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RACCONTI
 
 

I racconti di LiberaEva
Gilda
Memorie di una signora per bene
 




 


 
 


Gilda io
Corrado, tu
Giulio mio marito
Maurizio amico di famiglia
Lara compagna di scuola
Sonia la supplente di latino
Ludovico padre di Lara
Sara amica
Giancarlo l’amico di mia madre
Samuele il direttore del supermercato
Antonio, l’ex carabiniere
Marco il mio fidanzato
Giovanni il meccanico
Nicola il figlio di Giovanni
Carla la moglie di Giovanni
Madame Vanille la signora del bordello
Nathalie la mia collega
Camille il mio alter ego
Luciano l’amico di mio marito
Paolo, l’uomo del Car Sex
Renato Il Coinquilino
Massimo Pezzi L’amministratore delegato
Marcel Bernard Lo scrittore di racconti erotici
Rosalie la moglie di Marcel
Vittorio Lezzi psichiatra
SONIA un’amica
Aleksandr il santone
Sandro l’amante anziano
Giacomo il mio amante milanese
Marianna la figlia di Giacomo
Daniela una mia collega
Luca il marito della mia collega
Augusto Bianchi il notaio
Cristiana la figlia di Augusto
Santiago Lo spagnolo
Chang il personal trainer
Stefania mia sorella
Davide il marito di Stefania, mio cognato
Guido il fratello di Luca
Kevin il figlio di amici
Gianni, il chirurgo
Mara mia madre
Federico mio padre



CORRADO

Ciao tesoro mio,
la mia anima è nuda ed io la sto guardando allo specchio e sono sempre più convinta che, come dici tu, non abbia bisogno di una banale conquista. Lei esiste perché fin quanto rimarrà immacolata sarà oggetto del tuo desiderio. L’ammiro e la sfioro tra i peli radi che non coprono nulla. Non ridere ti prego, ma la sento vergine perché ha le labbra timide, colorate di rosa come quelle di una bambina al primo bacio d’amore. La tocco e la stringo, il suo calore mi dice che ha bisogno di tante prime volte, la sua impudicizia di molti tentativi che non abbiano una fine. Tu non mi scrivi ma so che la stai bramando ed io immagino quando in una qualunque stanza di un motel di periferia per non sciuparmela me la guarderai senza toccarla.

Sai Corrado, questi sono percorsi dell'anima e la cosa più importante è la certezza dei passi che vado percorrendo. Non mi chiedere quanto tempo ancora manchi al nostro incontro, dammi piuttosto le istruzioni, cosa dovrò fare oggi o domani per essere pronta, cosa dovrò indossare per essere la tua Dea. Dimmi se i miei stivali di pelle sono adatti a questa giornata di sole oppure se sono troppo volgari e mi fanno donna lasciva, se lo stesso paio di guanti di raso darebbero un senso alla mia folle ricerca dell’ennesima avventura.
Vorrei ora che tu mi vedessi quando maliziosamente sollevo la gonna oltre qualsiasi orlo di buona creanza. Se tu conosci cosa davvero vado cercando, ti prego, dimmelo, fammi partecipe della tua brama, dimmi chiaramente che la desideri questa mia fica ribelle che ora ti mostrerei per sentirmi immorale, per sentire che in fondo, nonostante l’età, sono ancora piacente.

Se io avessi voluto solo un amante già da tempo ci saremmo visti e consumato nell’oblio il piacere della carne. Tu non immagini negli anni passati a quanti uomini mi sono data perché non ho mai cercato un amante, perché non sono una normale donna infedele, io sono altro, io ho sempre cercato, il paradiso nella perdizione dell’inferno. Tu pensi che sia possibile? Oppure mi sto solo illudendo? Oppure ho solo bisogno di considerazione confondendo l’anima con il cuore?
Comunque grazie se mi leggi e scusa se ti scrivo solo ora, ma ho preferito riflettere per qualche giorno e sono arrivata alla convinzione che non ho alcun diritto a nasconderti la mia storia. Tu sei una persona straordinaria, mi hai preso anima e corpo e forse non esagero nel dirti che mi sto innamorando di te.
Certo io e te non ci siamo mai visti, le nostre emozioni corrono solo attraverso questa chat, ma ogni giorno che passa mi illudo nel pensare che tra me e te possa esserci un futuro fuori da questo mondo virtuale.
Sai, sento un’incredibile sintonia e spero che anche tu abbia le stesse mie sensazioni anche se a volte nei miei momenti più bui mi viene il forte dubbio che non esisti e che sei solo un prolungamento della mia fertile fantasia.

Sai ho avuto tante storie qui, con qualcuno ci sono soltanto uscita, con altri ci ho anche fatto l’amore, ma alla fine tutto e sempre si è risolto in un fuoco di paglia perché fondamentalmente sono solo innamorata di me stessa, della mia femminilità ed è per questo che trovo estremamente difficile incontrare un uomo che abbia la sensibilità di valorizzarmi fino a toccarmi le corde più profonde dell’anima.

Sai porto un nome importante, quello di una dark lady spregiudicata, infedele, nella quale a volte mi ci identifico, altre invece vorrei essere semplicemente una etera fanciulla che non fosse mai invecchiata, insomma una specie di ritratto di Dorian Gray, ma purtroppo non è così e tu sai bene che porto il doppio dei tuoi anni. Non so sai se un giorno mi farò vedere da te, ma sappi che per me è dura, maledettamente dura, anche se immagino che tu mi dica ogni volta che gli anni non contano e che una donna è bella per definizione. Beh sì mi reputo una bella donna, adoro curare il mio aspetto e mi considero una donna dal carattere molto socievole con una componente esibizionista che non fa mai male anche se amo nascondermi dietro un alone di mistero perché credo che in amore l’arte dello scoprirsi lentamente sia la premessa di qualsiasi seduzione.

