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I racconti di LiberaEva
Gilda
Memorie di una signora per bene
SANTIAGO IL RAGAZZO
SPAGNOLO
Corrado, tesoro, spero che il mio
racconto non ti stia annoiando, ma sai, prima di
accettare il tuo invito desidero davvero che tu mi
conosca fino in fondo. Per questo motivo non sto
tralasciando nulla. Due giorni dopo al telefono Luca
mi disse che avevo fatto un’ottima impressione al
notaio e che lui voleva assolutamente rivedermi.
“Mia cara sei stata favolosa. L’abbiamo sotto
scacco! Ora però bisogna affondare il colpo…”
Beh la situazione era davvero intrigante, ma dissi a
Luca che avevo bisogno di qualche giorno di riposo.
Giulio, che evidentemente non aveva bevuto
completamente la scusa della festa sull’Appia Antica
e soprattutto dopo quell’alba di fuoco, aveva
prenotato senza dirmelo una vacanza di tre giorni a
Barcellona. Luca ci rimase male, ma comprese quanto
la tranquillità di mio marito fosse importante e
vitale quanto la mia disponibilità. Mi disse: “Ok
chiamo io Augusto, non preoccuparti, ma al tuo
ritorno ti voglio in forma!”
Per la prima
volta dopo anni io e Giulio ci ritrovammo come due
innamorati mano nella mano a passeggiare per le
strade di quella magnifica città. Davvero un fatto
insolito! Lui aveva prenotato un albergo sulla
Ramblas ed io fin da quando ero salita sull’aereo
per premiare il suo ennesimo tentativo di avermi
tutta per sé mi ripromisi di trascorrere due giorni
tranquilli e senza grilli per la testa. Del resto
Giulio se lo meritava eccome!
Quando
arrivammo al St Christopher's ci accorgemmo che era
quasi tutto occupato da una comitiva di spagnoli di
Valencia. Avevano qualche anno meno di noi, ma erano
molto spassosi e divertenti. Sin dalla prima sera,
dopo la cena, ci invitarono al loro tavolo, qualcuno
suonava la chitarra, qualcuno una specie di flauto
melodioso, qualcun altro cantava divinamente e tutti
insieme improvvisammo pezzi melodici spagnoli tra
cui “A mi manera”. Stupendo! Passammo davvero una
serata spensierata, del resto era proprio quello che
io e Giulio avevamo desiderato lontano dal nostro
menage di coppia grigio e monotono.
Quasi tutti
loro erano accoppiati tranne due ragazzi, uno biondo
e uno moro, sulla trentina all’apparenza amici.
Quando tornammo in stanza, mio marito mi chiese
ridendo se i due ragazzi fossero gay, beh io non lo
sapevo con certezza, ma evitai di dirgli che il
ragazzo moro, con i capelli lunghi e i baffi, “bello
da morire”, per tutta la serata non mi aveva tolto
di dosso i suoi occhi, grandi, neri carbone e
profondamente intensi.
Il giorno successivo,
dopo aver trascorso l’intera giornata tra musei e
monumenti tornammo in hotel e nella hall uno dei
ragazzi ci disse che all’unanimità il gruppo aveva
deciso che saremmo stati ospiti per la cena al
ristorante dell’albergo e che non erano ammesse
repliche. Con Giulio tornammo in camera e dopo una
doccia veloce, refrigerati da un filo di aria
condizionata, ci lasciammo andare ad un dolce e
piacevole sesso. Ero davvero rilassata e
sinceramente quella sera avrei preferito rimanere in
camera e saltare la cena. Allo specchio mi vidi
perfino brutta e con l’aria stanca, Giulio non fu
dello stesso parere, per lui con quel vestitino
corto, a fiori su fondo bianco, svasato con le
spalline, ero decisamente fantastica. Mi disse: “Ti
amo Gilda, non ringrazierò mai abbastanza il Cielo
per averti incontrata!” Certo ne avevamo passate
tante e lo avevo fatto soffrire abbastanza per cui
chiusi gli occhi e lo baciai. Allo specchio cambiai
opinione, sì aveva ragione Giulio, nonostante la
stanchezza quel soggiorno mi stava facendo bene:
“Cosa mai avrei potuto chiedere di più da una
vacanza decisa all’ultimo momento?”
