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RACCONTI
 
 

I racconti di LiberaEva
Gilda
Memorie di una signora per bene
 



 
 


DAVIDE

Fu in quel periodo grazie anche al cinese che mi dedicai alla cucina esotica organizzando serate alla libanese, all’indiana e naturalmente cinese. Beh sì ero molto brava e con l’aiuto di Youtube sapevo benissimo districarmi su vari piatti orientali. Di solito le vittime erano qualche amico di mio marito, qualche mio collega, parenti ed affini. Nonostante fossi ormai “fidanzata” con il notaio e i nostri incontri si fossero fatti più frequenti cercavo di non pensare ai miei bisogni e soprattutto a quella pazzia col cinese. Mi chiedevo più volte come avessi fatto ad andare con un tizio simile, concludendo che ormai ero davvero alla frutta considerando il notaio e le mie serate in chat! Inesorabilmente stavo perdendo la mia autostima finché in una di quelle serate come un fulmine a ciel sereno mi accorsi che quello che andavo cercando fuori lo avrei potuto avere in casa. Ma ahimè quella manna dal cielo non aveva le sembianze di mio marito!

Davide e mia sorella Stefania erano sposati felicemente da sette anni, fino a quando Davide scoprì che mia sorella, la santarellina presa ad esempio da mia madre per le sue virtù sin da quando ero adolescente, aveva una relazione di lunga durata con un altro uomo più anziano di lei di quindici anni. E il destino volle che Davide lo scoprisse curiosando nel suo telefono proprio il giorno in cui avevo invitato la bella coppia felice a casa mia per una cena libanese. Mia sorella preferì non venire mentre Davide forse perché aveva bisogno di parlare e distrarsi accettò comunque l’invito.
Passammo tutto il tempo a parlare dell’accaduto con lui che continuava a ripetere come un mantra che mai se lo sarebbe aspettato, che mai avrebbe pensato che mia sorella fosse capace di tanto. Era demoralizzato e addolorato al punto che, nonostante il nostro conforto, più mio che quello di mio marito, Davide alzò decisamente il gomito scolandosi tranquillamente due bottiglie di Chianti e una mezza bottiglia di gin. Alla fine della serata si era accasciato sul divano, aveva dormito una mezz’oretta, ma al risveglio era praticamente un cencio e sicuramente non in grado di guidare. Giulio, stanco di quei lamenti, a metà serata aveva pensato bene di guadagnare il letto con la scusa che il giorno dopo si sarebbe dovuto alzare molto presto, per cui toccò a me l’onere di accompagnarlo a casa.

Scesi in strada, invece di andare a casa, volle affogare il suo dolore e smaltire la sua sbornia passeggiando per il quartiere. Mi chiese più volte se fossi al corrente della tresca di Stefania e poi se anche io in un periodo della mia vita avessi tradito Giulio. Chiedendogli la massima riservatezza non mentii giustificando in qualche modo le motivazioni di mia sorella. A quel punto volle sapere le ragioni intime di quelle scelte e come fosse possibile tradire la fiducia di una persona con la quale si viveva accanto giorno e notte.
Ero in imbarazzo. Davide aveva scelto la persona meno adatta per essere consolato per cui gli dissi che se lui avesse voluto avrei potuto intercedere con Stefania e sapere la ragione profonda che l’aveva portata a quella scelta. Lui mi ringraziò, tra me e me mi chiesi come fosse possibile essere così innamorati! Cercai nelle mie storie passate una sofferenza simile, ma purtroppo non trovai niente di simile.
Continuammo a passeggiare sottobraccio e sinceramente facevo fatica a sorreggerlo. Lui sbiascicava parole senza senso poi però in un momento di rivalsa e ancora sotto i fumi dell’alcol iniziò a insultare ad alta voce sua moglie, chiamandola stronza e mignotta. Lo pregai di calmarsi, ma lui deciso mi disse che per nessuna ragione al mondo quella notte avrebbe voluto spartire lo stesso letto di quella puttana! Certo mi faceva pena e cercai di convincerlo che fosse solo una sbandata e magari non consumata anche se in cuor mio ci credevo davvero poco, ma lui insistette e mi chiese di aiutarlo a trovargli un posto per la notte. Non sapendo cosa fare e dove andare gli proposi la stanza degli ospiti di casa mia, ma lui non volendo disturbare e soprattutto volendo far credere a mia sorella di aver passato una notte brava per farla ingelosire, mi pregò di trovargli un albergo o una cosa simile per passare qualche ora. Alla fine lo portai nell’unico motel che conoscevo ovvero quello dove facevo l’amore con Luca.

