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Federico mio padre
CORRADO
Ciao tesoro mio,
la
mia anima è nuda ed io la sto guardando allo
specchio e sono sempre più convinta che, come dici
tu, non abbia bisogno di una banale conquista. Lei
esiste perché fin quanto rimarrà immacolata sarà
oggetto del tuo desiderio. L’ammiro e la sfioro tra
i peli radi che non coprono nulla. Non ridere ti
prego, ma la sento vergine perché ha le labbra
timide, colorate di rosa come quelle di una bambina
al primo bacio d’amore. La tocco e la stringo, il
suo calore mi dice che ha bisogno di tante prime
volte, la sua impudicizia di molti tentativi che non
abbiano una fine. Tu non mi scrivi ma so che la stai
bramando ed io immagino quando in una qualunque
stanza di un motel di periferia per non sciuparmela
me la guarderai senza toccarla.
Sai Corrado,
questi sono percorsi dell'anima e la cosa più
importante è la certezza dei passi che vado
percorrendo. Non mi chiedere quanto tempo ancora
manchi al nostro incontro, dammi piuttosto le
istruzioni, cosa dovrò fare oggi o domani per essere
pronta, cosa dovrò indossare per essere la tua Dea.
Dimmi se i miei stivali di pelle sono adatti a
questa giornata di sole oppure se sono troppo
volgari e mi fanno donna lasciva, se lo stesso paio
di guanti di raso darebbero un senso alla mia folle
ricerca dell’ennesima avventura.
Vorrei ora che
tu mi vedessi quando maliziosamente sollevo la gonna
oltre qualsiasi orlo di buona creanza. Se tu conosci
cosa davvero vado cercando, ti prego, dimmelo, fammi
partecipe della tua brama, dimmi chiaramente che la
desideri questa mia fica ribelle che ora ti
mostrerei per sentirmi immorale, per sentire che in
fondo, nonostante l’età, sono ancora piacente.
Se io avessi voluto solo un amante già da tempo
ci saremmo visti e consumato nell’oblio il piacere
della carne. Tu non immagini negli anni passati a
quanti uomini mi sono data perché non ho mai cercato
un amante, perché non sono una normale donna
infedele, io sono altro, io ho sempre cercato, il
paradiso nella perdizione dell’inferno. Tu pensi che
sia possibile? Oppure mi sto solo illudendo? Oppure
ho solo bisogno di considerazione confondendo
l’anima con il cuore?
Comunque grazie se mi
leggi e scusa se ti scrivo solo ora, ma ho preferito
riflettere per qualche giorno e sono arrivata alla
convinzione che non ho alcun diritto a nasconderti
la mia storia. Tu sei una persona straordinaria, mi
hai preso anima e corpo e forse non esagero nel
dirti che mi sto innamorando di te.
Certo io e
te non ci siamo mai visti, le nostre emozioni
corrono solo attraverso questa chat, ma ogni giorno
che passa mi illudo nel pensare che tra me e te
possa esserci un futuro fuori da questo mondo
virtuale.
Sai, sento un’incredibile sintonia e
spero che anche tu abbia le stesse mie sensazioni
anche se a volte nei miei momenti più bui mi viene
il forte dubbio che non esisti e che sei solo un
prolungamento della mia fertile fantasia.
Sai ho avuto tante storie qui, con qualcuno ci sono
soltanto uscita, con altri ci ho anche fatto
l’amore, ma alla fine tutto e sempre si è risolto in
un fuoco di paglia perché fondamentalmente sono solo
innamorata di me stessa, della mia femminilità ed è
per questo che trovo estremamente difficile
incontrare un uomo che abbia la sensibilità di
valorizzarmi fino a toccarmi le corde più profonde
dell’anima.
Sai porto un nome importante,
quello di una dark lady spregiudicata, infedele,
nella quale a volte mi ci identifico, altre invece
vorrei essere semplicemente una etera fanciulla che
non fosse mai invecchiata, insomma una specie di
ritratto di Dorian Gray, ma purtroppo non è così e
tu sai bene che porto il doppio dei tuoi anni. Non
so sai se un giorno mi farò vedere da te, ma sappi
che per me è dura, maledettamente dura, anche se
immagino che tu mi dica ogni volta che gli anni non
contano e che una donna è bella per definizione. Beh
sì mi reputo una bella donna, adoro curare il mio
aspetto e mi considero una donna dal carattere molto
socievole con una componente esibizionista che non
fa mai male anche se amo nascondermi dietro un alone
di mistero perché credo che in amore l’arte dello
scoprirsi lentamente sia la premessa di qualsiasi
seduzione.
Mio marito Giulio non è in casa e
prima di scriverti ho indossato per te il tubino
nero in latex che più volte mi chiedi quando
facciamo l’amore qui in chat. Sì lo so, non conosco
le tue preferenze ma credo davvero che ti piaccia.
Mi sono truccata ed ho messo il rossetto red
passion, quello indelebile e sotto ho messo una
calza velata nera con la riga, quella che corre
lungo il sentiero dell’eros e cammina lungo il
tragitto lastricato da cattive intenzioni, una
specie di seduzione che corre su un filo, trama dopo
trama per essere incantevole simbolo di femminilità,
sigillo di classe e marchio d’eleganza.
Insomma
sì, mi sono vestita come tu mi vuoi ed ora sono qui
che ti scrivo. Sono certa che ti starai chiedendo
perché l’abbia fatto, sinceramente non lo so, forse
perché vorrei che tu mi sentissi più vicina e che
tramite queste parole avvertissi tutta la sensualità
che esprimo come donna o come dici tu, come troia.
Non ti nego che da quando ti sto scrivendo i miei
umori densi si stanno sciogliendo come stalattiti ai
primi caldi. Tu mi fai questo effetto! Dio come
vorrei ora che tu fossi qui e assaporassi il mio
piacere, e che ti saziassi di tutto il nettare che
sgorga alla sola idea di avermi, di averti. Sai ha
il sapore misto tra l’albicocca e il miele con una
punta acre di bergamotto, spero davvero quando sarà
possibile di fartelo assaggiare e soprattutto che
sia di tuo gusto.