Mio marito Giulio non è in casa e prima di scriverti ho indossato per te il tubino nero in latex che più volte mi chiedi quando facciamo l’amore qui in chat. Sì lo so, non conosco le tue preferenze ma credo davvero che ti piaccia. Mi sono truccata ed ho messo il rossetto red passion, quello indelebile e sotto ho messo una calza velata nera con la riga, quella che corre lungo il sentiero dell’eros e cammina lungo il tragitto lastricato da cattive intenzioni, una specie di seduzione che corre su un filo, trama dopo trama per essere incantevole simbolo di femminilità, sigillo di classe e marchio d’eleganza.
Insomma sì, mi sono vestita come tu mi vuoi ed ora sono qui che ti scrivo. Sono certa che ti starai chiedendo perché l’abbia fatto, sinceramente non lo so, forse perché vorrei che tu mi sentissi più vicina e che tramite queste parole avvertissi tutta la sensualità che esprimo come donna o come dici tu, come troia. Non ti nego che da quando ti sto scrivendo i miei umori densi si stanno sciogliendo come stalattiti ai primi caldi. Tu mi fai questo effetto! Dio come vorrei ora che tu fossi qui e assaporassi il mio piacere, e che ti saziassi di tutto il nettare che sgorga alla sola idea di avermi, di averti. Sai ha il sapore misto tra l’albicocca e il miele con una punta acre di bergamotto, spero davvero quando sarà possibile di fartelo assaggiare e soprattutto che sia di tuo gusto.

Dicevo ho voluto riflettere, perché so benissimo che se ci vedessimo anche solo una volta sarà l’inizio di una bellissima storia d’amore. Per questo prendo tempo, non perché non ti desideri, anzi, ma perché non vorrei mai e per nessuna ragione deluderti. Tesoro sai, non sono più una fanciulla ed anche se io mi vedo bella so che la mia pelle rispecchia gli anni che porto. Alle volte penso perché mai tu abbia avuto la sfortuna di conoscermi a questa età, sai, sarebbero bastati pochi anni prima, diciamo una decina, quando ancora sicura del mio aspetto non avevo problemi a scegliermi gli amanti e farli accomodare tra le mie grazie.

Tu spesso mi dici che hai avuto vagonate di donne nella tua vita e che per tuo carattere desideri la totale dedizione e disponibilità da parte mia. Non nego che mi fa un enorme piacere e che nella mia vita mai e poi mai mi sono sentita completamente dipendente da un uomo come avrei voluto. Ma sono due giorni che ripenso alle tue parole. Sì lo so tu non me le hai scritta, anzi non mi scrivi nulla, ma ho raggiunto il culmine del mio piacere quando ho letto quel "ti amo" improvviso. È stato un fulmine a ciel sereno ed ha riempito ogni piega della mia anima e delle mie mutande oltre a darmi la cifra di quanto sia cresciuto il nostro rapporto e quanto conti per te. Non me lo aspettavo sai! È così tutto incredibile. Ci stiamo amando senza esserci mai visti, senza esserci mai sentiti! Mi stai amando nonostante io ormai sia una vecchia signora, anche se ancora appetibile. Come dite voi giovani? Una milf?

Mi chiedo se sia possibile che accada una cosa simile, ma voglio andarci cauta, voglio fare le cose con ordine. E poi ho pensato molto alla promessa che ti ho fatto, ossia quella di diradare gli altri miei incontri, o come dici tu, di cancellare con un colpo di spugna tutti gli altri uomini che mi girano intorno, e quindi poi di vederci. Non sarà facile sai, ma mi piacerebbe rompere finalmente gli argini e offrirci reciprocamente. Lo sai anche tu che sarà estremamente difficile, ma il fatto che tu me lo chieda mi fa sentire ancora più in dovere di farmi conoscere a fondo e di raccontarti tutta la mia storia.

E scusa se lo faccio, ma voglio cominciare a raccontarti da quando ero un’adolescente, altrimenti tutto quello che sto vivendo ora non avrebbe alcun senso.


I PRIMI TEMPI

Tutto nasce quando frequentavo i primi anni del ginnasio, ero bella sì, ma molto acerba comprese le tette appena accennate e le cosce secche come due rami di pesco. Non so, sarà stato il cambiamento di scuola, saranno state le mie perenni insicurezze, ma i bei voti delle medie avevano subito un crollo verticale. Inoltre, in quel periodo, i miei genitori si stavano separando ed io avevo avuto da poco le mie cose. Per me insomma fu un cambiamento epocale, frequentavo ragazzi e ragazze più grandi e il mio aspetto aveva iniziato ad assumere lineamenti da adulta.

Nel bel mezzo di questo cambiamento era anche successo qualcosa che mi diede la consapevolezza di essere cresciuta ossia, qualche tempo prima, giocando con un mio amichetto di scuola, mi sorpresi a strusciare il mio corpo sui jeans del mio compagno di scuola e improvvisamente iniziai a tremare tutta e quasi all’istante ebbi un piacere immenso durato credo una trentina di secondi. Mi bagnai completamente e superata la vergogna per quello che mi era accaduto caddi in uno stato di benessere mai avvertito prima. Insomma salutai il mio compagno di giochi, mi chiusi in bagno e cercai nuovamente di provare lo stesso piacere con l’aiuto delle mie sole mani. Il risultato fu incredibile perché oltre al piacere avvertii un senso smisurato di libertà e la consapevolezza che avrei potuto liberamente e senza alcun freno, in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, provare quel tipo di sensazione. Naturalmente ci riprovai tutte le volte che mi fu possibile, chiusa in bagno, anche a scuola, non dovevo chiedere nessun permesso o pagare qualcosa, tuttavia cercai di limitarmi, ma con scarsi risultati. Lo ripetevo quattro cinque volte al giorno e ad ogni fine giornata mi sentivo davvero esausta.

Passarono alcuni mesi e quando i professori dissero a mia madre che avevo insufficienze in quasi tutte le materie e che avrei potuto ripetere l’anno, lei disperata telefonò a mio padre e insieme decisero di farmi vedere da un medico e in seguito da una specialista la quale, non sapendo bene cosa fare, mi riempì di medicine per la memoria e la concentrazione.
La cura non ebbe effetto e i voti rimasero incollati più vicino allo zero che alla sufficienza così che, dopo la prima pagella, mio padre, ormai in tutte altre faccende affaccendato, decise di lavarsene le mani e mia madre, dato i risultati, decise di non aiutarmi più nei compiti e pensò bene di mandarmi a ripetizione da un vicino, il signor Maurizio, ex professore di matematica, filosofia e fisica, che abitava nello stesso nostro condominio, ma al secondo piano della palazzina B.