Il portiere che ormai mi conosceva, per fortuna vedendomi non ebbe nessuna espressione facciale quando Davide ancora barcollando chiese una stanza e poi rivolgendosi alla sottoscritta mi chiese il favore di accompagnarlo in stanza. Sinceramente non capii immediatamente le sue intenzioni neanche quando in ascensore mi abbracciò, mi baciò sulla guancia e mi disse: “Sai Gilda non avevo mai provato una sofferenza simile…” Gli risposi che una bella dormita l’avrebbe calmato e il giorno dopo avrebbe visto la vicenda con occhi diversi. Lui mi guardava senza capire e aggiunse: “Tu non somigli per nulla a Stefania! Ti prego aiutami a dimenticare!”

Non ero così ingenua da non capire e infatti appena chiusa la porta della stanza le cose cambiarono e quella richiesta di aiuto divenne un vero e proprio desiderio. In meno di trenta secondi avevo già le sue mani dappertutto e la sua lingua nella mia bocca. Cercai di farlo desistere, ma un brivido caldo involontario mi avvolse quando le sue mani più decise con un gesto rapido si posarono sui miei fianchi per poi tenermi ferma ed ammirare quello che a breve sarebbe stato la custodia del suo piacere. Continuava a ripetere: “Mi aiuti vero?” Ma quelle domande non prevedevano nessuna risposta tranne la mia assoluta disponibilità. Gli dissi che quello che stava facendo non aveva nessuna logica e sicuramente non sarebbe stata la medicina adatta per la sua sofferenza. Ma lui non mi ascoltò anzi mi disse: “Tu sei dolce, sei una donna meravigliosa, sei diversa da Stefania e sicuramente non sei una puttana come lei.” Non risposi e come una crocerossina mi inginocchiai e glielo presi in bocca credendo che quel gesto fosse stato sufficiente, ma mi sbagliavo… Mi disse: “Gilda io voglio scoparti!” A quel punto mi sollevò di peso ed io, addosso a quella parete iniziai a bagnarmi facilitandogli il percorso.

Dopo meno di un secondo sentii il suo cazzo farsi spazio, ma fu solo un assaggio e durò il tempo di rendermi conto di quanto fosse fortunata mia sorella. Le sue dimensioni esagerate erano sicuramente più grandi di quelle di Luca, Giacomo, di Santiago, mio marito e vuoto per pieno sfioravano quelle del cinese, per citare almeno gli ultimi in ordine cronologico. Insomma si era davvero grosso nonostante, dato il suo stato di ebbrezza, per tutto il rapporto non fu mai al culmine del suo stato.
Mi prese lì in piedi ordinandomi ad ogni colpo di resistergli e di tenermi ferma puntando le mie mani contro la parete. Non ricordo quanto tempo rimase dentro, ma ricordo perfettamente che venni diverse volte. Lui ogni volta si inginocchiava e raccoglieva il mio nettare nella sua bocca. Ero in paradiso e lui più volte mi disse che dovevamo ringraziare mia sorella per quella stupenda notte passata insieme. Poi l’appetito venne mangiando e scopammo come due animali comodamente distesi su quel letto fino a quando stravolto si addormentò dentro di me.

