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I ROMANZI DI ADAMO
BENCIVENGA 
LA VERGINE DI
ISTANBUL
CAPITOLO IV
Venditrice di
champagne
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Florentin ha molti dubbi sulla riuscita
della sua impresa. Maledice il suo ardire. “Di tante
belle donne che popolano questa città dovevo scegliere
proprio l’amante del console?” Ora scuote la testa, beh
certamente la serata non è iniziata nel migliore dei
modi! Pensa ad Ayla ai suoi baci umidi, notturni e
clandestini, ma soprattutto gratis. Guarda l’orologio, è
ancora in tempo per farsi invitare a cena da Omar,
aspettare che si addormenti e sgattaiolare nella stanza
della dolce libanese per passare almeno un’ora insieme a
lei. Sta quasi per abbandonare il suo sogno. La
poesia è pronta e i baci assicurati! Del resto mai
potrebbe competere con gente simile! Sa che se vuole
continuare quella vita deve chiedere almeno un prestito
ad Omar o a un suo collega.
Sta per alzarsi
quando la sua attenzione è distratta dall’entrata di un
altro cliente, il quale prende posto al tavolo accanto
al suo. Stessa scena di prima. Passati alcuni minuti, il
nuovo ospite chiede della ragazza ungherese e il
cameriere assume la stessa espressione sconfortata.
“Monsieur, sono desolato…” Gli dice che c’è molto da
aspettare e che ci sarebbero altre ragazze ugualmente
belle e disponibili. Ma il nuovo arrivato non accetta
sostitute, vuole lei, la bella, fantastica, meravigliosa
Klàra. “Aspetto.” Dice con fare seccato. E a
Florentin, che ha visto tutta la scena, non può non
venire spontanea la domanda: “Ma come fa ad essere
vergine una donna così richiesta?”
Già, come fa
ad esserlo? Già non bisogna essere uomini di mondo per
risolvere l’equazione! Tra poco la bella Klàra, lasciato
il console, sarà impegnata con lui. Qui le regole si
rispettano e infatti dopo pochi secondi l’ungherese con
un sorriso smagliante si avvicina al belga. Sul vassoio
come da copione c’è lo champagne e due calici. Lei
guarda Florentin, strizza gli occhi come per focalizzare
meglio il viso del nuovo cliente, e immediatamente lo
riconosce. “Oh Monsieur che piacere! L’aspettavo da
giorni. Sono contenta che alla fine si sia deciso.”
Parla con voce sussurrata, ammicca e si ritrae come una
mestierante navigata. Florentin è troppo preso e
coinvolto da quella bellezza per accorgersi di quelle
movenze recitate ad arte. “Il destino mi ha messo
alla prova, per giorni e giorni mi ha fatto incontrare
casualmente una simile bellezza.” “Allora ringraziamo
il destino.” Dice la giovane assaporando appena lo
champagne. “Il suo fascino è irresistibile, anche io
ero convinto che prima o poi l’avrei seguita.”
“Perché mi ha seguita?” L’aria della ragazza è a dir
poco svenevole. Florentin sta al gioco e risponde:
“Come avrei mai potuto sapere di trovarla qui?”
Aggiungendo subito dopo: “Diciamo che è stato
estremamente facile: ho chiuso gli occhi e seguito il
suo profumo.” La donna ora è più soddisfatta, ma
aspetta l’ennesimo complimento che puntualmente arriva
complice e sottovoce: “Lei è molto bella Klara…” “Sa
il mio nome?” La ragazza non rinuncia alla sua parte.
E Florentin se la cava egregiamente: “Perché lei conosce
altro nome più adatto a lei?”
Certo sono frasi di
circostanza, i classici preliminari del corteggiamento,
facilitati dai ruoli di cliente e intrattenitrice, ma
lui le ha già manifestato tacitamente di andare oltre
quel ruolo stretto dichiarando candidamente di essere
caduto nella trappola del suo fascino e nelle note
dell’incanto di quelle grazie. Lei, ovviamente non si è
fatta pregare e di rimando ha fatto capire che non
disdegna assolutamente quel pentagramma.