Dicevo ho voluto
riflettere, perché so benissimo che se ci vedessimo
anche solo una volta sarà l’inizio di una bellissima
storia d’amore. Per questo prendo tempo, non perché
non ti desideri, anzi, ma perché non vorrei mai e
per nessuna ragione deluderti. Tesoro sai, non sono
più una fanciulla ed anche se io mi vedo bella so
che la mia pelle rispecchia gli anni che porto. Alle
volte penso perché mai tu abbia avuto la sfortuna di
conoscermi a questa età, sai, sarebbero bastati
pochi anni prima, diciamo una decina, quando ancora
sicura del mio aspetto non avevo problemi a
scegliermi gli amanti e farli accomodare tra le mie
grazie.
Tu spesso mi dici che hai avuto
vagonate di donne nella tua vita e che per tuo
carattere desideri la totale dedizione e
disponibilità da parte mia. Non nego che mi fa un
enorme piacere e che nella mia vita mai e poi mai mi
sono sentita completamente dipendente da un uomo
come avrei voluto. Ma sono due giorni che ripenso
alle tue parole. Sì lo so tu non me le hai scritta,
anzi non mi scrivi nulla, ma ho raggiunto il culmine
del mio piacere quando ho letto quel "ti amo"
improvviso. È stato un fulmine a ciel sereno ed ha
riempito ogni piega della mia anima e delle mie
mutande oltre a darmi la cifra di quanto sia
cresciuto il nostro rapporto e quanto conti per te.
Non me lo aspettavo sai! È così tutto incredibile.
Ci stiamo amando senza esserci mai visti, senza
esserci mai sentiti! Mi stai amando nonostante io
ormai sia una vecchia signora, anche se ancora
appetibile. Come dite voi giovani? Una milf?
Mi chiedo se sia possibile che accada una cosa
simile, ma voglio andarci cauta, voglio fare le cose
con ordine. E poi ho pensato molto alla promessa che
ti ho fatto, ossia quella di diradare gli altri miei
incontri, o come dici tu, di cancellare con un colpo
di spugna tutti gli altri uomini che mi girano
intorno, e quindi poi di vederci. Non sarà facile
sai, ma mi piacerebbe rompere finalmente gli argini
e offrirci reciprocamente. Lo sai anche tu che sarà
estremamente difficile, ma il fatto che tu me lo
chieda mi fa sentire ancora più in dovere di farmi
conoscere a fondo e di raccontarti tutta la mia
storia.
E scusa se lo faccio, ma voglio
cominciare a raccontarti da quando ero
un’adolescente, altrimenti tutto quello che sto
vivendo ora non avrebbe alcun senso.
I
PRIMI TEMPI
Tutto nasce quando frequentavo i
primi anni del ginnasio, ero bella sì, ma molto
acerba comprese le tette appena accennate e le cosce
secche come due rami di pesco. Non so, sarà stato il
cambiamento di scuola, saranno state le mie perenni
insicurezze, ma i bei voti delle medie avevano
subito un crollo verticale. Inoltre, in quel
periodo, i miei genitori si stavano separando ed io
avevo avuto da poco le mie cose. Per me insomma fu
un cambiamento epocale, frequentavo ragazzi e
ragazze più grandi e il mio aspetto aveva iniziato
ad assumere lineamenti da adulta.
Nel bel
mezzo di questo cambiamento era anche successo
qualcosa che mi diede la consapevolezza di essere
cresciuta ossia, qualche tempo prima, giocando con
un mio amichetto di scuola, mi sorpresi a strusciare
il mio corpo sui jeans del mio compagno di scuola e
improvvisamente iniziai a tremare tutta e quasi
all’istante ebbi un piacere immenso durato credo una
trentina di secondi. Mi bagnai completamente e
superata la vergogna per quello che mi era accaduto
caddi in uno stato di benessere mai avvertito prima.
Insomma salutai il mio compagno di giochi, mi chiusi
in bagno e cercai nuovamente di provare lo stesso
piacere con l’aiuto delle mie sole mani. Il
risultato fu incredibile perché oltre al piacere
avvertii un senso smisurato di libertà e la
consapevolezza che avrei potuto liberamente e senza
alcun freno, in qualsiasi momento e in qualsiasi
luogo, provare quel tipo di sensazione. Naturalmente
ci riprovai tutte le volte che mi fu possibile,
chiusa in bagno, anche a scuola, non dovevo chiedere
nessun permesso o pagare qualcosa, tuttavia cercai
di limitarmi, ma con scarsi risultati. Lo ripetevo
quattro cinque volte al giorno e ad ogni fine
giornata mi sentivo davvero esausta.
Passarono alcuni mesi e quando i professori dissero
a mia madre che avevo insufficienze in quasi tutte
le materie e che avrei potuto ripetere l’anno, lei
disperata telefonò a mio padre e insieme decisero di
farmi vedere da un medico e in seguito da una
specialista la quale, non sapendo bene cosa fare, mi
riempì di medicine per la memoria e la
concentrazione.
La cura non ebbe effetto e i
voti rimasero incollati più vicino allo zero che
alla sufficienza così che, dopo la prima pagella,
mio padre, ormai in tutte altre faccende
affaccendato, decise di lavarsene le mani e mia
madre, dato i risultati, decise di non aiutarmi più
nei compiti e pensò bene di mandarmi a ripetizione
da un vicino, il signor Maurizio, ex professore di
matematica, filosofia e fisica, che abitava nello
stesso nostro condominio, ma al secondo piano della
palazzina B.
Ti premetto che al tempo,
nonostante le prime pulsioni che consumavo in
estrema solitudine, ero una ragazzina timida al
limite del patologico. Vivevo in un mondo tutto mio
cosparso più da personaggi ed eroine fantastiche che
da persone reali e in effetti le mie masturbazioni
non riguardavano mai ragazzi che conoscevo nella
vita reale, ma personaggi di film o di libri vari.
Avevo paura di tutto ed ero così introversa che
nonostante avessi avuto diverse occasioni, non avevo
ancora dato il mio primo bacio, credendo fermamente
che i bambini nascessero dal semplice sfioramento
delle labbra. Anzi sì un bacio sulle labbra lo avevo
dato sotto casa al ritorno dalla scuola al mio
compagno di banco, ma poi ero salita di corsa in
casa e mi ero sciacquata la bocca per circa dieci
minuti. Quando lui il giorno dopo sotto scuola mi
chiese se stessimo insieme, io feci scena muta e
scappai in classe.