A quel punto presi le mie cose e sgattaiolai da quell’albergo. Tornai a casa alle cinque di mattina, per fortuna mio marito dormiva e non si accorse di nulla. Davide il giorno dopo mi chiamò e mi disse che aveva chiarito con mia sorella e che era stato tutto un malinteso. Stefania al tempo frequentava una scuola di recitazione e quei messaggi facevano parte di una commedia che stavano scrivendo insieme.
Poi però aggiunse che per nessuna ragione avrebbe potuto fare a meno di me. Gli risposi che avevo passato una bellissima serata con lui, che era stato di certo una bella scoperta, ma che non era moralmente accettabile un rapporto tra cognati, ma in realtà dentro di me speravo che lui insistesse e così fece al punto che accettai di vederlo affidandoci al destino, se e quando le nostre vite si sarebbero di nuovo incrociate.
Ma non fu così. Tutte le volte che Stefania aveva scuola di recitazione lui si auto invitava a cena da noi e alla fine diventammo amanti segreti. Per l’amore avevamo trovato una soluzione molto comoda ossia quando mio marito si congedava per il suo sonno eterno quatti quatti sgattaiolavamo nella cantina di casa. E quella cantina divenne ben presto la nostra alcova e anche molto comoda dato che per non insospettire Giulio alle volte non entrava in casa, ma ci incontravamo direttamente lì. Lui di solito dopo cena mi inviava un messaggio anonimo, tipo cuoricino o faccia che sorrideva, io a quel punto prendevo le immondizie e scendevo. Certo il tempo era poco, ma sicuramente maggiore rispetto alla differenziata per cui al mio ritorno avevo sempre la scusa pronta tipo un inquilino, la portiera, una signora con il cane che inevitabilmente mi faceva tardare con la buona pace di mio marito sbragato sul comodo divano di casa davanti alla tv.

Intanto mia sorella mi chiamava un giorno sì e l’altro pure. Mi confessò che l’uomo dei messaggi era effettivamente il suo amante. Tuttavia era rimasta sorpresa dal cambiamento di suo marito perché dopo quella scoperta era diventato più socievole, carino, affabile, sereno e disponibile e che di colpo erano svaniti tutti i motivi che l’avevano portata nelle braccia di un altro uomo. Ovviamente non seppe mai la verità e che quel dottore che l’aveva curato così bene avesse un paio di tette di una misura più grande della sua, portasse i tacchi, un paio di calze a rete, quelle preferite da suo marito, e che per renderlo così sereno ci era voluta tutta la mia esperienza in fatto di seduzione e disponibilità. Certo non ci andavo gratis ed ogni volta pretendevo la giusta ricompensa per bilanciare almeno i pomeriggi passati a casa del notaio. Davide non scoprì mai il tradimento di sua moglie e si consolò con sua sorella per circa un anno intero.


GUIDO

Beh sì ormai lo hai capito. Non lo nego, ho sempre avuto bisogno di attenzione da parte degli uomini e cerco di colmare i miei vuoti in maniera compulsiva e tutto ciò mi porta inevitabilmente ad essere dipendente dal sesso. Certo tutto ciò ha un’origine e una causa. E forse è giunto il momento che te ne parli. Certo in questo tipo di società è di certo più facile parlare della dipendenza dell’alcol o della droga, molto più difficile invece parlare di quella del sesso. Nelle rare volte in cui si affronta l’argomento viene sempre visto sotto una forma di perversione psichica. Anche la parola ninfomania allude nel migliore dei casi a una certa depravazione femminile se non addirittura ad una malattia. Beh io invece parlerei più di una forma di ipersessualità ed è ovvio che la continua ricerca di partner, per ottenere nuove sensazioni e piaceri, si accompagna alla perdita di inibizioni e a continue manifestazioni di seduzione, provocazione, desiderio sessuale, tanto da assumere caratteristiche fuori dall’ordinario, ma non per questo patologiche.
Certo alla base c’è sempre un’insoddisfazione più psichica che fisica. Ovvio che per raggiungere il proprio piacere la componente mentale è fondamentale, e il più delle volte ci si autoconvince che il motivo del frequente passaggio da un uomo all’altro e quindi dell'insoddisfazione sia legato al compagno e non a una situazione interna di disagio. Il fuoco che ardeva in me era più forte di qualsiasi possesso, qualsiasi degrado e qualsiasi umiliazione. Mi illudevo che la quantità potesse spegnere quel fuoco. Nonostante dovessi dar retta a più amanti alle volte mi andavo anche a cercare il piacere e il pericolo di mia spontanea volontà, come quando a casa del fratello di Luca misi un altro tassello alla mia già ricca esperienza sessuale.