In quel
momento pensai che avrei dovuto rivedere molte cose
della mia vita e che se ci avessi messo un pochino
di buona volontà sarei stata la moglie perfetta per
Giulio e lui il mio magnifico marito. Insomma era
giunto il momento di fare delle scelte drastiche e
lasciarmi alle spalle Giacomo, Luca e la nascente
fiamma nella persona del notaio Augusto Bianchi.
In ascensore Giulio mi baciò di nuovo ed io
pensai che davvero non si meritava la mia infedeltà!
Poco dopo scendemmo nell’hall, seduti su un soffice
divano, accavallai le gambe e, mentre aspettavamo
gli altri, mio marito, non smise di farmi
complimenti. Poi tutti insieme salimmo al primo
piano nella sala del ristorante. La serata fu
sublime e tra fiumi di ottima sangria un po’ tutti
alzammo il gomito e mi accorsi quanto il tasso di
ormoni in quel giro di tavola fosse palpabile
nell’aria.
Immancabilmente spuntarono le
chitarre e qualcuno iniziò intonare le vecchie
canzoni dei Gipsy Kings ed io, a quel punto,
elettrizzata dall’ambiente, mi feci largo tra le
sedie e insieme ad un’altra signora iniziai a
ballare. Giulio mi venne incontro e ballammo un
lento appassionato. Ero davvero felice, ma
inconsapevole della minaccia in agguato che si
materializzò subito dopo.
Giulio tornò a sedersi
ed io rimasi sola. Fu in quel momento che il ragazzo
moro si alzò, si fece largo tra le sedie e con un
inchino da gentiluomo mi invitò a ballare. Con le
mani sui miei fianchi mi guidò in un improvvisato e
sensualissimo flamenco.
Cercai con gli occhi
Giulio e lo sentii parlare animatamente di calcio
con due altri ragazzi. Respirai in quel momento
un’aria di spensieratezza e mi sentii ancora più
leggera con il mio vestito a fiori davvero adatto
per la serata!
Ballai per circa mezz’ora, alla
fine stravolta mi allontanai per una boccata d’aria
anche per smaltire la tanta sangria nel mio sangue.
Ma non mi accorsi di essere seguita, per cui quando
entrai in ascensore nello specchio si materializzò
il viso da zingaro del ragazzo spagnolo. Beh non
perse tempo e quando si chiusero le porte sentii la
sua bocca prima sul mio collo e poi sulle labbra. Lo
respinsi e lui mi chiese scusa, ma dopo un secondo
mi strinse ancora più forte cercando la mia bocca.
Poi però con precisione chirurgica, all’apertura
delle porte, da gentiluomo consumato, era già a due
metri da me. Apprezzai quel gesto. Ma il destino
volle che per l’agitazione non avevo pigiato il
bottone del piano terra, ma quello del sottoscala,
per cui una volta usciti dall’ascensore ci
ritrovammo in uno scantinato pieno di scatoloni,
bottiglie di vino e vari attrezzi di cucina. Mi
sentii persa e cercai immediatamente con gli occhi
la rampa delle scale, senza trovarla, ma fu un
attimo perché subito dopo avevo già il suo respiro
nella mia bocca. In uno stentato italiano mi disse
che ero tremendamente bella e che nel suo sogno
erotico ricorrente aveva sempre desiderato fare
l’amore con una donna sexy più grande di lui.
Nonostante i miei buoni propositi e avessi fatto
l’amore da poco tempo mi scoprii terribilmente
eccitata, del resto pensai l’occasione fa l’uomo
ladro e la donna troia! Le mie difese evaporarono
come acqua al sole e lasciai che la sua mano
afferrasse la chiave del mio paradiso. Lui sapeva
esattamente cosa fare, accarezzarmi il seno,
stringermi fino a togliermi il respiro, toccarmi tra
le cosce e schiudermi le labbra consenzienti. Con
fare deciso, mi adagiò sopra gli scatoloni, mi alzò
il vestito, scostò i miei slip e con una scaltrezza
degna di un ladro professionista rubò con la sua
bocca ogni mio tipo di piacere. Sentii il suo
respiro caldo spagnolo sulle mie labbra schiuse
sincrono alle sue dita che prepararono la strada
finché il suo sesso eretto e maschio, galleggiò nel
mio nettare e salì da padrone, centimetro dopo
centimetro, dentro la mia anima bollente. Ebbi uno
dei più travolgenti, rapidi, ripetuti e intensi
orgasmi della mia vita. Sentii il suo corpo
affannarsi dentro di me alla ricerca dell’ultimo
brandello di piacere, sentii il mio diluire, sentii
la mia voce incitarlo a non smettere, a pregarlo di
andare oltre, a sconfiggere l’ultima remora, a darmi
la consapevolezza vera di quella gioia, a
ringraziarlo per il regalo che mi stava facendo.
