicino. E’ dietro di me, sento il suo odore, di legge e divisa, di autorità e protezione. Sento le sue mani sopra i fianchi. Sono mani sicure, ferme, non hanno bisogno di essere guidate, sanno già cosa fare, dove andare e dove rifocillarsi.

“Renzo smettila, ti ho appena detto che sto passando una notte d’inferno, di essere stata violentata, non sono dell’umore giusto e poi ora non c’è tempo. Per il ringraziamento ci organizziamo!”

Come se parlassi al vento… Non mi sente, mi bacia il collo. Ora riconosco quella bocca, sento le sue labbra sopra le mie, sento la sua voglia contro la mia. Sa di liceo e di ricordi, di quella volta sul divano di casa sua. Era una domenica, i suoi erano fuori, la televisione accesa.
Successe come la nebbia d’inverno o un temporale d’agosto, come una malattia… Non fu bello, intenso, fu, perché doveva succedere, perché eravamo compagni di banco, perché ridevamo ad ogni battuta sulla professoressa di latino, perché abitavamo nello stesso quartiere ed ogni mattina alle sette aspettavamo insieme l’autobus alla stessa fermata. Successe perché portava i capelli lunghi ed io non portavo il reggiseno, perché il giorno prima avevamo preso sei meno meno al compito di francese.
Successe, ma poi all’orizzonte si materializzò Fabio e ciò che era successo non successe più. Mi scrisse un tir di lettere, la maggior parte delle quali passarono direttamente dalla cassetta della posta al secchio delle immondizie.

Poi dopo l’esame di maturità non ci vedemmo più, anche se ogni volta che presentavo il mio diploma e vedevo il voto pensavo a lui. Ed ora eccolo qui, dietro di me con le sue mani a piovra.
“Colpa mia.” Sussurro. “Involontariamente ti ho dato lo spunto.”
“Prima del poliziotto viene l’uomo…” Mi dice allentandomi la cintura della vestaglia.
“Me ne sono accorta.”
Ma è solo un attimo, ora sento le sue mani più leggere, ora impalpabili, come se non avessero perso di colpo l’energia. Mi lascia lì davanti ad i fornelli e si rimette seduto.
“Renzo, cosa c’è, non è che desidero invogliarti, o mi dispiaccia il tuo buon senso, ma mi sembra tutto così strano… come dire… anormale.”
“Scusami Marianna.” Non sa dire altro.
“Sai a cosa mi hai fatto pensare? Ad una prova, un tentativo… Come se volessi ribadire a te stesso qualcosa…”
“Oh Marianna, non sei cambiata affatto, sei rimasta una donna sensibile, profonda e intelligente!”
“Anche un bambino ci sarebbe arrivato!”
“No, no, per questo ero innamorato perso di te! Marianna sei l’unica donna che ho avuto e voglio ancora. Sento per te un affetto come dire… familiare come se fossi una sorella!”
“Sorella???”
“Dopo di te nulla! Non ho avuto più rapporti con donne. Praticamente sei stata la sola!”
“Scusa, scusa… spiegami… Questa è la nottata delle confessioni. Poco fa ti ho detto di essere stata violentata e tu mi stai dicendo ora che oltre me non hai avuto altre donne?”
“Esatto.”
“Ma non mi riferisco a rapporti affettivi duraturi. Dico meri e occasionali rapporti sessuali…”
Annuisce.

Mi metto seduta accanto a lui. Respiro profondamente. Ora voglio sapere!
“Fammi capire Renzo… mi stai dicendo che sei gay?”
Mi guarda, il suo sguardo è pieno di dubbi. Ma è sul punto di cedere, lo sento.
“Quando parlavi di quelle convivenze, parlavi di uomini, vero?”
Non risponde ma il suo mutismo è più di una conferma.
“… E questa situazione non l’hai mai accettata e la vivi male…” Capisco.