Sittin'
in the mornin' sun, I'll be sittin' when the evenin'
comes, Watchin' the ships roll in, Then I watch 'em roll
away again Sulle note di Sittin' On The Dock Of The
Bay, un delicato motivo di Otis Redding, i due
continuano a conversare, a dichiarare la loro reciproca
ammirazione. Sembra quasi che aspettassero questo
momento e il tempo finora trascorso fosse stato
semplicemente l’attesa per questo incontro.
Poi
inevitabilmente il discorso scivola su Budapest, ma lì
la nostra bella Klàra si ritrae, come se non avesse
voglia di parlare della sua città, dice di essere
cittadina del mondo ed Istanbul è solo un passaggio
della sua breve vita. “Sono qui perché avevo bisogno
di lavorare. E questo lavoro mi permette di conoscere
molta gente, uomini d’affari, diplomatici benestanti ed
artisti più o meno famosi. Certo anche millantatori e
venditori di fumo, ma sta a me in quel caso riconoscere
dove sia l’inganno. Questo lavoro mi permetterà di farmi
le ossa ed essere scaltra nella vita.” Ecco l’ha
detto Klàra! Sa che il suo futuro è legato ad un
incontro, del resto non possiede che la sua avvenenza
con la quale ha deciso di farsi largo nella vita, ma sa
anche che quell’avvenenza non durerà molto.
La
via più comoda è un uomo o meglio qualcuno che possa
innamorarsi di lei e lei farà del tutto perché ciò
accada. Non conosce altra via per la salvezza e lei si
vuole salvare! Parla lentamente, ma non ha peli sulla
lingua, ha messo in chiaro il motivo per il quale lavora
in quel locale e ora sta amabilmente parlando con lui.
Mentre parla accavalla le gambe, la sua voce è
accattivante, il suo seno traspare rigoglioso sotto un
reggiseno di merletti e di strass, insomma quelle sono
le sue armi, come quel rossetto rosso che ingigantisce a
dismisura la sua bocca, quella bocca che Florentin
immagina che non serva solo per parlare. A quel
punto nella mente del belga il confronto con Ayla è
inevitabile. Qui c’è classe e qualità, bravura ed
esperienza, peccato e perdizione. E allora si compiace
di essere rimasto e si dà dello stupido per aver pensato
per un solo attimo di andarsene.
Sollecitato e
sorpreso da quella confessione, insolita per una
intrattenitrice, Florentin accenna alla sua vita, alla
ragione per cui ora risiede in questa città, ma mente
dicendo di aver intrapreso la carriera diplomatica e si
guarda bene dal rivelare di essere un semplice
traduttore di testi e dal confessare di essere un
dipendente e per giunta al servizio proprio dell’uomo
con il quale lei stava amabilmente conversando qualche
minuto prima. Comunque è contento di
quell’approccio. Non immaginava fosse così facile
conoscere quell’angelo evanescente e ora parlarci in
quel modo così diretto. Per compiacerla e benché la
prima bottiglia di champagne non sia ancora del tutto
vuota chiama il cameriere e ne ordina un’altra
ovviamente, questa volta, di marca estera! Fa lo
spavaldo Florentin! Per quell’angelo sarebbe disposto a
vendere i suoi vestiti eleganti al mercatino dell’usato
e quell’orologio Zenith che porta al polso regalo di suo
padre. Purtroppo non ha altro da offrire, ma è sicuro
che per quell’angelo molto presto si svenerà.