Durò una decina di minuti tra le mie urla e il suo
bollente “Puta maravillosa” ripetuto più volte.
Poi tutto piombò nel silenzio di quel
sottoscala, reso ancora più profondo dalla musica e
dalle voci che provenivano dai piani superiori.
Riconobbi quella di mio marito, ma in quel momento
dentro di me non c’era spazio per i sensi di colpa.
Ero ancora distesa e precaria su quegli scatoloni e
il bel spagnolo fissava le mie intimità come un
cacciatore guarda la sua preda catturata. Certo si
stava compiacendo come di chi avesse solo fatto il
proprio dovere e quanto fosse stato bravo, ovvero
far godere una donna che implicitamente gli aveva
chiesto di farlo.
Poi rientrammo e con mia
sorpresa nulla era cambiato, come al solito mio
marito non si accorse di nulla ed insieme adagiato
su un divano parlava ancora di Real Madrid e
Barcellona con altri due, una signora accennava
passi di flamenco, qualcuno si gustava una fetta di
ananas e l’altro ragazzo biondo continuava a suonare
la chitarra. Insomma la serata andò liscia ed io
sprofondai su un divano sentendo ancora i frammenti
dei miei brividi e le sensazioni della pelle, del
seno, delle mie gambe schiuse, la chimica e la
trasgressione di un ragazzo “bello da morire” che mi
aveva presa senza chiedere nulla. Lo guardai più
volte, lui mi sorrise con i suoi stupendi denti
bianchi, se in quel momento avesse voluto, pensai,
avrei preso volentieri un’altra boccata d’aria. Ma
lui prese la chitarra e mi dedicò una canzone
romantica in spagnolo che non conoscevo.
AUGUSTO BIANCHI
Non so perché ti abbia
raccontato questo intermezzo della mia vita, forse
solo per dirti che ogni strada che porta all’inferno
è lastricata da buone intenzioni oppure per dirti
che per una donna consenziente le occasioni sono
dietro l’angolo e nessuno mai, neanche il marito più
affettuoso o quello più attento e geloso, potrebbe
mai evitare che accadano.
Quando tornai chiamai
immediatamente Luca. Seppur per poco avevo lasciato
una situazione davvero intrigante e desideravo
sapere se nel frattempo fosse successo qualcosa.
Luca mi tranquillizzo subito, il notaio mi stava
aspettando a braccia aperte e che, da quanto gli
aveva confidato, non aveva desiderio di una botta e
via, ma di una vera e propria relazione. Insomma mi
disse Luca raggiante: “Sei una donna da sposare!”
Lo sentii molto entusiasta e per la paura di non
deluderlo gli dissi che per me, dato il tempo a
disposizione, una relazione sarebbe stata davvero
impegnativa. Lui rispose: “Lo sai che per me è
importante! Anzi mi sono permesso di dargli il tuo
numero di telefono!” Poi mi rassicurò dicendomi che
in caso si sarebbe trattato solo di qualche
settimana, ossia il tempo di firmare il contratto e
che se avessi voluto durante quel periodo io e lui
non ci saremmo visti per cui avrei avuto il tempo
necessario per stregare e incantare il notaio.
Certo la soluzione non era del tutto rosea, chissà
per quanto tempo non avrei visto Luca e non avrei
avuto le sue attenzioni. La cosa sinceramente mi
procurava un certo smarrimento, ma alla fine per
accontentarlo accettai.
La telefonata del
notaio arrivò la sera stessa. Mio marito dopo il
licenziamento aveva trovato un nuovo lavoro e seppur
precario e sotto pagato, lavorava fino a notte
tardi, per cui dopo quei tre giorni di vacanza
dovette recuperare. Ne approfittai di quell’assenza
e passai praticamente tutta la serata al telefono
con Augusto. Eh sì aveva ragione Luca! Avevo fatto
colpo! Dopo avermi chiesto come fosse andata la
vacanza, iniziò un ferreo e stretto corteggiamento.