Insomma quando i miei mi
comunicarono la loro decisione di andare a
ripetizione dal signor Maurizio feci il diavolo a
quattro. Assolutamente non volevo andare da quel
vecchio, per tre giorni rifiutai il pranzo e la
cena, ma poi un po’ con le buone e un po’ con le
cattive dopo circa una settimana, accompagnata da
mia madre, che però rimase sulla porta e non entrò
in casa, suonai il campanello dell’interno 6 della
palazzina B.
IL SIGNOR MAURIZIO
Per tutta l’ora di lezione feci scena muta,
arrossendo ad ogni domanda, ma il signor Maurizio,
che al tempo aveva qualcosa di più di cinquant’anni,
si dimostrò molto paziente, così che quel giorno ed
altri ancora iniziò a riempirmi di dolcezze. A poco
a poco, grazie a lui e al suo ascendente di uomo
adulto, riuscii a scrollarmi di dosso qualche paura
ed anche a scuola le cose cambiarono nonostante lui
dedicasse la maggior parte del tempo a parlare di
me, delle mie sensazioni, di cosa provassi o
pensassi e poco tempo allo studio. Insomma era molto
dolce, con le ragazzine ci sapeva fare ed aveva
ragione da vendere quando diceva a mia madre che la
vera causa non fosse il mancato studio o la mancanza
di memoria o concentrazione, ma solo la mia atavica
insicurezza nel relazionarmi con le altre persone.
Lentamente grazie alla sua disponibilità
iniziai a superare i miei tabù e a sentirmi più
sicura. Ricordo ancora quando un pomeriggio mi misi
a piangere perché incapace di risolvere un'equazione
di primo grado. Lui sorrise, si alzò, mi venne
vicino e mi accarezzò i capelli. Ecco quella volta,
tramite quel gesto paterno, sentii tanto affetto,
calore e protezione che mai avevo ricevuto da mio
padre, dagli altri professori o da qualsiasi adulto.
Di solito mi parlava sottovoce, mi diceva quanto le
difficoltà, gli ostacoli e i problemi fossero la
linfa della crescita e il sale della vita,
l’importante era non scoraggiarsi, ma affrontare le
contrarietà vedendole come sfide da superare. Certo
al tempo non afferravo completamente tutti i suoi
concetti, ma la cosa che più mi rendeva felice era
la sua disponibilità a darmi la giusta attenzione.
Paziente e senza mostrare alcuna insofferenza,
rimaneva in silenzio ad ascoltare qualsiasi cosa
avessi da dire.
Lui viveva in quella casa
con la moglie e la figlia, mia coetanea. Avendo
capito le mie difficoltà quando entravo in quella
casa faceva in modo di non farmi incontrare le altre
due persone e quando entravo nella stanza chiudeva
sempre la porta a chiave per farmi sentire a mio
agio. Lui mi ripeteva spesso che indipendentemente
dalle materie che studiavamo avrei potuto aprirmi
con lui e confidargli ogni cosa. A poco a poco lo
sentii come mio complice, la persona che, qualunque
cosa avessi fatto o fosse accaduta, avrei potuto
confidargliela sapendo che mai mi avrebbe sgridata o
giudicata.
Con il bene placido dei miei
diventò una figura constante e molto presente, mi
chiamava tutte le sere e si informava come fosse
andata la giornata a scuola dandomi consigli e
soprattutto coraggio. La cura stava procedendo nel
verso giusto e mio malgrado dovetti dare ragione ai
miei genitori per la scelta. Maurizio divenne in
poco tempo l’amico di famiglia e i miei genitori
erano ben contenti di avere un supporto per la mia
crescita. Poi quando alla fine dell’anno scolastico
risultai promossa lui mi abbracciò e la sera mia
madre lo invitò a cena a casa nostra per festeggiare
la mia promozione. Insomma aveva davvero fatto un
buon lavoro su di me. Quella sera mi venne uno
strano pensiero ossia che quei due si conoscessero
più di quanto volessero far credere. Comunque fu
solo un pensiero.
Ricordo che quell’anno
passai le vacanze estive al mare con mio padre e la
sua nuova compagna, ma il mio pensiero tornava
sempre a Maurizio. Beh sì lo ammetto ero attratta
senza alcuna malizia da quella figura così
protettiva tanto che senza di lui mi sentivo persa.
Gli mandai anche qualche messaggio e lui mi rispose
puntualmente ogni volta con un cuoricino rosso.
L’inizio del nuovo anno scolastico fu come il
precedente per cui dopo due mesi tornai a prendere
ripetizioni da Maurizio. Lui fu ben contento di
potermi avere ancora come alunna e fu proprio in
quel periodo che successe qualcosa che mi segnò per
sempre. Quando mi rivide mi fece i complimenti e mi
disse testualmente: “Ti sei fatta donna!” Io
arrossii, ma quella frase mi gonfiò il cuore.
Dicevo, il passaggio dal ginnasio al liceo non fu
indolore e al primo compito in classe di matematica
presi sciaguratamente un bel tre. Mi sentii persa e
invece di andare a casa, bussai disperata alla sua
porta con le lacrime agli occhi. Era l’ora di
pranzo, lui aprì col tovagliolo in mano, io mi
scusai, ma lui, nonostante stesse mangiando, mi
accolse sorridendo con una tenerezza disarmante.
Come al solito chiuse la porta della stanza a
chiave e mi pregò di sedermi e fargli vedere il
compito. In piedi accanto a me iniziò a controllare
il foglio e ad accarezzarmi i capelli, ma io non
smettevo di piangere e fu a quel punto che mi disse:
“Ascolta Gilda, è passato quasi un anno e tu
continui a fare gli stessi errori banali dovuti solo
alla tua insicurezza. Tu hai solo bisogno di
crescere!” Si fermò un attimo e sempre
accarezzandomi la testa aggiunse: “Ora sto per fare
una cosa che forse non capirai e di certo non ti
piacerà, ma sappi che anche se non sono certo che
sia per il tuo bene sicuramente contribuirà alla tua
crescita.” Lo guardai con aria dubbiosa, lui mi
sorrise e disse: “Ovviamente tutto questo rimarrà
tra noi.”