Mi sento tanto una cavia…
“E proprio con me dovevi provare la tua virilità stasera?”
“Non è così Marianna… solo con te riesco a provare qualcosa, un’attrazione, una calamita… Questo è successo quella domenica a casa mia di tanti anni fa, questo è successo stasera.”
Penso.
“Mi è quasi impossibile crederlo. E perché non mi hai più cercata in tutti questi anni?”
“Semplice, tu sei stata una meteora, un’eccezione, i miei desideri intimi in questi anni sono sempre stati concentrati verso un’altro genere di persone, anche se non l’ho mai accettata questa condizione. La vivo male per una serie di motivi, sicuramente la famiglia e il mio ruolo… Sono sempre un poliziotto no? E se si venisse a sapere sul posto di lavoro… Sai che figura!!!”
“Beh i tempi sono cambiati…”
“Non credere.”
“Dai retta a me. Non ancorarti a quel ricordo, come per ribadire che potresti tornare indietro. L’hai detto tu prima, non mi vedi come donna, ma come sorella e forse stasera forzando la mano volevi solo creare un terreno fertile per sfogarti.”
Si accende una sigaretta.
“No, Marianna, ho sentito davvero un forte trasporto sessuale.”
“E allora perché non hai continuato?”
Non risponde.
“Non è così, Renzo. Se solo avessi voluto c’era un letto grande e morbido che ci aspettava. Certo non è detto che avrei accettato, ma gli uomini non si fanno questo genere di problemi, comunque ci provano…”
Gli accarezzo i capelli, eh già come una sorella.
“Ripeto.. Vivi la tua sessualità alla luce del giorno. Vedi, prima con me hai reagito come un represso, che vuole ingaggiare una partita persa. Mio Sancho Panza lascia stare i mulini a vento, lascia stare quel feticcio di donna, concentrati dove è più forte il desiderio e non cercare coperture.”
“Sei meravigliosa, Marianna.”
Ci baciamo, le nostre labbra si respirano, le nostre lingue timidamente s’incontrano…

Improvvisamente il campanello della porta. Renzo scatta in piedi, io mi riallaccio la vestaglia. Ci allontaniamo come se fossimo stati colti in fallo.
“Chi sarà?”




CAPITOLO XI


Andiamo insieme in ingresso. Guardo dallo spioncino, questa volta lo vedo, è lui, Fabio.
“E’ mio marito.” Dico, aspettando istruzioni.
“Apri, tranquilla, io vado via, raggiungo le mie colleghe e continuo il giro di ispezione.”
Fabio, alla vista della divisa, assume un’espressione tra il perplesso e l’impaurito. “E’ successo qualcosa?”
Renzo non risponde, s’infila un guanto di pelle e lo saluta avvicinando la mano al cappello.
“Arrivederci.” Esclamo con un filo di voce.

Eccolo Fabio, incerto sul da farsi. Mi sembra cambiato, diverso, per un attimo uno sconosciuto che entra nella mia casa di notte. Non è in forma, ha gli occhi cerchiati, i capelli spettinati. Mi sorride. Sarò bella? Mi lancia un bacio con lo sguardo, gli porgo la chiave.
“Ecco la tua chiave!” Gliela porgo tenendo il braccio teso in modo da ribadire la distanza.
“Che sbadato! Scusami tanto, scusa il disturbo.”
Ma non va via, non accenna ad uscire, il suo piede è incollato sul marmo bianco della soglia di casa, come per prevenire una mia qualche reazione. In effetti, la voglia è tanta di sbattergli la porta in faccia. Ma poi chissà perché abbozzo un sorriso. Lui ne approfitta ed entra.
“Certo ricevere una persona a quest’ora in compagnia di un poliziotto non è il massimo dell’ospitalità!” Dico senza pensare.
“E per me non è il massimo della cortesia chiederti un caffè.”
A proposito… il caffè! E’ la quarta moca che metto sul gas e poi me la dimentico.
“Dai vieni in cucina.” Scruto i suoi movimenti, lo vedo già più rilassato, ma decisamente curioso per la presenza della polizia. Appende l’impermeabile al solito posto, lo stesso posto che per anni lo ha accolto.
Indossa un pullover bianco e un paio di jeans neri di marca.
“Cosa è successo?” Si siede sulla stessa sedia dove fino a pochi secondi fa c’era Renzo.
“Nulla, solo una serie di squilli muti e la presenza di un maniaco nel palazzo.”
“Come fai a sapere che è un maniaco.”
“Giusto! No, non lo so, lo immagino.