Addirittura mi chiese se avessi fatto sesso con
qualcuno e che pensandomi in vacanza aveva avuto il
timore di perdermi.
Poi passò al ricordo
dell’unica sera che ci eravamo visti e mi riempì di
complimenti sul mio look e per quanto fossi stata
affabile con lui. Lui era un vecchio amante della
lingerie e soprattutto adorava il reggicalze, la
guepiere e le calze velatissime nere. Estasiato da
quel bordo che maliziosamente gli avevo mostrato mi
disse quanto mi avesse pensata e quanto fosse
attratto da me. Poi immancabilmente arrivò la
domanda da mille punti ossia se quell’ardore nei
miei confronti fosse almeno in parte ricambiato.
Imbarazzata sorrisi, ma poi seguii diligentemente le
istruzioni che avevo ricevuto da Luca per cui non
ebbi alcuna remora a rispondergli che quell’incontro
mi aveva lasciato una sensazione piacevole e che
avevo pensato a lui per tutta la vacanza. Poi come
due ragazzini parlammo di cuori, affanni ed
emozioni, piangendoci addosso e sottolineando quando
fossimo soli e incompresi. Andammo avanti per altre
due ore finché come avevo previsto arrivò la
richiesta diretta ossia che se avessi voluto ci
saremmo potuti vedere il giorno dopo nel suo studio.
Sempre per non deludere Luca, accettai con smaccato
e finto entusiasmo l’invito fissando l’appuntamento
dopo l’orario di ufficio.
Alle sei in punto
arrivai all’indirizzo e mi accorsi che lo studio del
notaio Augusto Bianchi era praticamente una stanza
della sua bella villa immersa nel verde. Lui aprì la
porta in giacca da camera e notai immediatamente un
certo tremore nella sua voce e delle evidenti
goccioline di sudore sulla sua fronte lucida. Beh sì
era emozionato e non poco ed io di contro risi con
voce squillante facendo finta di niente e cercando
di metterlo a proprio agio. Gli porsi la mia mano e
lui la baciò accennando ad un inchino. Premuroso mi
fece accomodare su uno dei tre divani della sua
enorme sala da pranzo rimproverando il suo cane che
nel frattempo era entrato nella stanza. Non smise di
farmi complimenti con tanto di ringraziamenti verso
il destino che aveva favorito quell’incontro. Poco
dopo entrò la governante con un grande vassoio colmo
di pasticcini, frutta, dolcetti vari e due tazze
fumenti di thè. Mi dissi a mente: “Mia cara
benvenuta nel gran mondo del lusso!”
Lui non
perse tempo e ribadendo alla noia il concetto del
giorno prima mi disse che l’avevo colpito dalle
parti del cuore per cui il motivo del nostro
incontro andava al di là di una semplice
chiacchierata tra amici. Insomma voleva conoscermi a
fondo e non feci fatica ad assumere il ruolo di
moglie trascurata in cerca di altre attenzioni e poi
ad inventarmi storie di solitudine e serate passate
da sola davanti alla tv. Condii il tutto con una
storia di tradimento da parte di mio marito con una
sua giovane collaboratrice e per questa ragione ero
partita per una vacanza di tre giorni con una mia
amica. Mentii spudoratamente, ma poi andai oltre e
con una forte dose di finto pudore, gli confidai,
abbassando la voce e lo sguardo, che mio marito
Giulio era stato l’unico uomo della mia vita
lasciando intendere anche nell’aspetto sessuale.
Lui accalorato da quell’opportunità cambiò
divano e si sedette accanto a me, mi strinse la mano
e poi mi sussurrò quanto da anni avesse desiderato
incontrare una donna come me, anche durante la
malattia della sua povera moglie. Poi si informò se
nel mio futuro ci fosse l’intenzione o comunque se
avessi vagliato l’ipotesi di separarmi da mio
marito. Ci pensai un attimo sospirando e facendo una
pausa teatrale, sapevo che in quel momento avrei
complicato senza via d’uscita la mia situazione, ma
poi pensando a Luca lasciai la porta spalancata al
suo sogno e risposi che solo l’incontro con un uomo
speciale mi avrebbe fatto riflettere seriamente sul
mio futuro. Non si fece sfuggire l’occasione e mi
disse che avrebbe desiderato essere quell’uomo
speciale. Abbassai lo sguardo e lui mi sussurrò in
modo plateale che nel caso avessi deciso mi
avrebbero accolto a braccia aperte sia lui che la
sua bella casa troppo grande per viverci da solo.