Così dicendo si slacciò lentamente
la patta dei pantaloni. Giuro che ancora ricordo
come se fosse ora il rumore dei dentini della lampo
interrotto dalla sua voce caldissima: "Vuoi il
ciuccio vero?" Annuii istintivamente anche se lì per
lì non avevo ancora realizzato bene la cosa, ma
quando lo tirò fuori mi sentii smarrita. Non avevo
mai visto un pene di un adulto e sinceramente mi
spaventai. Voltai la testa dall’altra parte, ma lui
dolcissimo continuò ad accarezzarmi i capelli e poi
tirandomi a sé delicatamente mi disse di aprire la
bocca. Sì aveva ragione, non sapevo bene per come e
per cosa, ma quella mano che spingeva la mia testa
verso quel coso violaceo colmava il mio bisogno di
sentirmi protetta.
Non so come spiegarti, ma
in quel momento non lo vedevo come un atto sessuale
e mi chiesi se davvero quella fosse la strada più
rapida e veloce per prendere buoni voti a scuola e
non fare più quegli errori. A quel punto chiusi gli
occhi e lui con la punta del suo pene provò a
schiudermi le labbra, ma non entrò aspettando che
fossi io a quel punto a continuare. Ma io rimasi
immobile e lui, data la mia resistenza, mi rassicurò
dicendomi che per il momento se non me la fossi
sentita sarebbe bastato leccarlo come un cono
gelato. L’importante mi diceva che fossi consapevole
del momento e di quello che avrei fatto rinunciando
per sempre al mio mondo di favole, folletti,
principesse, gnomi ed elfi.
Nonostante il suo
auto controllo lo vidi irrigidirsi ed era più che
evidente che in quel preciso momento avrebbe voluto
una donna esperta capace di prendere l’iniziativa e
soddisfarlo, ma si trattenne e disse: “Non lo hai
mai fatto vero?” Feci cenno di no con la testa e lui
allora mi spiegò come impugnarlo, stringerlo e poi
andando su e giù con la mano dargli il giusto
piacere. Ormai era al culmine, lo sentii gemere e
dirmi che dovevo fare in fretta per via della moglie
e della figlia che lo stavano aspettando per il
pranzo.
Ricordo che sentii chiaramente la
voce di sua figlia chiamarlo a tavola. E per la
prima volta ebbi la sensazione di essere molto più
grande di lei nonostante avessimo la stessa età.
Durò pochissimo forse qualche altro secondo, alla
fine, nonostante mi incitasse non aprii la bocca,
lui rimase tra le mie labbra e senza il mio assenso
non andò oltre.
Si spazientì, mi disse che aveva
ragione nel pensare che non fossi ancora pronta e
che aveva sbagliato a prendere l’iniziativa, ad
accorciare i tempi e fidarsi di una ragazzina. Poi
però mi accarezzò il viso e con fare dolcissimo mi
disse che per il momento era più che sufficiente.
Dispiaciuta, ma anche sollevata, presi il mio zaino
e andai via.
Certo non ero esperta e non
sapevo bene come funzionasse, ma di sicuro quel suo
fare sbrigativo mi diede la sensazione di qualcosa
di incompiuto. Insomma ero stata un’incapace e
soprattutto avevo il timore che lui non volesse più
darmi ripetizioni. Ero agitata, la notte non dormii,
mi riveniva in mente sempre quel momento quando per
ostinazione avevo chiuso la bocca e lui ci era
rimasto male, non capendo invece che era proprio
quella mia inesperienza e quella mia ingenuità ad
eccitarlo.
Comunque il giorno dopo a scuola
mi informai con Lara, una ragazza dell’ultimo anno
che avevo conosciuto in una gita scolastica, senza
ovviamente accennare a Maurizio, ma a un ipotetico
coetaneo che mi aveva invitata a casa sua. Lei si
mise a ridere, era molto più grande di me e per
giunta ripetente. “Ma davvero alla tua età ancora
non l’hai mai fatto?” Sedute su una panchina nel
giardino della scuola mi spiegò bene come avvenisse
la cosa, come avrei dovuto in contemporanea agitarlo
e succhiarlo e che i ragazzi dopo circa cinque
minuti al momento del piacere spruzzano dal buchino
un liquido bianco. Poi mi disse di fare attenzione e
che per la prima volta mi sarei dovuta limitare al
quel tipo di sesso. Quando la lasciai ripensai alle
sue parole e ne dedussi che Maurizio non aveva avuto
alcun piacere e questo mi fece sentire ancora più
inadeguata.
Ma non durò molto perché il
pomeriggio stesso Maurizio mi chiamò e, nonostante
non fosse il giorno di lezione, volle vedermi. Prima
di tutto si accertò se avessi o meno parlato con mia
madre, poi sollevato iniziò ad accarezzarmi
dicendomi che non c’era nulla di male, ma che
sarebbe stato meglio se gli altri adulti non
sapessero.
Quella volta per la nostra lezione
non ci fu bisogno di aprire il libro degli esercizi
di matematica. La posizione fu identica a quella del
giorno prima. Io seduta rivolta verso la finestra e
lui in piedi di fronte alla porta a vetri in modo
che, se qualcuno fosse passato per il corridoio, lui
avrebbe avuto tutto il tempo di ricomporsi.
Mi chiese se me la sentissi. Forse per un rigurgito
di razionalità aggiunse: “Gilda, non sono io che te
lo sto dando, ma sei tu che me lo stai chiedendo…”
Annuii comunque, ormai ero decisa. Questa volta, su
sua precisa richiesta, fui io a slacciargli la patta
dei pantaloni per poi afferrare il suo coso nelle
mutande. Quando lo tirai fuori era già duro e tutto
rosso compiacendomi di quanto fosse semplice
eccitare un uomo per giunta adulto. Ripensai alle
parole di Lara e mi ripromisi di non fallire, per
cui chiusi gli occhi e lo presi in mano. Poi lo
strinsi forte e iniziai ad agitarlo. A quel punto,
guidata dalle sue mani sulla mia testa, spalancai
tutta la bocca e cominciai a succhiarlo in modo
maldestro e disordinato. Lui mi fermò la mano e con
estrema dolcezza mi disse di essere più delicata e
di fare attenzione ai denti. Obbedii e ripresi più
lentamente, e quando lo sentii gemere presi coraggio
fino a prenderlo tutto in bocca. Ero contenta ma,
nonostante le istruzioni di Lara e quindi sapendo
che da lì a poco avrebbe spruzzato chiusi
istintivamente le labbra e lui schizzò dappertutto
bagnandomi la faccia, la camicetta e i jeans.