Ti premetto che al tempo, nonostante le prime pulsioni che consumavo in estrema solitudine, ero una ragazzina timida al limite del patologico. Vivevo in un mondo tutto mio cosparso più da personaggi ed eroine fantastiche che da persone reali e in effetti le mie masturbazioni non riguardavano mai ragazzi che conoscevo nella vita reale, ma personaggi di film o di libri vari. Avevo paura di tutto ed ero così introversa che nonostante avessi avuto diverse occasioni, non avevo ancora dato il mio primo bacio, credendo fermamente che i bambini nascessero dal semplice sfioramento delle labbra. Anzi sì un bacio sulle labbra lo avevo dato sotto casa al ritorno dalla scuola al mio compagno di banco, ma poi ero salita di corsa in casa e mi ero sciacquata la bocca per circa dieci minuti. Quando lui il giorno dopo sotto scuola mi chiese se stessimo insieme, io feci scena muta e scappai in classe.

Insomma quando i miei mi comunicarono la loro decisione di andare a ripetizione dal signor Maurizio feci il diavolo a quattro. Assolutamente non volevo andare da quel vecchio, per tre giorni rifiutai il pranzo e la cena, ma poi un po’ con le buone e un po’ con le cattive dopo circa una settimana, accompagnata da mia madre, che però rimase sulla porta e non entrò in casa, suonai il campanello dell’interno 6 della palazzina B.


IL SIGNOR MAURIZIO

Per tutta l’ora di lezione feci scena muta, arrossendo ad ogni domanda, ma il signor Maurizio, che al tempo aveva qualcosa di più di cinquant’anni, si dimostrò molto paziente, così che quel giorno ed altri ancora iniziò a riempirmi di dolcezze. A poco a poco, grazie a lui e al suo ascendente di uomo adulto, riuscii a scrollarmi di dosso qualche paura ed anche a scuola le cose cambiarono nonostante lui dedicasse la maggior parte del tempo a parlare di me, delle mie sensazioni, di cosa provassi o pensassi e poco tempo allo studio. Insomma era molto dolce, con le ragazzine ci sapeva fare ed aveva ragione da vendere quando diceva a mia madre che la vera causa non fosse il mancato studio o la mancanza di memoria o concentrazione, ma solo la mia atavica insicurezza nel relazionarmi con le altre persone.

Lentamente grazie alla sua disponibilità iniziai a superare i miei tabù e a sentirmi più sicura. Ricordo ancora quando un pomeriggio mi misi a piangere perché incapace di risolvere un'equazione di primo grado. Lui sorrise, si alzò, mi venne vicino e mi accarezzò i capelli. Ecco quella volta, tramite quel gesto paterno, sentii tanto affetto, calore e protezione che mai avevo ricevuto da mio padre, dagli altri professori o da qualsiasi adulto. Di solito mi parlava sottovoce, mi diceva quanto le difficoltà, gli ostacoli e i problemi fossero la linfa della crescita e il sale della vita, l’importante era non scoraggiarsi, ma affrontare le contrarietà vedendole come sfide da superare. Certo al tempo non afferravo completamente tutti i suoi concetti, ma la cosa che più mi rendeva felice era la sua disponibilità a darmi la giusta attenzione. Paziente e senza mostrare alcuna insofferenza, rimaneva in silenzio ad ascoltare qualsiasi cosa avessi da dire.

Lui viveva in quella casa con la moglie e la figlia, mia coetanea. Avendo capito le mie difficoltà quando entravo in quella casa faceva in modo di non farmi incontrare le altre due persone e quando entravo nella stanza chiudeva sempre la porta a chiave per farmi sentire a mio agio. Lui mi ripeteva spesso che indipendentemente dalle materie che studiavamo avrei potuto aprirmi con lui e confidargli ogni cosa. A poco a poco lo sentii come mio complice, la persona che, qualunque cosa avessi fatto o fosse accaduta, avrei potuto confidargliela sapendo che mai mi avrebbe sgridata o giudicata.

Con il bene placido dei miei diventò una figura constante e molto presente, mi chiamava tutte le sere e si informava come fosse andata la giornata a scuola dandomi consigli e soprattutto coraggio. La cura stava procedendo nel verso giusto e mio malgrado dovetti dare ragione ai miei genitori per la scelta. Maurizio divenne in poco tempo l’amico di famiglia e i miei genitori erano ben contenti di avere un supporto per la mia crescita. Poi quando alla fine dell’anno scolastico risultai promossa lui mi abbracciò e la sera mia madre lo invitò a cena a casa nostra per festeggiare la mia promozione. Insomma aveva davvero fatto un buon lavoro su di me. Quella sera mi venne uno strano pensiero ossia che quei due si conoscessero più di quanto volessero far credere. Comunque fu solo un pensiero.

Ricordo che quell’anno passai le vacanze estive al mare con mio padre e la sua nuova compagna, ma il mio pensiero tornava sempre a Maurizio. Beh sì lo ammetto ero attratta senza alcuna malizia da quella figura così protettiva tanto che senza di lui mi sentivo persa. Gli mandai anche qualche messaggio e lui mi rispose puntualmente ogni volta con un cuoricino rosso.

L’inizio del nuovo anno scolastico fu come il precedente per cui dopo due mesi tornai a prendere ripetizioni da Maurizio. Lui fu ben contento di potermi avere ancora come alunna e fu proprio in quel periodo che successe qualcosa che mi segnò per sempre. Quando mi rivide mi fece i complimenti e mi disse testualmente: “Ti sei fatta donna!” Io arrossii, ma quella frase mi gonfiò il cuore.
Dicevo, il passaggio dal ginnasio al liceo non fu indolore e al primo compito in classe di matematica presi sciaguratamente un bel tre. Mi sentii persa e invece di andare a casa, bussai disperata alla sua porta con le lacrime agli occhi. Era l’ora di pranzo, lui aprì col tovagliolo in mano, io mi scusai, ma lui, nonostante stesse mangiando, mi accolse sorridendo con una tenerezza disarmante.