Ecco, in quell’istante partì una vera proposta di
matrimonio! Non ci potevo credere! Il notaio mi
aveva visto una sola volta e senza neanche
conoscermi, fidandosi solo delle mie parole, si
stava impegnando fino a rischiare il ridicolo!
Poi ovvio come avevo previsto l’incontro non si
limitò solo a quella chiacchierata. Mi fece visitare
la sua enorme casa fino a quando, entrati nel suo
studio, chiuse la porta a chiave e ci sedemmo su un
morbido divano in pelle rossa. Ero pronta a tutto,
ma lui si limitò a baciarmi poi timidamente mi
chiese se avessi voluto fare l’amore con lui. Non
risposi, ma continuai a baciarlo e farmi baciare per
cui ottenuto il mio consenso implicito mi prese la
mano e la portò sui suoi pantaloni. Mormorò parole
incomprensibili, ma capii che se avessi voluto lui
non si sarebbe tirato indietro. Allora con fare
impacciato mi lasciai guidare da quella mano senza
prendere alcuna iniziativa. Forse fu quella finta
aria ingenua che lo invogliò a sbottonarsi i
pantaloni e poi senza mezzi termini ad invitarmi ad
assaporare il suo piacere. Quando vidi il suo sesso
nudo ebbi un attimo di smarrimento. Era praticamente
in uno stato di eterno riposo, ma a quel punto non
mi diedi per vinta, anzi considerai una vera sfida
poter mettere in qualche modo a dura prova tutte le
mie armi di seduzione. Certo il confronto con
Santiago, il bel ragazzo spagnolo, fu a dir poco
penoso anche perché dopo due giorni era ancora viva
in me la potenza e la sublime prepotenza con la
quale mi aveva presa e pretesa.
Comunque
continuai a recitare la parte e, seduta sul quel
divano, con dei movimenti insicuri della mano
iniziai a masturbarlo, fu lui a quel punto che prese
la mia testa e la guidò sul suo piacere. Feci un
attimo di resistenza, quell’attimo che non dissuade,
ma dà ancora più coraggio al maschio di affondare il
colpo per cui mi trovai immediatamente dopo col suo
pene in bocca. La prima cosa che provai fu un
immenso senso di tenerezza visto che quel cosino,
nonostante la mia lunga esperienza, rimase molle per
tutto il tempo e solo nel momento dell’orgasmo
avvertii tra le mie labbra un leggerissimo
indurimento. Durò circa quarantacinque secondi con
una sua più che evidente soddisfazione dato che
subito dopo mi baciò avidamente la bocca ancora
piena del suo piacere e nel contempo si lasciò
andare ad un lungo sospiro dicendomi quanto fossi
stata favolosa. Mi chiamò amore, tesoro e gioia, ma
quando mi disse che avrebbe desiderato ricambiare il
favore, abbassai gli occhi dicendogli che per me era
sufficiente così. Mi chiese spiegazioni e gli
risposi che nel sesso ero una donna molto morigerata
e che soprattutto adoravo dare piacere. Non so se
feci bene ad apparire una specie di suora frigida
ma, dato che mi aveva incontrato in quel posto di
pseudo scambisti, il mio intento era quello di dare
un’immagine completamente opposta di me stessa.
Soddisfatta per quanto fossi stata all’altezza
rimasi ancora qualche minuto pensando se
quarantacinque secondi fosse stato il tempo
necessario per annoverarlo tra i miei tradimenti.
Sulla porta il notaio impaziente mi chiese se
quell’incontro potesse considerarlo come l’inizio di
una storia ed io, sempre nella mia parte, gli
risposi che ero sconvolta in quanto era la prima
volta nella mia vita ad aver avuto un rapporto
sessuale con un tizio diverso da mio marito. Mi
chiese se avessi notato delle differenze ed io non
sapendo cosa dire gli risposi che per una donna la
cosa più importante è essere desiderata. Lui
apprezzò ed io a quel punto lo baciai sulla bocca
riproponendomi a breve di dargli una risposta.
In macchina sulla strada di ritorno sempre
pensando se avessi fatto bene a non voler essere
ricambiata tentai di chiamare Luca ma lui non mi
rispose.