Era passato davvero poco tempo. Mi chiesi se
l’amore fosse tutto lì, ma soprattutto non sapevo
interpretare il poco tempo passato. Lara aveva detto
cinque minuti, ma tutto compreso era passato meno di
un minuto. Ricordo che gli chiesi se fossi stata
brava e lui mi rispose che essendo stata la mia
prima volta ero stata a dir poco magnifica. Comunque
la prima sensazione fu di paura perché il mio
secondo pensiero, guardando le macchie sui miei
jeans, fu quello di essere rimasta irrimediabilmente
incinta. Non dissi nulla, presi le mie cose e
scappai da quella casa.
Nonostante lo avessi
desiderato con tutta me stessa il mio pudore prese
il sopravvento dandomi una sensazione di vergogna.
“Cosa avevo fatto?” Ebbene sì avevo fatto godere un
uomo adulto e mi sentivo sporca. Salendo le scale
sentivo ancora quel sapore acido. Appena arrivata a
casa senza salutare mia madre mi chiusi subito in
bagno. Mi lavai i denti, il viso e in qualche modo
tentai di far scomparire quel sapore dalla mia bocca
e quelle macchie dai miei vestiti.
Avevo timore
che mia madre sentisse quell’odore e che solo
guardandomi si accorgesse che avevo fatto un
pompino. A tavola non riuscivo a rendermi conto,
convinta che quelle cose le facessero solo le
ragazze di strada mi diedi della troia davanti allo
specchio, ma allo stesso tempo però pensavo di aver
fatto una cosa che le mie amiche della stessa mia
età ancora non avevano fatto, neppure mia sorella
che aveva due anni più di me. Insomma quel coso in
bocca o meglio quel segreto che nessuno mai avrebbe
dovuto conoscere mi aveva fatto crescere in fretta.
Tutto partì da quella volta e non potendomi
confidare con nessuno vivevo degli stati d’animo
contrastanti. Alle volte davo la colpa a me stessa,
altre mi rassicuravo pensando che anche mia madre
facesse quelle cose, ma principalmente accusavo
Maurizio, ma oggi penso che anche senza di lui, se
non lo avessi incontrato, sarebbe successa la stessa
cosa.
Il giorno dopo prima di bussare alla
sua porta feci per tre volte il giro dell'isolato,
ero indecisa, ma poi suonai al citofono salendo di
corsa la rampa delle scale. Ecco credo che quella
sia stata la linea precisa di cambiamento. Beh sì lo
aveva creduto anche Maurizio, dato che appena
entrata mi guardo con aria interrogativa e mi disse:
“Credevo di non vederti più!”
Da quel giorno in
poi come in tutti i giorni di lezione, entravo,
posavo i libri sul tavolo, mi sedevo, lui mi veniva
accanto e immancabilmente si sbottonava i pantaloni.
Tutte le volte mi veniva in bocca oppure sul viso o
sui miei piccoli seni. Diceva che solo così sarei
stata sua per sempre, solo così da grande sarei
potuta diventare una donna libera invidiata da tutte
le altre. Non capivo bene cosa intendesse per
libera, ma nella mia mente assomigliava a una donna
desiderata e corteggiata per cui lo pregai di farmi
diventare come mi immaginava nel suo desiderio. Me
ne stavo innamorando o forse già lo ero e
soprattutto avevo cominciato consapevolmente a
godere e ad apprezzare i piaceri del sesso. Le volte
che mi masturbavo sola nel bagno diventarono ben
presto un ricordo adolescenziale, ora era lui ad
inginocchiarsi davanti a me, scostarmi le mutandine
e baciare il mio sesso finché un fremito sottile
segnava l’arrivo del mio piacere.
Un giorno
gli chiesi se stessimo insieme e se potessi
considerarmi la sua fidanzata, lui mi rispose che
non dovevo affrettare i tempi, ma di certo tra le
sue braccia sarei diventata una donna vera. Infatti
da quel giorno le sue richieste si fecero più
precise ed io cambiai decisamente look. Mi comprai
un vestito nero e un paio di scarpe rosse col tacco
e poi andavo da lui con un leggero trucco e una
pennellata di rossetto. Lui ogni volta mi esortava a
rubare le mutandine, i reggiseni e le calze a mia
madre nonostante non avessimo la stessa taglia. A
mio parere non ero per nulla sexy, ma il solo fatto
di indossare quell’intimo e vedere quanto lui si
eccitasse mi faceva sentire adulta.
Solo più
tardi capii che quell’eccitazione aveva decisamente
altri risvolti, ma al momento, nonostante fossi
gelosa anche dell’aria che respirasse, mi piaceva
identificarmi in mia madre e sentirmi completamente
sua, anche se al momento non avevo ancora fatto il
grande passo!
E il grande passo avvenne certo
che avvenne. Circa tre settimane dopo, approfittando
dell'assenza di sua moglie e con sua figlia che
studiava nell’altra stanza, mi disse che finalmente
aveva deciso ed era arrivato il momento di fare
l'amore. Aggiunse anche che dovevo essergliene grata
perché non a tutte riservava quelle attenzioni. Lui
per l'occasione mi regalò il mio primo reggicalze e
un paio di calze nere che ancora conservo. Feci i
salti di gioia e per compiacerlo andai subito nel
bagno di servizio. Per l’occasione mi truccai
pesantemente e quando sul corridoio incontrai sua
figlia stranamente non mi vergognai anzi la guardai
altezzosa e piena di superbia. Io ero la donna di
suo padre, la rivale di sua madre e la donna che a
breve avrebbe conosciuto i piaceri dell’amore
completo!
Quella fu la mia prima volta, la
ricordo ancora come se fosse ora. Mi uscì tanto
sangue e più ne usciva più lui mi diceva che ormai
ero semplicemente la sua dolce puttana. Quella
parola mi entrò così nelle viscere che da quel
giorno lo pregai di dirmela ogni qualvolta mi
penetrava. Sentendolo dentro pensai che sarei stata
per sempre sua e nessun altro avrebbe mai varcato
quella soglia. Insomma mi ero davvero innamorata di
lui. Lui del resto era un uomo affascinante, tanto
bello che non mi sorpresi quando mi disse che non
ero stata la prima, che prima di me c’era stata una
ragazza più giovane di me che aveva frequentato la
mia stessa scuola anni prima. E altrettanto non mi
fece nessuno effetto quando seppi dalla mia compagna
di scuola Lara che quel professore di matematica da
cui prendevo ripetizioni era stato cacciato dalla
scuola per atti osceni. Mi disse che era stato
sorpreso per ben due volte nei bagni della scuola
con una studentessa e poi con una supplente di
latino ancora in servizio precario in quella scuola.