Come al solito chiuse la porta della stanza a chiave e mi pregò di sedermi e fargli vedere il compito. In piedi accanto a me iniziò a controllare il foglio e ad accarezzarmi i capelli, ma io non smettevo di piangere e fu a quel punto che mi disse: “Ascolta Gilda, è passato quasi un anno e tu continui a fare gli stessi errori banali dovuti solo alla tua insicurezza. Tu hai solo bisogno di crescere!” Si fermò un attimo e sempre accarezzandomi la testa aggiunse: “Ora sto per fare una cosa che forse non capirai e di certo non ti piacerà, ma sappi che anche se non sono certo che sia per il tuo bene sicuramente contribuirà alla tua crescita.” Lo guardai con aria dubbiosa, lui mi sorrise e disse: “Ovviamente tutto questo rimarrà tra noi.”

Così dicendo si slacciò lentamente la patta dei pantaloni. Giuro che ancora ricordo come se fosse ora il rumore dei dentini della lampo interrotto dalla sua voce caldissima: "Vuoi il ciuccio vero?" Annuii istintivamente anche se lì per lì non avevo ancora realizzato bene la cosa, ma quando lo tirò fuori mi sentii smarrita. Non avevo mai visto un pene di un adulto e sinceramente mi spaventai. Voltai la testa dall’altra parte, ma lui dolcissimo continuò ad accarezzarmi i capelli e poi tirandomi a sé delicatamente mi disse di aprire la bocca. Sì aveva ragione, non sapevo bene per come e per cosa, ma quella mano che spingeva la mia testa verso quel coso violaceo colmava il mio bisogno di sentirmi protetta.

Non so come spiegarti, ma in quel momento non lo vedevo come un atto sessuale e mi chiesi se davvero quella fosse la strada più rapida e veloce per prendere buoni voti a scuola e non fare più quegli errori. A quel punto chiusi gli occhi e lui con la punta del suo pene provò a schiudermi le labbra, ma non entrò aspettando che fossi io a quel punto a continuare. Ma io rimasi immobile e lui, data la mia resistenza, mi rassicurò dicendomi che per il momento se non me la fossi sentita sarebbe bastato leccarlo come un cono gelato. L’importante mi diceva che fossi consapevole del momento e di quello che avrei fatto rinunciando per sempre al mio mondo di favole, folletti, principesse, gnomi ed elfi.

Nonostante il suo auto controllo lo vidi irrigidirsi ed era più che evidente che in quel preciso momento avrebbe voluto una donna esperta capace di prendere l’iniziativa e soddisfarlo, ma si trattenne e disse: “Non lo hai mai fatto vero?” Feci cenno di no con la testa e lui allora mi spiegò come impugnarlo, stringerlo e poi andando su e giù con la mano dargli il giusto piacere. Ormai era al culmine, lo sentii gemere e dirmi che dovevo fare in fretta per via della moglie e della figlia che lo stavano aspettando per il pranzo.

Ricordo che sentii chiaramente la voce di sua figlia chiamarlo a tavola. E per la prima volta ebbi la sensazione di essere molto più grande di lei nonostante avessimo la stessa età. Durò pochissimo forse qualche altro secondo, alla fine, nonostante mi incitasse non aprii la bocca, lui rimase tra le mie labbra e senza il mio assenso non andò oltre.
Si spazientì, mi disse che aveva ragione nel pensare che non fossi ancora pronta e che aveva sbagliato a prendere l’iniziativa, ad accorciare i tempi e fidarsi di una ragazzina. Poi però mi accarezzò il viso e con fare dolcissimo mi disse che per il momento era più che sufficiente. Dispiaciuta, ma anche sollevata, presi il mio zaino e andai via.

Certo non ero esperta e non sapevo bene come funzionasse, ma di sicuro quel suo fare sbrigativo mi diede la sensazione di qualcosa di incompiuto. Insomma ero stata un’incapace e soprattutto avevo il timore che lui non volesse più darmi ripetizioni. Ero agitata, la notte non dormii, mi riveniva in mente sempre quel momento quando per ostinazione avevo chiuso la bocca e lui ci era rimasto male, non capendo invece che era proprio quella mia inesperienza e quella mia ingenuità ad eccitarlo.

Comunque il giorno dopo a scuola mi informai con Lara, una ragazza dell’ultimo anno che avevo conosciuto in una gita scolastica, senza ovviamente accennare a Maurizio, ma a un ipotetico coetaneo che mi aveva invitata a casa sua. Lei si mise a ridere, era molto più grande di me e per giunta ripetente. “Ma davvero alla tua età ancora non l’hai mai fatto?” Sedute su una panchina nel giardino della scuola mi spiegò bene come avvenisse la cosa, come avrei dovuto in contemporanea agitarlo e succhiarlo e che i ragazzi dopo circa cinque minuti al momento del piacere spruzzano dal buchino un liquido bianco. Poi mi disse di fare attenzione e che per la prima volta mi sarei dovuta limitare al quel tipo di sesso. Quando la lasciai ripensai alle sue parole e ne dedussi che Maurizio non aveva avuto alcun piacere e questo mi fece sentire ancora più inadeguata.

Ma non durò molto perché il pomeriggio stesso Maurizio mi chiamò e, nonostante non fosse il giorno di lezione, volle vedermi. Prima di tutto si accertò se avessi o meno parlato con mia madre, poi sollevato iniziò ad accarezzarmi dicendomi che non c’era nulla di male, ma che sarebbe stato meglio se gli altri adulti non sapessero.
Quella volta per la nostra lezione non ci fu bisogno di aprire il libro degli esercizi di matematica. La posizione fu identica a quella del giorno prima. Io seduta rivolta verso la finestra e lui in piedi di fronte alla porta a vetri in modo che, se qualcuno fosse passato per il corridoio, lui avrebbe avuto tutto il tempo di ricomporsi.