La
prima bottiglia, di marca scadente, sta facendo il suo
effetto, si sente un po’ brillo e allora vuole colpirla,
vuole sbaragliare tutti i concorrenti. Non esita ad
accennarle di avere origini nobili, parla di sua nonna,
contessa belga e orgogliosamente tedesca, parla di un
suo zio inventore e famoso in Gran Bretagna. Sì ok sta
esagerando, se ne rende conto e allora cerca di
accomunarsi alle origini umili di lei dicendo che ha
vissuto momenti di difficoltà economica, ma non
spiegando il perché e il per come. Florentin sa che
per entrare nelle grazie di una donna non occorre
guardarla negli occhi, ma guardare nella stessa
direzione, per cui con aria complice le confessa che
Istanbul ovviamente è solo un breve passaggio, che è una
città provinciale, troppo ristretta per le sue
ambizioni, la sua ricchezza e la sua mentalità.
Certo, tra una pausa e l’altra, si sta anche chiedendo
il vero motivo per il quale lei gli abbia fatto quella
confidenza come si domanda cosa ci sia dietro quel
lavoro e cosa ci sia alla fine di quella serata. Non
crede che Klàra sia solo una venditrice di champagne,
anche se in cuor suo spera che non venda altro. Del
resto essere amica di un console ed accettare un invito
serale in un albergo esclusivo come lo Shangri-la può
significare in maniera lampante che sia la sua amante,
ovvio, ma anche che lavori per l’Ambasciata e ne sia la
confidente rivelando informazioni carpite qui e là ad
altri clienti.
Lei sembra intuire i suoi
pensieri o quanto meno i pensieri dei molti uomini che
si sono avvicendati a quel tavolo per cui non ha
problemi a rispondere anche senza aver ascoltato la
domanda. “Non creda che il mio lavoro sia tanto
diverso da quello che vede, faccio l’intrattenitrice di
ospiti, oltre alla danza dei veli e oltre a questa
conversazione non c’è altro. Non mi consideri per quella
che non sono.” Florentin è quasi mortificato, ma
anche imbarazzato da quella supponenza, rimane muto, del
resto la conversazione rubata con il console sembra
smentire quelle parole. Non sa che dire, in un certo
senso è stato scoperto e in un certo senso intuisce che
quel gioco lo porterà altrove.
“Oh Klàra io non
credevo e non credo nulla, sono entrato qui perché per
giorni casualmente ho incontrato un angelo ed oggi
pomeriggio l’ho seguito e questo angelo è entrato in
questo locale.” Mente e dice il vero Florentin, ma Klàra
non sorride, difficilmente lo fa abitualmente, sa
soltanto che le parole dello straniero non sono del
tutto vere. “Sa cosa le dico? Mi pagano a bottiglie
consumate e il ballo serve solo ad avere più visibilità,
per farmi scegliere ed avere un piccolo vantaggio
rispetto alle altre ragazze. Prima non sapevo ballare e
le lezioni me le sono pagate con i miei risparmi!”
Strano davvero questo tono, sembra più un colloquio
tra due vecchi amici al bar oppure tra due studenti
seduti sugli scalini di Piazza Beyazit dell’Università
di Istanbul e non proprio una conversazione tra una
intrattenitrice di ospiti e il suo cliente avvolti in
una penombra peccaminosa di un locale notturno!
Anche se brillo il belga ne è consapevole. Lei ora è
stata ancora più chiara, ma forse non serviva perché
Florentin è attratto anima e corpo da quella incantevole
creatura ungherese e non sarà quel piccolissimo
dettaglio per arrotondare la paga, semmai ci fosse
davvero, a scoraggiarlo dalla sua impresa. Ok sfiderà il
console, il suo datore di lavoro in persona, anche se
non ha ancora ben capito dove e come potrà farlo.
Certo non crede che la sola aspirazione di Klara sia
andare a letto con il console e intanto vendere
bottiglie di champagne ed ingrassare la proprietà del
locale, ma se fosse così lui ringrazierebbe comunque il
Cielo per averla conosciuta e sarebbe disposto a venire
tutte le sere in questo locale.