Ovviamente non dissi mai a Lara che oltre alle
ripetizioni il professore mi dava anche altro.
Io ero innamorata e quelle notizie invece di
farmi desistere alimentarono il mio orgoglio. Come
avevo fatto così ragazzina e senza esperienza a
conquistarlo? Come ad intrigarlo più di Sonia, la
supplente di latino? Me lo chiedevo spesso, così che
un giorno durante la ricreazione la volli conoscere
e allora presi tutto il mio coraggio e andai nella
terza B, la sua classe. Appena la vidi seduta su
quella cattedra mi prese un colpo! Era semplicemente
divina! Quel giorno portava una minigonna ascellare
e una maglia aderentissima che le metteva in risalto
le forme abbondanti del seno. Lei con aria
dolcissima mi chiese cosa stessi cercando ma la mia
scusa inventata poco prima non uscì dalla mia bocca,
balbettai qualcosa e poi scappai immediatamente da
quell’aula. Già, come avevo fatto a competere con
una donna così! Passato lo stupore andai in bagno e
mi guardai le tette allo specchio, sorrisi fiera, ma
era evidente che mi stessi solo illudendo.
L’immagine della supplente mi fece diventare ancora
più remissiva nei suoi confronti, ormai ero
completamente assoggettata alla sua volontà e al suo
e al mio piacere. Provai anche a masturbarmi da sola
distesa nel letto della mia stanza, ma non era più
la stessa cosa. Volevo solo godere con lui!
Quando entravo in quella stanza senza che lui mi
ordinasse nulla mi mettevo subito in ginocchio e lui
prima di iniziare la lezione di matematica mi dava
la lezione che più desideravo, ovviamente era solo
un piccolo assaggio per dimostrarmi il suo interesse
ed io la mia devozione e la mia felicità di sentirlo
eccitato per me. In quel frangente mi limitavo a
leccarlo e lui non veniva, perché entrambi
aspettavamo la fine della lezione per scopare e
godere insieme.
Quando una volta, durante
l’amore, gli chiesi il motivo per cui fosse stato
allontanato dalla scuola, lui mi rispose che era
stato scoperto dalla preside insieme ad
un’insegnante nel bagno della scuola mentre facevano
l’amore. A quel punto gli chiesi se ancora la
frequentasse, lui rispose che era stata una storia
molto intensa finché avevano fatto sesso in quel
bagno. Poi, dopo il licenziamento, una sera si
incontrarono a casa di lei e durante l’amore lui si
accorse quanto non fosse lei l’oggetto della sua
forte eccitazione, ma la trasgressione di farlo in
quel posto per cui si lasciarono.
Quella
volta capii che in amore non serve essere solo belle
e brave, ma essere capaci di stimolare ed appagare
le fantasie del proprio uomo, ma quando mi chiese la
parte intima che ancora non aveva avuto da me piansi
amaramente, non ero ancora pronta, ma lui non sentì
ragioni, mi disse che faceva parte del mio percorso
di crescita e che se mi fossi ancora ostinata a
negarmi avrebbe richiamato Sonia, aggiungendo che
lei non si era mai rifiutata di farlo neanche nel
bagno di scuola. Poi però mi tranquillizzò dicendomi
che avrebbe usato tutte le accortezze del caso, che
sarebbe stato estremamente delicato tanto che non
avrei sentito alcun dolore. Ma non fu così.
Ricordo ancora il giorno. Sotto la minaccia di
ritrovarmi Sonia come rivale cedetti su tutti i
fronti. Nonostante non fossimo soli in casa mi
preparò accuratamente con tanto di saliva e gel, poi
mi spiegò esattamente la posizione con i gomiti
appoggiati sul tavolo e una gamba leggermente
rialzata.
Quando decise che era giunto il
momento mi spalmò ancora un po' di gel pregandomi di
respirare profondamente, rilassarmi ed essere più
morbida possibile. Poco dopo nonostante piangessi lo
sentii spingere. Tremai, sudai, gridai dal dolore e
lui mi tappò la bocca con la mano, ma eccitatissimo
non si fermò. Quando terminò il suo percorso rimase
immobile dentro di me ed io ebbi una sensazione di
pieno e il dolore lasciò il posto ad una forte
sensazione di vero possesso. Ecco, ero davvero
diventata sua, ma la cosa che mi fece pensare fu il
fatto che nonostante le mie grida, sua moglie, che
non poteva non aver sentito, non bussò alla porta
della stanza.
Da quel giorno il bel professore
minacciandomi di richiamare la prof di latino non
rinunciò mai più a quell’intimità.
La gelosia
iniziò ad entrarmi nelle ossa, al punto che curiosa
ogni giorno passavo davanti la terza B per vedere
come fosse vestita Sonia e cercando a tutti i costi
di imitarla. I miei notarono quel mio cambiamento,
ormai andavo in giro truccatissima con gonne
inguinali, scarpe dal tacco improponibile e
soprattutto un paio di stivali di vernice nera che
riponevo in cantina prima di rientrare a casa. Mi
sentivo così donna fatta che mai avrei rinunciato al
mio nuovo look con la piena approvazione di
Maurizio.
Andammo avanti ancora per qualche
mese finché un bel giorno piansi amaramente quando
mi disse che non avevo più bisogno delle sue
lezioni. A scuola in effetti prendevo bei voti per
cui senza dirmi nulla chiamò mia madre e le disse
che potevo tranquillamente continuare a studiare da
sola. Mi crollò il mondo addosso, ma ormai non
potendo fare più a meno di lui lo affrontai a brutto
muso, ma lui calmo e scostante mi disse che quei
nostri incontri lo stavano stancando e che non era
più attratto dal mio piccolo seno, dalle mie cosce
magre, dalle labbra così sottili nonostante il
rossetto abbondante.