Mi chiese se me la sentissi. Forse per un rigurgito di razionalità aggiunse: “Gilda, non sono io che te lo sto dando, ma sei tu che me lo stai chiedendo…” Annuii comunque, ormai ero decisa. Questa volta, su sua precisa richiesta, fui io a slacciargli la patta dei pantaloni per poi afferrare il suo coso nelle mutande. Quando lo tirai fuori era già duro e tutto rosso compiacendomi di quanto fosse semplice eccitare un uomo per giunta adulto. Ripensai alle parole di Lara e mi ripromisi di non fallire, per cui chiusi gli occhi e lo presi in mano. Poi lo strinsi forte e iniziai ad agitarlo. A quel punto, guidata dalle sue mani sulla mia testa, spalancai tutta la bocca e cominciai a succhiarlo in modo maldestro e disordinato. Lui mi fermò la mano e con estrema dolcezza mi disse di essere più delicata e di fare attenzione ai denti. Obbedii e ripresi più lentamente, e quando lo sentii gemere presi coraggio fino a prenderlo tutto in bocca. Ero contenta ma, nonostante le istruzioni di Lara e quindi sapendo che da lì a poco avrebbe spruzzato chiusi istintivamente le labbra e lui schizzò dappertutto bagnandomi la faccia, la camicetta e i jeans.


Era passato davvero poco tempo. Mi chiesi se l’amore fosse tutto lì, ma soprattutto non sapevo interpretare il poco tempo passato. Lara aveva detto cinque minuti, ma tutto compreso era passato meno di un minuto. Ricordo che gli chiesi se fossi stata brava e lui mi rispose che essendo stata la mia prima volta ero stata a dir poco magnifica. Comunque la prima sensazione fu di paura perché il mio secondo pensiero, guardando le macchie sui miei jeans, fu quello di essere rimasta irrimediabilmente incinta. Non dissi nulla, presi le mie cose e scappai da quella casa.

Nonostante lo avessi desiderato con tutta me stessa il mio pudore prese il sopravvento dandomi una sensazione di vergogna. “Cosa avevo fatto?” Ebbene sì avevo fatto godere un uomo adulto e mi sentivo sporca. Salendo le scale sentivo ancora quel sapore acido. Appena arrivata a casa senza salutare mia madre mi chiusi subito in bagno. Mi lavai i denti, il viso e in qualche modo tentai di far scomparire quel sapore dalla mia bocca e quelle macchie dai miei vestiti.
Avevo timore che mia madre sentisse quell’odore e che solo guardandomi si accorgesse che avevo fatto un pompino. A tavola non riuscivo a rendermi conto, convinta che quelle cose le facessero solo le ragazze di strada mi diedi della troia davanti allo specchio, ma allo stesso tempo però pensavo di aver fatto una cosa che le mie amiche della stessa mia età ancora non avevano fatto, neppure mia sorella che aveva due anni più di me. Insomma quel coso in bocca o meglio quel segreto che nessuno mai avrebbe dovuto conoscere mi aveva fatto crescere in fretta.

Tutto partì da quella volta e non potendomi confidare con nessuno vivevo degli stati d’animo contrastanti. Alle volte davo la colpa a me stessa, altre mi rassicuravo pensando che anche mia madre facesse quelle cose, ma principalmente accusavo Maurizio, ma oggi penso che anche senza di lui, se non lo avessi incontrato, sarebbe successa la stessa cosa.

Il giorno dopo prima di bussare alla sua porta feci per tre volte il giro dell'isolato, ero indecisa, ma poi suonai al citofono salendo di corsa la rampa delle scale. Ecco credo che quella sia stata la linea precisa di cambiamento. Beh sì lo aveva creduto anche Maurizio, dato che appena entrata mi guardo con aria interrogativa e mi disse: “Credevo di non vederti più!”
Da quel giorno in poi come in tutti i giorni di lezione, entravo, posavo i libri sul tavolo, mi sedevo, lui mi veniva accanto e immancabilmente si sbottonava i pantaloni. Tutte le volte mi veniva in bocca oppure sul viso o sui miei piccoli seni. Diceva che solo così sarei stata sua per sempre, solo così da grande sarei potuta diventare una donna libera invidiata da tutte le altre. Non capivo bene cosa intendesse per libera, ma nella mia mente assomigliava a una donna desiderata e corteggiata per cui lo pregai di farmi diventare come mi immaginava nel suo desiderio. Me ne stavo innamorando o forse già lo ero e soprattutto avevo cominciato consapevolmente a godere e ad apprezzare i piaceri del sesso. Le volte che mi masturbavo sola nel bagno diventarono ben presto un ricordo adolescenziale, ora era lui ad inginocchiarsi davanti a me, scostarmi le mutandine e baciare il mio sesso finché un fremito sottile segnava l’arrivo del mio piacere.

Un giorno gli chiesi se stessimo insieme e se potessi considerarmi la sua fidanzata, lui mi rispose che non dovevo affrettare i tempi, ma di certo tra le sue braccia sarei diventata una donna vera. Infatti da quel giorno le sue richieste si fecero più precise ed io cambiai decisamente look. Mi comprai un vestito nero e un paio di scarpe rosse col tacco e poi andavo da lui con un leggero trucco e una pennellata di rossetto. Lui ogni volta mi esortava a rubare le mutandine, i reggiseni e le calze a mia madre nonostante non avessimo la stessa taglia. A mio parere non ero per nulla sexy, ma il solo fatto di indossare quell’intimo e vedere quanto lui si eccitasse mi faceva sentire adulta.

Solo più tardi capii che quell’eccitazione aveva decisamente altri risvolti, ma al momento, nonostante fossi gelosa anche dell’aria che respirasse, mi piaceva identificarmi in mia madre e sentirmi completamente sua, anche se al momento non avevo ancora fatto il grande passo!

E il grande passo avvenne certo che avvenne. Circa tre settimane dopo, approfittando dell'assenza di sua moglie e con sua figlia che studiava nell’altra stanza, mi disse che finalmente aveva deciso ed era arrivato il momento di fare l'amore. Aggiunse anche che dovevo essergliene grata perché non a tutte riservava quelle attenzioni. Lui per l'occasione mi regalò il mio primo reggicalze e un paio di calze nere che ancora conservo. Feci i salti di gioia e per compiacerlo andai subito nel bagno di servizio. Per l’occasione mi truccai pesantemente e quando sul corridoio incontrai sua figlia stranamente non mi vergognai anzi la guardai altezzosa e piena di superbia. Io ero la donna di suo padre, la rivale di sua madre e la donna che a breve avrebbe conosciuto i piaceri dell’amore completo!