Guido lo avevo conosciuto una sera al privé di Luca, single e donnaiolo era il tipo che se per caso avesse adocchiato qualcuna di suo gradimento difficilmente avrebbe lasciato l’osso prima di averlo spolpato per bene. Così successe con me. Credo che a imbeccarlo fosse stato proprio Luca anche se Guido mi giurò che aveva rubato il mio numero di telefono rovistando nella rubrica del cellulare di suo fratello. Comunque mi chiamò un giorno al lavoro dicendomi che era sotto l’ufficio e che avrebbe desiderato prendere un caffè insieme. Guido aveva circa dieci anni meno del fratello, magro con la barba, d’aspetto più che normale non aveva nulla di particolare che potesse attirarmi. Prendemmo quel caffè, ma prima di andare via mi invitò senza impegno a passare un pomeriggio a casa sua confessandomi che sin da quella volta del privé non gli ero affatto indifferente. Il mio pensiero andò a Luca e alla storia della rubrica del telefono, per cui se fosse stata vera avrei rischiato. Tieni conto che in quel periodo avevo già una storia in piedi con l’altro mio cognato. Lui insistette, quel giorno e il giorno dopo, poi venne di nuovo sotto il mio ufficio finché alla fine cedetti.

Fissammo un appuntamento e andai a casa sua, morale della favola passammo tutto il pomeriggio a letto. Devo dire che non era un grande amante, sotto quel lato non assomigliava affatto al fratello, ma era talmente vizioso che dopo aver ricevuto una telefonata mi chiese ancora di fare l’amore e volle bendarmi. La cosa mi parve strana, comunque iniziò di nuovo ad accarezzarmi e stimolarmi con estrema lentezza finché mi resi conto che le mani erano più di due… Ma feci finta di nulla e non dissi niente, loro continuarono fino a quando presi dall’eccitazione scoprirono le loro carte e i loro sessi che in contemporanea fecero il loro dovere. Ricordo che per pudore chiusi gli occhi senza più riaprirli per tutto l’atto, ma annegai davvero in un brodo di giuggiole anzi nel lago del mio nettare abbondante.
Alla fine ringraziai Guido per non avermelo detto prima e per avermi fatto quella stupenda sorpresa, insomma ero così compiaciuta che subito il pomeriggio dopo pretesi una replica e nell’entusiasmo di quella nuova esperienza mi chiesi: “Ma come avevo fatto a non pensarci prima?”


KEVIN

Ma non finì là perché qualche sera dopo toccai davvero il fondo. Mio marito era fuori per lavoro ed io a casa da sola mi stavo annoiando a morte. Chiamai in sequenza Luca, Davide, Giacomo e Guido, nessuno dei quattro mi rispose e allora decisi di uscire. Andai in un locale dove ero già stata con Luca, molto distante da dove abitavo per non fare incontri compromettenti, ma il caso volle che proprio lì incontrai Kevin, un diciannovenne di colore, figlio adottivo di una coppia di amici di mio marito. Lui era in compagnia di altri tre ragazzi.