Disperata pensai subito a
Sonia e a un loro ritorno di fiamma, senza vergogna
gli urlai tutti i miei sospetti, ma lui invece di
rassicurarmi rincarò la dose dicendomi che non
esisteva nessuna altra donna, semplicemente non
trovava più piacere a scoparmi. Ovviamente era tutta
una tattica, infatti aggiunse subito dopo che se
avessi fatto la brava ci avrebbe ripensato.
Sbalordita dal suo cambiamento repentino non
compresi subito le sue intenzioni. Nella mia mente
avevo solo paura di perderlo e avrei fatto davvero
tutto per lui. Immancabilmente dopo alcuni giorni di
alti e bassi arrivò la richiesta che temevo. Mi
chiese se avessi un'amica, una compagna di scuola
che avesse bisogno di ripetizioni.
Mi mancò
il respiro, svenni, lui mi adagiò sul divano e poi
chiamò sua moglie che mi fece bere un po’ di acqua e
zucchero. Fu in quel momento che ebbi la netta
convinzione che sua moglie sapesse e tollerasse.
Comunque chiamarono mia madre, ma io non volli
andare via. Ero pazza, sentivo che stavo per
perderlo e se fossi andata via non lo avrei più
rivisto per cui rimasi lì fino a tarda sera, cenai
con loro e dopo cena lui mi riaccompagnò a casa. Mi
diede il ciuccio in ascensore, ma non si smosse dal
suo proposito.
Il giorno dopo lui non volle
fare l’amore e la cosa andò avanti per settimane
nonostante lo pregassi e piangessi ogni volta. Mi
diceva che dovevo crescere, che dovevo combattere la
gelosia ed accettare i suoi desideri. Per ferirmi
ancora di più mi disse: “Sai che mi scopo tua
madre?” Glielo feci ripetere quattro volte, non
volevo capire! Poi gli chiesi da quanto e lui con
una faccia che non avevo mai visto mi rispose: “Da
sempre!” Allora ripensai al motivo della separazione
dei miei. Ovviamente non diedi la colpa a lui e
pensai invece che mi sarei vendicata con mia madre e
gliel’avrei fatta pagare! Compresi anche il motivo
perché mi chiedesse insistentemente di indossare la
sua lingerie nonostante ormai il mio guardaroba
fosse pieno dei suoi desideri.
Con mia madre
feci buon viso a cattivo gioco, non le dissi nulla,
ma sentivo che dovevo staccarmi da quella
situazione, per cui per qualche giorno mi ripromisi
di non vederlo. Mi chiusi a chiave nella mia stanza
pregando mia madre di non aprirmi per nessuna
ragione. Piangevo, mi disperavo, vomitavo, ebbi
anche qualche linea di febbre e dei forti mal di
testa. Non volevo ammettere che fossi completamente
persa di lui e il timore di perderlo mi stesse
divorando fegato e cervello. Mi chiesi più volte
dove avessi sbagliato dandomi la colpa per non
essere grande a sufficienza per appagare un adulto.
Quando mia madre mi chiese insistentemente il motivo
del mio stato pietoso le risposi semplicemente: “Lo
sai!”
Comunque dovevo reagire, fare qualcosa
e stare chiusa lì dentro non sarebbe servito a
nulla. Quindi ripresi la mia vita. Addirittura
parlai con la moglie di Maurizio. Una mattina la
incontrai nel giardino condominiale e le chiesi se
suo marito in quel periodo stesse dando ripetizione
ad altre ragazze. Lei mi guardò con aria
compassionevole, mi disse di no aggiungendo però che
non dovevo darmi pena perché gli uomini sono
inaffidabili per loro natura. Quindi dedussi che
qualcosa sapesse!
La mia paura principale,
non era tanto mia madre, ma che qualcun’altra
prendesse il mio posto, insomma che mi avrebbe
sostituito, magari con la prof di latino, e quindi
quando lui mi tranquillizzò dicendomi che comunque
sarei rimasta la sua preferita alla fine cedetti e
gli presentai la mia amica Sara.
La fortuna mi
aiutò perché solo pochi giorni prima Sara aveva
fatto scena muta all’interrogazione di trigonometria
prendendosi un bell’impreparato. All’uscita di
scuola la avvicinai e le parlai del professor
Maurizio, elogiando le sue doti e la sua
preparazione in matematica. Le dissi anche che con
lui ero riuscita a rimettermi in riga sia in
matematica che in fisica. Lei il giorno stesso ne
parlò con i suoi e la sera mi mandò un messaggio.
Stupidamente feci salti di gioia convinta che
Maurizio avrebbe apprezzato la mia disponibilità. Il
giorno dopo andammo insieme dal professore. Sara era
completamente l’opposto di me, bionda con gli occhi
celesti, già sviluppata con una terza di seno e due
labbra grandi.
Lui ci accolse raggiante e quando
vide Sara ebbe per tutta la lezione solo occhi per
lei, comunque mi elogiò davanti a lei, dicendomi che
ero una ragazza intelligente e molto
accondiscendete, ma quando rimanemmo soli e gli
chiesi di fare l’amore lui mi rispose che per il
momento avevo fatto solo il mio dovere. Sara essendo
all’oscuro di ciò che le sarebbe capitato durante la
lezione rimaneva sulle sue non reagendo ai
complimenti smaccati di Maurizio.
Beh è
inutile dirti come andò a finire, vedere che lui
provasse così indecentemente con un’altra ragazza mi
convinse che ormai non provava più niente per me,
che ero stata solo un suo divertimento. Lui tentò di
recuperarmi dicendomi che l’una non escludeva
l’altra, anzi che saremmo dovute diventare complici
e lui ci avrebbe amate ambedue. Per qualche
settimana continuai ad andare, chiedendomi
ingenuamente se un uomo potesse amare due donne
contemporaneamente e con la stessa intensità, ma
durò poco perché vederlo così preso da Sara e che
usava gli stessi modi e le stesse frasi per
conquistarla come aveva fatto con me, sinceramente
fu troppo anche per una innamorata come me.
Caddi in depressione, tornai a chiudermi nella mia
camera e rifiutai puntualmente il cibo. Piangevo
lacrime amare pensando a Sara che era lì nella sua
casa, esattamente vestita come me, e pensai alla
loro prima volta con Sara seduta esattamente nella
stessa mia posizione, e lui in piedi che le
accarezzava i capelli e intanto le spingeva la testa
verso il suo pene, esattamente eretto, esattamente
eccitato, esattamente finto, esattamente porco come
lo era stato con me.