Quella fu la mia prima volta, la ricordo ancora come se fosse ora. Mi uscì tanto sangue e più ne usciva più lui mi diceva che ormai ero semplicemente la sua dolce puttana. Quella parola mi entrò così nelle viscere che da quel giorno lo pregai di dirmela ogni qualvolta mi penetrava. Sentendolo dentro pensai che sarei stata per sempre sua e nessun altro avrebbe mai varcato quella soglia. Insomma mi ero davvero innamorata di lui. Lui del resto era un uomo affascinante, tanto bello che non mi sorpresi quando mi disse che non ero stata la prima, che prima di me c’era stata una ragazza più giovane di me che aveva frequentato la mia stessa scuola anni prima. E altrettanto non mi fece nessuno effetto quando seppi dalla mia compagna di scuola Lara che quel professore di matematica da cui prendevo ripetizioni era stato cacciato dalla scuola per atti osceni. Mi disse che era stato sorpreso per ben due volte nei bagni della scuola con una studentessa e poi con una supplente di latino ancora in servizio precario in quella scuola. Ovviamente non dissi mai a Lara che oltre alle ripetizioni il professore mi dava anche altro.

Io ero innamorata e quelle notizie invece di farmi desistere alimentarono il mio orgoglio. Come avevo fatto così ragazzina e senza esperienza a conquistarlo? Come ad intrigarlo più di Sonia, la supplente di latino? Me lo chiedevo spesso, così che un giorno durante la ricreazione la volli conoscere e allora presi tutto il mio coraggio e andai nella terza B, la sua classe. Appena la vidi seduta su quella cattedra mi prese un colpo! Era semplicemente divina! Quel giorno portava una minigonna ascellare e una maglia aderentissima che le metteva in risalto le forme abbondanti del seno. Lei con aria dolcissima mi chiese cosa stessi cercando ma la mia scusa inventata poco prima non uscì dalla mia bocca, balbettai qualcosa e poi scappai immediatamente da quell’aula. Già, come avevo fatto a competere con una donna così! Passato lo stupore andai in bagno e mi guardai le tette allo specchio, sorrisi fiera, ma era evidente che mi stessi solo illudendo.

L’immagine della supplente mi fece diventare ancora più remissiva nei suoi confronti, ormai ero completamente assoggettata alla sua volontà e al suo e al mio piacere. Provai anche a masturbarmi da sola distesa nel letto della mia stanza, ma non era più la stessa cosa. Volevo solo godere con lui!
Quando entravo in quella stanza senza che lui mi ordinasse nulla mi mettevo subito in ginocchio e lui prima di iniziare la lezione di matematica mi dava la lezione che più desideravo, ovviamente era solo un piccolo assaggio per dimostrarmi il suo interesse ed io la mia devozione e la mia felicità di sentirlo eccitato per me. In quel frangente mi limitavo a leccarlo e lui non veniva, perché entrambi aspettavamo la fine della lezione per scopare e godere insieme.

Quando una volta, durante l’amore, gli chiesi il motivo per cui fosse stato allontanato dalla scuola, lui mi rispose che era stato scoperto dalla preside insieme ad un’insegnante nel bagno della scuola mentre facevano l’amore. A quel punto gli chiesi se ancora la frequentasse, lui rispose che era stata una storia molto intensa finché avevano fatto sesso in quel bagno. Poi, dopo il licenziamento, una sera si incontrarono a casa di lei e durante l’amore lui si accorse quanto non fosse lei l’oggetto della sua forte eccitazione, ma la trasgressione di farlo in quel posto per cui si lasciarono.

Quella volta capii che in amore non serve essere solo belle e brave, ma essere capaci di stimolare ed appagare le fantasie del proprio uomo, ma quando mi chiese la parte intima che ancora non aveva avuto da me piansi amaramente, non ero ancora pronta, ma lui non sentì ragioni, mi disse che faceva parte del mio percorso di crescita e che se mi fossi ancora ostinata a negarmi avrebbe richiamato Sonia, aggiungendo che lei non si era mai rifiutata di farlo neanche nel bagno di scuola. Poi però mi tranquillizzò dicendomi che avrebbe usato tutte le accortezze del caso, che sarebbe stato estremamente delicato tanto che non avrei sentito alcun dolore. Ma non fu così.

Ricordo ancora il giorno. Sotto la minaccia di ritrovarmi Sonia come rivale cedetti su tutti i fronti. Nonostante non fossimo soli in casa mi preparò accuratamente con tanto di saliva e gel, poi mi spiegò esattamente la posizione con i gomiti appoggiati sul tavolo e una gamba leggermente rialzata.
Quando decise che era giunto il momento mi spalmò ancora un po' di gel pregandomi di respirare profondamente, rilassarmi ed essere più morbida possibile. Poco dopo nonostante piangessi lo sentii spingere. Tremai, sudai, gridai dal dolore e lui mi tappò la bocca con la mano, ma eccitatissimo non si fermò. Quando terminò il suo percorso rimase immobile dentro di me ed io ebbi una sensazione di pieno e il dolore lasciò il posto ad una forte sensazione di vero possesso. Ecco, ero davvero diventata sua, ma la cosa che mi fece pensare fu il fatto che nonostante le mie grida, sua moglie, che non poteva non aver sentito, non bussò alla porta della stanza.
Da quel giorno il bel professore minacciandomi di richiamare la prof di latino non rinunciò mai più a quell’intimità.

La gelosia iniziò ad entrarmi nelle ossa, al punto che curiosa ogni giorno passavo davanti la terza B per vedere come fosse vestita Sonia e cercando a tutti i costi di imitarla. I miei notarono quel mio cambiamento, ormai andavo in giro truccatissima con gonne inguinali, scarpe dal tacco improponibile e soprattutto un paio di stivali di vernice nera che riponevo in cantina prima di rientrare a casa. Mi sentivo così donna fatta che mai avrei rinunciato al mio nuovo look con la piena approvazione di Maurizio.