Mi guarda. “Ti trovo bene.”
“Si vabbè, ma fammi il piacere! Così in vestaglia non credo.” Accenno ad uno scettico sorriso.
“E’ passato del tempo e...”
“Senti mio caro, se vogliamo andare d’accordo per i prossimi cinque minuti ti chiedo due semplici cose: non sperticarti a farmi complimenti dicendomi che sono bella e non sono invecchiata affatto e poi ti prego… non parliamo del passato!”
“Come vuoi tu.” Sembra rassegnato.
“Facciamo che non ti abbia mai conosciuto. Che sei un barbone oppure ti si è rotta la macchina proprio qui sotto e non avevi un posto dove andare a dormire, oppure che sei inseguito dalla polizia, che sei il maniaco, che fuori piove, che hai citofonato ad un campanello a caso, che il destino alle volte ci riserva queste notti.”
“Recepito il messaggio, preferiresti il maniaco a me!”
“Esatto, mio caro, il tuo cervello alle volte funziona come una macchina perfetta!”
A proposito di macchina, gli guardo le mani, sono pulitissime… e sicuramente non appartengono a chi ha cambiato una ruota di notte sotto la pioggia. Beh lo sapevo e non mi meraviglia affatto!
Lui intanto mi guarda. “Non cambi tu, quando parli con l’anima stacchi il cervello.”
“Nonostante tutto...” Rispondo. Al momento non voglio dirgli che è solo un grande bugiardo.

Attimi strascicati nei silenzi della notte. Strano, i tizi sopra le nostre teste si sono calmati.
Riprendo: “Sì ok soltanto un caffè e poi buono buono te ne torni da dove sei venuto…” Respiro.
“Come siamo irascibili… Sarà per la notte movimentata?” Ora la butta sul sarcastico.
“E’ successo tutto questa notte e non vorrei che ci fosse dell’altro…”
“Cosa è successo oltre al maniaco e al poliziotto?” Mi chiede prontamente, ma lascio cadere il discorso fingendo d’essermi scottata con la macchinetta del caffè.

Speriamo che Luca non chiami, che Christian ci abbia preso gusto ed abbia ancora altro da fare… Non vorrei arrivare all’alba raccontando al mio ex marito i miei amori falliti, che poi non sono amori, ma penosi tentativi. Già la conosco quella faccia, lui mi guarderebbe compiaciuto da uomo indispensabile, unico sulla faccia della terra.
Ma che scema, non possono chiamare! Ho staccato il telefono!

“Posso fare una telefonata? Scusa ho il cellulare scarico.” Lui rimane immobile in attesa del mio consenso ed io sorpresa per l’ora.
“Ma c’è bisogno che ti accompagni? Sai dove si trova il telefono, puoi andare.”
Ora s’accorge che è staccato.
Grido dalla cucina. “Sai, la Polizia mi ha consigliato di staccare il telefono. Non crede alla storia del maniaco, dice che generalmente gli squilli così insistenti sono opera di amici o parenti… Non crede che i due fatti siano collegati: l’uomo che si aggira nel palazzo potrebbe non essere l’autore degli squilli.”
Dall’altra parte della parete sento la diffidenza, immagino la sua faccia scettica, sono sicura che nella sua testa si sta facendo un altro film.
“Prendo il caffè amaro.” Ecco, ora sento chiaramente che sta ridendo.
“Allora vedi qualcosa è cambiato!” Stavolta rido io.
Vorrei ascoltare, ma sento solo mugugni. Faccio due passi incerti, ma poi desisto. A chi può mai telefonare a quest’ora di notte!
Non credo stia chiamando la sua compagna… Che senso avrebbe?

Torna. “Dicevamo?”
Ha le mani in tasca, sulla difensiva, si vede che sta pensando ad altro. Ha messo su un po’ di pancetta, ma non sta male.

Sorseggiamo il caffè in silenzio. Nessuno dei due ha pronto un argomento a piacere. Penso… E’ incredibile la natura umana. Solo pochi mesi fa se lo avessi avuto tra le mani lo avrei strangolato. Ed ora a quest’ora di notte, in casa mia, siamo qui come due vecchi amici. Ed io ho voglia di sapere…
“Fabio, problemi?” Ci provo.
“Nulla, nulla.” Ma lo riconosco a miglia di distanza quando mente. I muscoli della mascella vanno da soli… La palpebra dell’occhio destro involontariamente si mette in moto, le esse si fanno più sibilanti, le parole escono zuppe di saliva.
Vado sul sicuro e ci riprovo.
“Al telefono non era Laura, vero?” Quasi sussurro.
Ci pensa un attimo, sta calcolando i pro e i contro, elaborando la risposta.
Nella coda dei pensieri un sospiro di ammissione. “No, non era lei…”
“Il lupo perde il pelo, ma non il vizio…”
“Non è esattamente come credi.”
“Ancora più giovane di Laura vero?” Azzardo.
Mi fissa, ma lo sguardo è vuoto!
“Tu sei una strega!” Catturo il suo senso ironico ed affettuoso.