Mia madre preoccupata
chiamò mio padre. Lui decisamente scocciato mi portò
dallo psicologo, ma ormai il più era fatto,
devastata nel cuore feci fatica a riprendermi.
Quell’anno venni rimandata in tre materie compresa
matematica. Mi sembrava che vivere non avesse avuto
più senso, del resto con Maurizio ero diventata una
donna assaporando i piaceri del sesso e in quel
momento sarebbe stato difficile proseguire da sola.
Ma ovviamente mi sbagliavo.
L’ULTIMO
ANNO DI SCUOLA
Lì finì la mia storia con
Maurizio, ma non la mia ricerca spasmodica delle
attenzioni da parte degli uomini. A scuola non
riuscivo a concentrarmi su niente altro. Ogni
ricerca in internet, sia se si trattasse di un forum
su Manzoni o di algebra diventava per me un motivo
valido per conoscere ragazzi. Poi scoprii le chat.
Scoprii un mondo diverso, in cui il sesso era
associato a qualcosa di sporco e di peccaminoso.
Quelle chat traboccavano di parole sconce, io
fingevo di essere molto più grande e gli uomini non
si risparmiavano a farmi volare con la fantasia, ma
anche ad insultarmi per il solo fatto che provassi
piacere come donna. Durante quelle chat, a casa o
nella stessa biblioteca della scuola, bastava che mi
sfiorassi per raggiungere l’orgasmo.
Poi conobbi
un ragazzo dell’ultimo anno, lui aveva già l’auto e
mi offrì un passaggio. Fermò la sua macchina vicino
alla ferrovia, ci baciammo e poi mi prese. Forse
perché avevo riposto molte aspettative o forse
perché volevo scrollarmi del tutto il ricordo di
Maurizio quell’incontro non fu una esperienza
eccezionale. Rimasi piuttosto delusa. Naturalmente
ci incontrammo il giorno dopo e il giorno dopo
ancora, ma l’effetto non cambiò, per cui, per capire
se ci fosse in me qualcosa che non andasse,
adocchiai altri ragazzi della stessa sua età.
Bastava poco per andarci a letto, a volte una pizza,
ma anche una birra, un invito a casa a studiare
insieme, o un semplice sorriso.
Divenni il frutto
proibito dell’intera scuola, andai con i miei
coetanei, sorprendendoli per la facilità con cui
arrivavano velocemente all’obiettivo, ma in cuor mio
cercavo uomini adulti per sostituire il mio
professore nel migliore dei modi.
Tesoro ora
te lo posso confessare! Non so quante seghe ho
fatto, ma ti giuro tante, alle volte anche due, tre
in un solo giorno, mi faceva piacere dare piacere,
ma soprattutto sentirmi unica e desiderata. Nei
bagni della scuola facevano la fila sai? E più la
coda si allungava più ero soddisfatta di me stessa,
felice per quell’immensa considerazione che
ricevevo.
Non a tutti mi davo completamente.
Al tempo bastava molto poco per raggiungere il
benessere. A volte un bacio, una parola complice
oppure il pensiero che due mani sconosciute stessero
toccando le mie intimità e il più delle volte
raggiungevo l’orgasmo pensando che stavo donando
qualcosa di me stessa, ossia che stavo offrendo
qualcosa di prezioso e di segreto. Come dire…
preferivo la quantità alla qualità. Parecchie volte
è successo di dare appuntamenti multipli nella
stessa giornata. Il risultato fu che le mie amiche
avevano avuto al massimo quattro/cinque partner
durante la loro esistenza mentre io viaggiavo con
gli stessi numeri in un solo giorno!
Poi
però verso la fine del liceo, lessi un giorno sul
muro di scuola: “Gilda è una troia!” Avvampai
immediatamente e mi misi a correre per la vergogna.
Quando tornai a casa mia madre sapeva già tutto. Era
stata chiamata dalla preside. Mi chiese cosa ci
fosse di vero ed io candidamente le risposi che
forse era esattamente il contrario, insomma una
vendetta da parte dei compagni di scuola a cui mi
ero sempre negata, nessuno escluso. Ovviamente mia
madre fece fatica a credermi e il risultato fu che
da quel giorno dovetti tenermi alla larga dalla
scuola.
Ma si sa non tutto il male viene per
nuocere per cui, cercando altri terreni di
conquista, ogni occasione fu buona per incontrare
gente diversa, tipo nei locali, nelle birrerie, ma
anche nel circolo da tennis dove mi ero segnata. Lì
potevo scegliere uomini maturi, più passionali e
altruisti durante l’atto. Per non farli fuggire
avevo imparato a non chiedere loro nulla che potesse
comprometterli, tipo nome, età, indirizzo e se
fossero sposati o se avessero figli. Ricordo come se
fosse oggi quando mi concessi al mio maestro di
tennis, lui stravedeva per me e impazziva quando
indossavo le gonnelline corte da tennis. Mi faceva
sempre i complimenti. Poi un giorno mi invitò a casa
sua, io accettai. Salii quelle scale col fiato in
gola, lui appena mi vide mi fece accomodare in sala.
Iniziò a baciarmi e ancora col piumino indosso mi
prese all’istante e facemmo l’amore in piedi. Fu
tutto così veloce, non più di cinque minuti, ma non
lo dimenticherò mai.
Col maestro ci feci
l’amore cinque o sei volte, ma fondamentalmente la
mia vita sociale era uno schifo. Non avevo un
ragazzo fisso ed ero completamente sola senza uno
straccio di amiche a parte Lara. Ero scontrosa,
irascibile e come al solito mia madre, quando non
sapeva cosa fare, mi obbligava ad andare dal medico.
Lui mi visitava e si limitava a prescrivermi un
ansiolitico. Del resto i medici non sono
assolutamente preparati e nonostante gli confidassi
in dettaglio le mie pulsioni, non riusciva a capire
veramente da cosa derivasse il mio disagio e come
potesse influenzare ogni istante delle mie giornate.
Mi fu utile solo quando presi una malattia venerea.
Mi prese un attimo di sconforto, andai da lui
piangendo, ma grazie a lui guarii nel giro di
qualche settimana e dopo la cura ero più in forma e
vogliosa di prima.
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