Allora lasciai perdere e gli mandai solo
un messaggio con scritto: “Missione compiuta” con
una faccina sorridente e un cuoricino rosso. Luca mi
rispose solo il giorno dopo dicendomi che qualunque
cosa avessi fatto dovevo considerarlo come l’inizio
di una grande missione, ovviamente ancora non del
tutto compiuta. Il messaggio era chiaro per cui
continuai a vedere Augusto Bianchi due volte a
settimana, alternando il thè e pasticcini con
leggere effusioni fatte di carezze, baci sulle
labbra e inevitabilmente col suo molliccio e
inconsistente pene che solleticava la mia bocca. Ci
limitavamo al minimo indispensabile, praticamente,
detto volgarmente continuai a fargli due pompini a
settimana della durata di qualche manciata di
secondi l’uno.
Essendo cardiopatico e non
potendo assumere alcuna pillola blu i nostri
rapporti si limitavano allo stretto necessario. Solo
una volta, dopo una meravigliosa cena a lume di
candela, a casa sua, tentò penosamente di penetrarmi
dopo almeno un’ora di preparazione. Quando arrivò
l’agognato momento ci riuscì, ma solo in minima
parte ed io ovviamente sfoggiando tutte le mie poche
nozioni di arte drammatica finsi spudoratamente,
urlando ed agitandomi, ma in realtà avvertii solo
una leggerissima pressione dalle parti della mia
completa aridità.
Quella sera dovetti inventarmi
la scusa che non essendo minimamente bagnata il mio
orgasmo era perlopiù mentale. Lui invece credendo di
aver fatto il proprio dovere di maschio si rilassò
al punto che in terrazza mentre guardavamo lo
stupendo panorama mi disse: “Gilda non ci crederai,
ma era da anni che non facevo godere una donna
così!” Fu quella volta che chiese la mia mano
accompagnando l’ufficialità con un paio di orecchini
d’oro tempestati di brillanti del valore più o meno
di cinquemila euro. Rimasi a bocca aperta, ma lui mi
disse baciandomi “Tesoro te li meriti tutti!” Poi
elogiò il mio candore e la mia purezza e
naturalmente avendo creduto totalmente alla
favoletta della moglie inconsolata accompagnò quel
dono chiedendomi ufficialmente la totale dedizione
nonché l’esclusiva e l’astensione completa semmai
mio marito o chi per lui avesse attentato alle mie
grazie.
Certo avevo una missione da compiere
per cui misi da parte tutte le mie velleità
rifugiandomi nelle chat serali e nei ricordi di
quando la mia attività settimanale superava di gran
lunga i sette orgasmi. Purtroppo quello fu un
periodo di vacche magre, ma così magre che coincise
contemporaneamente con le mancanze di Giacomo, a New
York per impegni di lavoro, quelle di mio marito che
nonostante le promesse era tornato ai suoi standard
consueti e quelle di Luca ormai uccel di bosco e,
preoccupato solo per le sue quote societarie nonché
per il timore che il notaio potesse vederci o
accorgersi della tresca, si limitava a mandarmi
messaggi e chiedere informazioni sul conto del mio
rapporto con il notaio. Gelosa, più volte gli chiesi
se nel frattempo qualcuna avesse preso il mio posto,
lui sinceramente mi risposte che a parte una signora
di 66 anni benestante vedova e senza figli non aveva
al momento altra carne al fuoco.
Dovevo
rassegnarmi, seppur clandestinamente, ero a tutti
gli effetti fidanzata e per quelle virtù millantate
avevo ricevuto in dono quel paio d’orecchini che
sfoggiavo solo in assenza di mio marito. Certo avevo
una missione da compiere, ma dentro di me sapevo
benissimo che alla prima occasione, con chiunque
fosse stato, avrei ceduto. Mi misi a scrivere una
specie di diario ricordando le mie prime esperienze
e in quel frangente vidi il mio passato tutto roseo
anche Maurizio, anche Giovanni e soprattutto il
marito della parrucchiera che in qualche modo era
stato il mio primo vero cliente con cui avevo fatto
un consapevole sesso a pagamento. La sera mi
raccoglievo da sola ed accarezzandomi rimpiangevo
addirittura l’esperienza di Madame Vanille
chiedendomi perché mai non avessi continuato visto
che ero perfino pagata per godere!
Certo
dovevo rigare dritto, la posta in palio era davvero
alta, per cui cercavo di fuggire da ogni tentazione.