Che notte! Sono passata da un gay represso ad un infedele cronico! Ma gli uomini cosiddetti normali non esistono?

Improvvisamente il telefono. Di nuovo! Quattro squilli, poi una pausa breve, poi ancora squilli. Cavolo, Fabio ha riattaccato il telefono!
“Vedo che sei desiderata!” Mi dice, ora è lui ad avere il punto in mano.
“Scemo, non mi sembra il momento di fare battute.”
“Dai ora puoi stare tranquilla, la Polizia è nel palazzo e qui ci sono io!”
Eccolo l’ha detto.
Ecco l’uomo indispensabile, necessario, fondamentale, prima o poi doveva uscire fuori. Così essenziale che non gli bastava una ragazzina come Laura, ora flirta con una ancora più giovane! Dio mio ma quando crescerà?
“Se vuoi ti faccio compagnia fino a domattina. Davvero dico, domani non ho nulla da fare.”
“Dai Fabio non scherzare. Hai una ex moglie, una compagna ed un’amante, non vorrai a questo punto che la tua ex moglie, ovvero io, diventi l’amante dell’amante…” Rido e scavo nei suoi occhi.

“Ad occhi e croce avrò sicuramente più di una ventina di anni di lei. Sai che ridicola che sarei a fare la rivale di una ragazzina?” Lo provoco.
“Ma che dici?” Pensa. “Visto quello che ti è successo finora, mi sembrava doveroso offrirti la mia compagnia…” E’ abile a dribblare le provocazioni.
“E per questa benevola compagnia, quale sarebbe il prezzo da pagare? Non credo sia gratis!”
Ci pensa, poi risponde: “Il prezzo lo stabilisci tu.”
“Dai Fabio, facciamola finita, non siamo due adolescenti, sappiamo come va a finire, quindi ora prendi questa maledetta chiave e poi dopo il caffè vai e torni nella tua tana.”
“Anche con un maniaco che incombe?”
“Anche con un maniaco che incombe.”
“Anche con la Polizia nei paraggi?”
“A maggior ragione direi…”
“Una sigaretta e vado via ok?”
“Ok, ok.”




CAPITOLO XII



Bussano alla porta. Ancora! Ma che sta succedendo stanotte? Apro. E’ la poliziotta bionda.
“Signora abbiamo controllato tutte le abitazioni, sembra che sia tutto tranquillo.”
“Anche quella dell’inquilino qui sopra? Sento strani rumori…”
“Tutto in ordine, stia tranquilla nessuna traccia del maniaco.” Fa per andarsene.
“E gli squilli?”
“Sembra che ci sia un contatto. Ci siamo informate, c’è un guasto nella centralina di zona dovuto al temporale, e i telefoni del quartiere sembrano impazziti stanotte.”
“Ok grazie, ora mi sento più tranquilla.”
“Le consiglio di staccare il telefono, altrimenti davvero non dorme.”
“Grazie, grazie. Il commissario Salvetti è ancora nel palazzo?”
“Sta dettando alla radio il rapporto dell’intervento, ha detto di comunicarle che tra poco salirà per un saluto.”
“Ok buonanotte!”
“Notte.” Chiudo lentamente.

Rimango un attimo appoggiata dietro la porta. Respiro profondamente guardando il soffitto. Tutto a posto, ok! Niente maniaco, i telefoni si chiamano tra loro, ora c’è solo la pratica di mio marito da sbrigare velocemente.
Torno in cucina.
“Allora Fabio hai sentito? Questa notte possiamo fare a meno degli eroi. Non servi più, togliti la maschera di Batman! Puoi anche andare, non sei indispensabile e soprattutto non dimenticare la chiave.”
“Ma piove, dai fammi rimanere qui!”
“Ti bagni mio caro, tanto poi il tepore della tua casetta calda ti asciugherà, con o senza la tua compagna, con o senza chi vuoi tu.”