Andammo avanti ancora per qualche mese finché un bel giorno piansi amaramente quando mi disse che non avevo più bisogno delle sue lezioni. A scuola in effetti prendevo bei voti per cui senza dirmi nulla chiamò mia madre e le disse che potevo tranquillamente continuare a studiare da sola. Mi crollò il mondo addosso, ma ormai non potendo fare più a meno di lui lo affrontai a brutto muso, ma lui calmo e scostante mi disse che quei nostri incontri lo stavano stancando e che non era più attratto dal mio piccolo seno, dalle mie cosce magre, dalle labbra così sottili nonostante il rossetto abbondante.
Disperata pensai subito a Sonia e a un loro ritorno di fiamma, senza vergogna gli urlai tutti i miei sospetti, ma lui invece di rassicurarmi rincarò la dose dicendomi che non esisteva nessuna altra donna, semplicemente non trovava più piacere a scoparmi. Ovviamente era tutta una tattica, infatti aggiunse subito dopo che se avessi fatto la brava ci avrebbe ripensato. Sbalordita dal suo cambiamento repentino non compresi subito le sue intenzioni. Nella mia mente avevo solo paura di perderlo e avrei fatto davvero tutto per lui. Immancabilmente dopo alcuni giorni di alti e bassi arrivò la richiesta che temevo. Mi chiese se avessi un'amica, una compagna di scuola che avesse bisogno di ripetizioni.

Mi mancò il respiro, svenni, lui mi adagiò sul divano e poi chiamò sua moglie che mi fece bere un po’ di acqua e zucchero. Fu in quel momento che ebbi la netta convinzione che sua moglie sapesse e tollerasse. Comunque chiamarono mia madre, ma io non volli andare via. Ero pazza, sentivo che stavo per perderlo e se fossi andata via non lo avrei più rivisto per cui rimasi lì fino a tarda sera, cenai con loro e dopo cena lui mi riaccompagnò a casa. Mi diede il ciuccio in ascensore, ma non si smosse dal suo proposito.

Il giorno dopo lui non volle fare l’amore e la cosa andò avanti per settimane nonostante lo pregassi e piangessi ogni volta. Mi diceva che dovevo crescere, che dovevo combattere la gelosia ed accettare i suoi desideri. Per ferirmi ancora di più mi disse: “Sai che mi scopo tua madre?” Glielo feci ripetere quattro volte, non volevo capire! Poi gli chiesi da quanto e lui con una faccia che non avevo mai visto mi rispose: “Da sempre!” Allora ripensai al motivo della separazione dei miei. Ovviamente non diedi la colpa a lui e pensai invece che mi sarei vendicata con mia madre e gliel’avrei fatta pagare! Compresi anche il motivo perché mi chiedesse insistentemente di indossare la sua lingerie nonostante ormai il mio guardaroba fosse pieno dei suoi desideri.

Con mia madre feci buon viso a cattivo gioco, non le dissi nulla, ma sentivo che dovevo staccarmi da quella situazione, per cui per qualche giorno mi ripromisi di non vederlo. Mi chiusi a chiave nella mia stanza pregando mia madre di non aprirmi per nessuna ragione. Piangevo, mi disperavo, vomitavo, ebbi anche qualche linea di febbre e dei forti mal di testa. Non volevo ammettere che fossi completamente persa di lui e il timore di perderlo mi stesse divorando fegato e cervello. Mi chiesi più volte dove avessi sbagliato dandomi la colpa per non essere grande a sufficienza per appagare un adulto. Quando mia madre mi chiese insistentemente il motivo del mio stato pietoso le risposi semplicemente: “Lo sai!”

Comunque dovevo reagire, fare qualcosa e stare chiusa lì dentro non sarebbe servito a nulla. Quindi ripresi la mia vita. Addirittura parlai con la moglie di Maurizio. Una mattina la incontrai nel giardino condominiale e le chiesi se suo marito in quel periodo stesse dando ripetizione ad altre ragazze. Lei mi guardò con aria compassionevole, mi disse di no aggiungendo però che non dovevo darmi pena perché gli uomini sono inaffidabili per loro natura. Quindi dedussi che qualcosa sapesse!

La mia paura principale, non era tanto mia madre, ma che qualcun’altra prendesse il mio posto, insomma che mi avrebbe sostituito, magari con la prof di latino, e quindi quando lui mi tranquillizzò dicendomi che comunque sarei rimasta la sua preferita alla fine cedetti e gli presentai la mia amica Sara.
La fortuna mi aiutò perché solo pochi giorni prima Sara aveva fatto scena muta all’interrogazione di trigonometria prendendosi un bell’impreparato. All’uscita di scuola la avvicinai e le parlai del professor Maurizio, elogiando le sue doti e la sua preparazione in matematica. Le dissi anche che con lui ero riuscita a rimettermi in riga sia in matematica che in fisica. Lei il giorno stesso ne parlò con i suoi e la sera mi mandò un messaggio. Stupidamente feci salti di gioia convinta che Maurizio avrebbe apprezzato la mia disponibilità. Il giorno dopo andammo insieme dal professore. Sara era completamente l’opposto di me, bionda con gli occhi celesti, già sviluppata con una terza di seno e due labbra grandi.
Lui ci accolse raggiante e quando vide Sara ebbe per tutta la lezione solo occhi per lei, comunque mi elogiò davanti a lei, dicendomi che ero una ragazza intelligente e molto accondiscendete, ma quando rimanemmo soli e gli chiesi di fare l’amore lui mi rispose che per il momento avevo fatto solo il mio dovere. Sara essendo all’oscuro di ciò che le sarebbe capitato durante la lezione rimaneva sulle sue non reagendo ai complimenti smaccati di Maurizio.

Beh è inutile dirti come andò a finire, vedere che lui provasse così indecentemente con un’altra ragazza mi convinse che ormai non provava più niente per me, che ero stata solo un suo divertimento. Lui tentò di recuperarmi dicendomi che l’una non escludeva l’altra, anzi che saremmo dovute diventare complici e lui ci avrebbe amate ambedue. Per qualche settimana continuai ad andare, chiedendomi ingenuamente se un uomo potesse amare due donne contemporaneamente e con la stessa intensità, ma durò poco perché vederlo così preso da Sara e che usava gli stessi modi e le stesse frasi per conquistarla come aveva fatto con me, sinceramente fu troppo anche per una innamorata come me.