Quando uscivo di casa avevo sempre il timore che
Augusto, nonostante non conoscesse il mio indirizzo,
potesse in qualche modo farmi seguire per accertarsi
se davvero fossi la donna virtuosa che aveva
conosciuto. E così per la prima volta nella mia vita
passai un lunghissimo periodo di astinenza.
CHANG
Fu in uno di quei giorni che
credetti di ripiombare nella mia profonda
depressione, già altre volte mi era capitato che la
mancanza del sesso mi provocasse uno stato d’animo
vegetativo e immancabilmente senza stimoli tutto
l’intorno perdeva interesse. Certo non vivevo
secondo le mie corde per cui viste le performance
con Augusto apprezzai perfino l’interesse del mio
personal trainer, Chang, un tipetto buffo, cinese,
alto 1,50 con due grossi baffi, a dir poco brutto,
ma con un unico pensiero fisso che prima o poi sarei
stata sua. “Prima o poi Gilda assaggerai la banana
caramellata fritta e non ne potrai fare più a meno…”
Mi diceva tra l’ironico e il volgare ed io più di
una volta mi ero fermata a riflettere sui tanti bei
personal trainer che si trovano nelle varie palestre
e che solo a me poteva capitare quel tizio, dal
forte odore orientale e un’autostrada di rughe che
solcavano profondamente il suo viso scuro.
Sinceramente nel tempo non ero riuscita a trovare in
lui, tranne la sua passione per la cucina cinese, un
lato positivo, un appiglio o una qualunque cosa che
potesse darmi lo stimolo giusto, ma nonostante
questo in quel periodo accettai la sua corte
sfrenata ovviamente pensando che avrei fatto
comunque in tempo a tirarmi indietro. Ma non avendo
compreso bene la gravità della mia astinenza la
situazione mi sfuggi di mano e alla fine avvenne, sì
che avvenne! E avvenne un pomeriggio dopo la lezione
di posturale nei locali della palestra.
Quel
giorno stranamente ero sola a lezione e lui,
evidentemente già con quel film in testa, attese
pazientemente che finissi di farmi la doccia. Poi,
quando entrai in accappatoio nello spogliatoio, si
fece trovare in piedi appoggiato all’armadietto. Non
disse nulla, mi guardò con gli occhi sbarrati ed
aprì il suo accappatoio. Non ci volevo credere…
Davanti a me si presentò un uomo nudo quasi informe,
ma con un pene scuro, enorme e pienamente eretto.
Lui, evidentemente conscio del suo aspetto, senza
avvicinarsi mi disse di guardare solo la parte che
nel qual caso mi fosse interessata e che se avessi
gradito sarebbe stata tutta a mia disposizione.
Forse sarà stata la sua altezza che automaticamente
aumentava quelle dimensione o forse la mia innata
pazzia, nonché il bisogno fisico, sta di fatto che
anche io, sorridendo, spalancai il mio accappatoio
dicendogli che se avesse gradito potevamo spostarci
nella sala attrezzi.
Ecco quello di farlo nella
sala attrezzi era stata sempre una mia fantasia. Lui
ovviamente non ci pensò due volte. Mi distese sulla
panca per gli addominali e mi penetrò immediatamente
senza preliminari. Dato il mio stato e nonostante le
sue dimensioni entrò come in un burro ed una volta
dentro iniziò a sbattermi come un forsennato. Era
così enorme che ebbi una sensazione immediata di
sazietà. Nessuno mai mi aveva riempito il quel modo
al punto che lo incitai per quanto fosse possibile
ad andare più a fondo. Non avevo mai fatto l’amore
con un orientale e devo dire che rispose a tutti gli
effetti alle mie voglie di allora. Poi cademmo a
terra e continuammo sul tappetino tra le mie urla e
i suoi colpi rapidi e bene assestati. Alla fine
venni tre volte.
Quando finimmo lui tentò di
baciarmi, ma mi voltai di scatto, era davvero di un
aspetto a dir poco non gradevole anche se devo dire
che aveva soddisfatto appieno le mie esigenze. Mi
rivestii di fretta e quando andai a salutarlo mi
feci promettere che quella sarebbe stata l’unica
volta e che lui non ci avrebbe mai più provato, pena
la mia cancellazione da quella palestra. Per lui ero
stata un sogno realizzato per cui non fece fatica ad
acconsentire.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
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