Poggia le mani sulle ginocchia, fa un lungo respiro e fa per alzarsi sconsolato. Poi prende la decisione saggia, si alza e va verso la porta, ma sul corridoio si ferma. Si volta e mi fissa.
“Io comunque un pensierino ce l’avevo fatto.” Mi prende la mano e poi risale verso la spalla. Mi volto di scatto. La vestaglia si apre.
“Non mi dire che sei senza reggiseno.” Gli mollo un ceffone, violento sul viso. Lui ride e fa per stringermi. Mi divincolo.
“Ma insomma! Ma cosa succede stanotte! Fabio, smettila. Guarda che urlo! Ti ricordo che la polizia è ancora nello stabile. Sei il mio ex marito, non ci vorrebbe nulla a denunciarti per stalking! Vuoi andartene con le tue gambe, per favore?”

Fa due passi anzi tre. Suonano ancora alla porta. Apro. E’ Renzo.
“Salve, la sua collega mi aveva preannunciato la sua visita.” Lo anticipo.
Dal lei capisce che non sono sola.
“Signora sto facendo un ulteriore giro di perlustrazione, ma la situazione sembra alquanto tranquilla.”
Fabio fa capolino dalla porta della cucina. Ci viene incontro.
“Allora commissario non c’è alcun motivo per preoccuparsi.” Dice tanto per dire.
Renzo non lo degna di uno sguardo.
“Signora DeSanti, dovrei parlare con lei in assoluta riservatezza, farle delle domande e poi dovrebbe firmare il rapporto. Ha una stanza dove possiamo parlare in tranquillità?”
Rimango pietrificata, non so che dire, balbetto.
“Sì.. sì…”
Lunghi attimi di silenzio. I due mi guardano, mi rendo conto che non posso dire di no ad un commissario di polizia.
“La casa è tutta qui! Se non la disturba possiamo andare nella mia camera da letto.
“Nessun problema, signora. Suo marito può tranquillamente attendere qui in sala. E’ questione di pochi minuti.”
Lo precedo verso la camera da letto.
Lo lascio entrare e chiudo la porta alle spalle.
Lo guardo.
“Ma sei matto?” Urlo sottovoce.
Mi siedo sul bordo del letto. Lui chiude la porta a chiave cercando di fare il minimo rumore. Si guarda intorno, ho dei dubbi che mi stia ascoltando. Un tremore mi pervade dai piedi fino alla punta di ogni capello e poi al contrario, violento. Mi dà brividi, sto sudando.
“Per l’amor del Cielo, dimmi cosa hai in mente, cosa vuoi fare?”
Ora sembra destarsi, ma ha gli occhi allucinati, vedo delle lame di luce, forse è solo pioggia.
Si alza, cammina, si accende una sigaretta…
“Dio non fumare qui!”
Apre la finestra e la spegne sul davanzale.
Piove, piove ancora, piove sempre.
Gli vado vicino.
“Allora? Che intenzioni hai?” Cerco di controllare la voce.
“Non credevo ci fosse il tuo ex. Sono entrato e a quel punto la frittata era fatta ed ho dovuto continuare la commedia.”
“Potevi salutare e andartene buono buono…”
“Ma io ti voglio! Tu ti rendi conto cosa significhi riprovare le stesse sensazioni e soprattutto una forza d’attrazione incredibile nei confronti della stessa donna dopo un secolo, una vita?
“Ora non mi rendo conto di niente! Mi stai mettendo solo in un mare di guai!”
Mi viene vicino.
“Ma siete separati no? Che ti importa?”
“Dio Renzo sei rimasto un ragazzino e pur di avere la pappa pronta negheresti anche l’evidenza!”
Mi tocca.
“Dimmi che ci rivediamo, magari domani!”
“Si ok, domani continuiamo questo discorso.”