Caddi in depressione, tornai a chiudermi nella mia camera e rifiutai puntualmente il cibo. Piangevo lacrime amare pensando a Sara che era lì nella sua casa, esattamente vestita come me, e pensai alla loro prima volta con Sara seduta esattamente nella stessa mia posizione, e lui in piedi che le accarezzava i capelli e intanto le spingeva la testa verso il suo pene, esattamente eretto, esattamente eccitato, esattamente finto, esattamente porco come lo era stato con me.

Mia madre preoccupata chiamò mio padre. Lui decisamente scocciato mi portò dallo psicologo, ma ormai il più era fatto, devastata nel cuore feci fatica a riprendermi. Quell’anno venni rimandata in tre materie compresa matematica. Mi sembrava che vivere non avesse avuto più senso, del resto con Maurizio ero diventata una donna assaporando i piaceri del sesso e in quel momento sarebbe stato difficile proseguire da sola. Ma ovviamente mi sbagliavo.


L’ULTIMO ANNO DI SCUOLA

Lì finì la mia storia con Maurizio, ma non la mia ricerca spasmodica delle attenzioni da parte degli uomini. A scuola non riuscivo a concentrarmi su niente altro. Ogni ricerca in internet, sia se si trattasse di un forum su Manzoni o di algebra diventava per me un motivo valido per conoscere ragazzi. Poi scoprii le chat. Scoprii un mondo diverso, in cui il sesso era associato a qualcosa di sporco e di peccaminoso. Quelle chat traboccavano di parole sconce, io fingevo di essere molto più grande e gli uomini non si risparmiavano a farmi volare con la fantasia, ma anche ad insultarmi per il solo fatto che provassi piacere come donna. Durante quelle chat, a casa o nella stessa biblioteca della scuola, bastava che mi sfiorassi per raggiungere l’orgasmo.
Poi conobbi un ragazzo dell’ultimo anno, lui aveva già l’auto e mi offrì un passaggio. Fermò la sua macchina vicino alla ferrovia, ci baciammo e poi mi prese. Forse perché avevo riposto molte aspettative o forse perché volevo scrollarmi del tutto il ricordo di Maurizio quell’incontro non fu una esperienza eccezionale. Rimasi piuttosto delusa. Naturalmente ci incontrammo il giorno dopo e il giorno dopo ancora, ma l’effetto non cambiò, per cui, per capire se ci fosse in me qualcosa che non andasse, adocchiai altri ragazzi della stessa sua età. Bastava poco per andarci a letto, a volte una pizza, ma anche una birra, un invito a casa a studiare insieme, o un semplice sorriso.
Divenni il frutto proibito dell’intera scuola, andai con i miei coetanei, sorprendendoli per la facilità con cui arrivavano velocemente all’obiettivo, ma in cuor mio cercavo uomini adulti per sostituire il mio professore nel migliore dei modi.

Tesoro ora te lo posso confessare! Non so quante seghe ho fatto, ma ti giuro tante, alle volte anche due, tre in un solo giorno, mi faceva piacere dare piacere, ma soprattutto sentirmi unica e desiderata. Nei bagni della scuola facevano la fila sai? E più la coda si allungava più ero soddisfatta di me stessa, felice per quell’immensa considerazione che ricevevo.

Non a tutti mi davo completamente. Al tempo bastava molto poco per raggiungere il benessere. A volte un bacio, una parola complice oppure il pensiero che due mani sconosciute stessero toccando le mie intimità e il più delle volte raggiungevo l’orgasmo pensando che stavo donando qualcosa di me stessa, ossia che stavo offrendo qualcosa di prezioso e di segreto. Come dire… preferivo la quantità alla qualità. Parecchie volte è successo di dare appuntamenti multipli nella stessa giornata. Il risultato fu che le mie amiche avevano avuto al massimo quattro/cinque partner durante la loro esistenza mentre io viaggiavo con gli stessi numeri in un solo giorno!

Poi però verso la fine del liceo, lessi un giorno sul muro di scuola: “Gilda è una troia!” Avvampai immediatamente e mi misi a correre per la vergogna. Quando tornai a casa mia madre sapeva già tutto. Era stata chiamata dalla preside. Mi chiese cosa ci fosse di vero ed io candidamente le risposi che forse era esattamente il contrario, insomma una vendetta da parte dei compagni di scuola a cui mi ero sempre negata, nessuno escluso. Ovviamente mia madre fece fatica a credermi e il risultato fu che da quel giorno dovetti tenermi alla larga dalla scuola.

Ma si sa non tutto il male viene per nuocere per cui, cercando altri terreni di conquista, ogni occasione fu buona per incontrare gente diversa, tipo nei locali, nelle birrerie, ma anche nel circolo da tennis dove mi ero segnata. Lì potevo scegliere uomini maturi, più passionali e altruisti durante l’atto. Per non farli fuggire avevo imparato a non chiedere loro nulla che potesse comprometterli, tipo nome, età, indirizzo e se fossero sposati o se avessero figli. Ricordo come se fosse oggi quando mi concessi al mio maestro di tennis, lui stravedeva per me e impazziva quando indossavo le gonnelline corte da tennis. Mi faceva sempre i complimenti. Poi un giorno mi invitò a casa sua, io accettai. Salii quelle scale col fiato in gola, lui appena mi vide mi fece accomodare in sala. Iniziò a baciarmi e ancora col piumino indosso mi prese all’istante e facemmo l’amore in piedi. Fu tutto così veloce, non più di cinque minuti, ma non lo dimenticherò mai.

Col maestro ci feci l’amore cinque o sei volte, ma fondamentalmente la mia vita sociale era uno schifo. Non avevo un ragazzo fisso ed ero completamente sola senza uno straccio di amiche a parte Lara. Ero scontrosa, irascibile e come al solito mia madre, quando non sapeva cosa fare, mi obbligava ad andare dal medico. Lui mi visitava e si limitava a prescrivermi un ansiolitico. Del resto i medici non sono assolutamente preparati e nonostante gli confidassi in dettaglio le mie pulsioni, non riusciva a capire veramente da cosa derivasse il mio disagio e come potesse influenzare ogni istante delle mie giornate. Mi fu utile solo quando presi una malattia venerea. Mi prese un attimo di sconforto, andai da lui piangendo, ma grazie a lui guarii nel giro di qualche settimana e dopo la cura ero più in forma e vogliosa di prima.


 
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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
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