*****
Passano minuti di silenzio e di musica, passano
discorsi e parole leggere su Istanbul e la sua vita
notturna, sull’ultimo film con William Holden visto al
cinema, fino a quando le ultime bollicine dello
champagne francese sono già un ricordo. Florentin è
impaziente, lo scorrere di quel tempo lo avverte come
uno spreco, ma non sa che dire o meglio non vuole
rovinare quella confidenza. Una collega di Klàra sta
ballando la stessa danza con i veli. Fa del suo meglio,
ma non ha la stessa grazia. “Lei è Vanessa, non è
molto brava a ballare, vede? Ma anche lei è ungherese, è
qui da due mesi e si sta facendo la sua clientela. Ha
bisogno di soldi e non disdegna la corte purché sia ben
remunerata.” “Lei intende fuori da questo locale?”
“Ovvio sì, purché la Direzione ne sia all’oscuro e non
abbia noie con la Polizia.” “Beh sì immaginavo che
gli extra si guadagnassero altrove…” “Comunque non
siamo tutte escort, può capitare che qualcuna lo faccia
o che in certi momenti la vita ti porti a fare delle
scelte.” Klarà rimane un attimo in silenzio poi
fissando il belga, riprende: “Se vuole posso invitarla
al tavolo con noi.”
Forse è una provocazione,
forse Klàra vuole sondare le sue finanze, oppure
conoscere esattamente il perimetro del gioco del belga o
forse vuole avere solo l’esclusiva in modo da avere per
le prossime volte le mani libere. Le capacità
intellettive di Florentin in questo momento, dopo due
bottiglie di champagne, sono abbastanza limitate per cui
non comprende l’ambiguità del gioco. Platealmente si
limita a dire: “Al suo cospetto le altre donne perdono
irrimediabilmente ogni concetto di femmina.” “Bene!”
Sussurra l’ungherese. Forse soddisfatta della
risposta aggiunge immediatamente dopo: “Tra qualche
secondo devo lasciarla. Mi spiace, ma la direzione non
tollera che le ragazze rimangano sedute ai tavoli con le
bottiglie di champagne miseramente vuote e visto che già
ne abbiamo consumate due mi dispiacerebbe se ne
ordinasse ancora.”
Ecco la complicità sperata!
Florentin crede davvero di aver fatto colpo sulla
ragazza al punto che lei si preoccupa delle sue finanze.
Vorrebbe risponderle che assolutamente non ha problemi
di questo tipo, ma poi sorride e tenta di prenderle la
mano, ma l’ungherese è più svelta e la ritrae senza che
quel gesto appaia come uno sgradevole rifiuto.
Florentin stringendo il vuoto fa solo in tempo ad
ammirare lo smalto argentato e l’anello alla mano
destra. Ora si sta chiedendo cosa ci sarà dopo lo
champagne, se a fine turno potrà ancora godere delle sue
grazie, ma la risposta arriva immediatamente. “E’
stato un piacere Signor….?” “Florentin René
Timmermans, ma mi chiami semplicemente Florentin, la
prego!” “Mi spiace Florentin, ma il lavoro mi
reclama… Allora l’aspetto domani sera qui!”
Contemporaneamente la donna si alza e Florentin desolato
prende il suo cappello bianco. “Buonanotte!” Dice con
un filo di voce, ma il cameriere gli porge prontamente
la ricevuta e la ragazza sta già parlando con il cliente
vicino di tavolo, il quale pazientemente l’ha aspettata
per avere la sola sua compagnia.
Ecco, Florentin
ora la vede, si sta avvicinando all’uomo con due flut di
cristallo e una bottiglia di marca francese sopra il
vassoio d’argento. Dice: “Oh che piacere vederla…”
“Piacere mio, signorina Klàra…”
Ecco, Florentin
sta scuotendo la testa. Sono le regole del gioco e
l’uomo nero alla porta lo aveva avvertito.
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