Squilli di telefono. Ma questa volta è il suo. E’ una delle due poliziotte. Chiede istruzioni. Lui le dice di aspettare, che sta scendendo.
Tiro un sospiro di sollievo. Sicuramente Fabio non la beve e mi farà mille domande.
Mi tocca ancora, il fianco, poi scende verso la gamba. Lo sento, sta ascoltando le sue sensazioni. Sono solo una cavia. Non gli interessa nulla di me. Si sta esplorando, capendo, scavando. Si intrufola nella vestaglia, la sua mano mi cerca. Ascolta le terminazioni delle sue dita a contatto con il sesso di una femmina. Perché ora è lì, cerca la mia parte bagnata. Nonostante tutto mi fa tenerezza, sembra un bambino alle prese con nuove sensazioni. Ora mi sento davvero una sorella. Mi sprigiona istinti materni. Vorrei fare qualcosa per lui, portarlo fino in fondo, ma purtroppo ha scelto una notte sbagliata. Una notte di pioggia e di maniaci, una notte di ex e di squilli anonimi.

Mi prende la mano, la guida fino al suo piacere, attraverso la stoffa dei pantaloni sento il suo calore.
“Vedi, vedi, ti prego senti l’effetto che mi fai. Renditi conto! E’ strano, no?”
Si in effetti sarebbe davvero un caso studio, ma io non sono una psicologa, a meno che non m’abbia raccontato solo balle. Mi viene il dubbio. Mi vengono in mente le sue mani esperte sopra i miei fianchi. Si è inventato tutto, la storia del gay, dell’unica volta che ha fatto l’amore, tutto per stare con me!
Ho ancora la mano sul suo sesso e il dubbio si fa più persistente. Conto fino a dieci prima di parlare. Meglio non dire nulla, lascio fare al caso e il caso ha deciso, ha scritto in qualche pagina del mio diario che stanotte avrei dovuto prendere atto di un’altra consistenza oltre quella di Christian.
Eccolo, ha capito che può andare oltre, che non opporrei resistenza, che di là c’è mio marito e non voglio fare brutte figure! Eccolo, è lui il maniaco, appoggiato al davanzale della finestra, in meno di un attimo si slaccia la cintura e si sbottona.
“Marianna, solo un attimo, solo un bacio per ricordarmi quella meravigliosa sensazione. Niente di più.”
Oddio, ma ho capito bene? Non vuole arrivare fino al piacere. Mi sta solo chiedendo un bacio. Faccio mente locale, santo cielo ma è ancora più ridicola la cosa! Ma non posso gridare, non posso ribellarmi, non posso fare nulla.
“Facciamo in fretta.” Mi sussurra, come se fosse un dovere, come se fossi io a volere e lui a subire.
“Renzo, ma è tutto inverosimile, dimmi che sto sognando. Dimmi che ora mi sveglio e stiamo tranquillamente parlando su divano.”

Non risponde ed io mi sento ancora più ridicola. Scendo, comunque scendo, fino ad inginocchiarmi, sento un odore intenso. Sono a pochi centimetri da lui. Niente cena, niente lume di candela, niente fasci di rose all’ingresso, niente week-end a Parigi. Solo un uomo in piedi e una donna che gli procura piacere.
Dio dove è finita la mia dignità? Ma ora non è questo il punto! Mi ha convinta, chiudo gli occhi e li riapro. L’odore si fa più intenso. Ma non è un odore di maschio, è un odore che mi prende alla gola, sa di minaccia e di ordine. Non ce la faccio, sono troppo agitata. Lui mi prende la testa. “Ok Marianna mi dico sottovoce.” A questo punto non c’è ragione per fermarsi. Richiudo gli occhi, apro la bocca, trattengo il respiro. Mi aspetto da un momento all’altra il sapore amaro di uno sciroppo per la tosse. Ma non è così.

Saranno passati trenta secondi, forse un po’ meno. Quando riapro gli occhi lui si è già riabbottonato i pantaloni. Non ho parole.
Ma che significa tutto questo? Davvero è una notte senza senso. Ormai avevo accettato, se avesse voluto… Comunque mi alzo ed apro la porta. Lui mi segue, mi sembra Mr. Hyde, in un attimo cambia il tono della voce, l’atteggiamento.
“Ok signora DeSanti, domani le faccio avere copia del verbale.”
Va dritto verso la porta senza salutare Fabio. Esce.







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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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Il presente racconto è tutelato dai diritti d'autore.
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Ne è vietata la riproduzione, in qualsiasi forma,
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Photo Anna Koudella


 





 
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