Appena mi vide mi venne incontro e mi chiese come mai fossi sola. Imbarazzata risposi la verità ossia che a casa da sola mi stavo annoiando. Mi guardò con aria interrogativa, forse intuì che non fossi lì solo per un innocente svago, forse no, comunque mi pregò di unirmi alla compagnia e di sedermi sul divano accanto a loro.
Il loro divertimento era bere birra e commentare in modo a dir poco piccante tutti gli esemplari femminili che si alternavano sulla pedana. Troia e mignotta erano i giudizi più frequenti, ma anche zoccola e pompinara non erano da meno… Però quando mi sedetti il loro interesse cambiò direzione e iniziarono a farmi i complimenti anche piuttosto diretti. Beh erano giovani e non ci feci caso più di tanto tranne per il fatto che a turno si alzavano, si allontanavano e poi tornavano ancora più strafatti di prima.

Ovviamente non pensavo a loro, troppo giovani perfino per le mie trasgressioni più remote e di tanto in tanto adocchiavo la fauna cinquantenne maschile che avrebbe potuto in qualche modo essere funzionale alle mie aspettative per quella serata.
Ma sul quel divano grazie all’alcol e chissà cos’altro l’atmosfera si fece più piccante e nel giro di un’ora scarsa i discorsi si fecero più espliciti e qualcuno senza mezzi termini mi disse che adorava le Milf e che mi avrebbe scopata volentieri nella toilette del locale. Feci finta di niente, ma qualcosa dentro me iniziò a ribollire. Ripesai a Vittorio Lezzi e quanto avevo goduto in quella toilette, ma qui era diverso ero in mezzo a tre ragazzi e loro mi facevano sentire né più né meno che una Dea del piacere. Iniziai a fantasticare di come sarebbe stato diverso il sesso con loro, poi accettai di ballare con tutti loro a turno e tutti indistintamente durante il ballo allungarono le mani assaporando la morbidezza del mio sedere per poi chiedermi scusa. Uno mi disse che adorava il culo burroso, un altro che impazziva al solo pensiero di avermi per qualche secondo, un altro che gli facevo sangue perché assomigliavo molto a sua zia.
Dopo le due il locale iniziò a svuotarsi e in quell’atmosfera intima quelle mani si fecero più esigenti ed io seduta comodamente su quel divano li lasciai fare finché qualcuno di loro disse che fosse giunto il momento di andare a prendere una boccata d’aria.

Forse sarà stato l’alcol oppure solo la mia voglia di passare una serata diversa e provare fin dove mi sarei potuta spingere. Sarà stato tutto questo o altro, ma fui ben contenta di seguirli nell’auto di uno di loro. Salii nel sedile posteriore tra due di loro e ci spostammo qualche chilometro in aperta campagna. Durante il tragitto, Kevin, che era seduto davanti accanto al guidatore e che evidentemente aveva saputo qualcosa di me, disse agli altri due di non limitarsi perché ci sarei stata e quindi di prepararmi ben bene. Nel buio dell’abitacolo entrambi tirarono fuori i loro membri ed io in una sorta di trance iniziai a soddisfare le loro voglie con la bocca. Quando arrivammo mi fecero scendere, mi spogliarono completamente e lì successe quello che mai avrei creduto che sarei riuscita a fare. Certo sì mi dissero puttana e troia e seppure i loro modi diventarono più decisi e quasi violenti non mi sentii abusata, anzi fui io stessa ad invitarli e loro ben contenti di obbedirmi aspettarono pazienti il loro turno toccandomi e masturbandosi. Distesa su quel prato con le gambe spalancate mi sentii un vero e proprio oggetto di piacere, come successivamente quando appoggiata al cofano dell’auto e la faccia contro il parabrezza reclamavo ogni tipo di attenzione. Fuori da qualsiasi ragione non riuscii a contare quante volte venni penetrata, di certo qualcuno di loro fece il bis al punto che quella fu la mia prima notte in cui raggiunsi l’orgasmo una decina di volte.

Quando mi riaccompagnarono alla macchina presi da parte Kevin e lo pregai di tenere la bocca chiusa e non dire nulla ai suoi genitori. Lui mi sorrise, mi rassicurò giurando che avrebbe tenuto la bocca chiusa se fossi stata carina e disponibile con lui, almeno un’altra volta, ma da soli. Ovviamente non fu solo una volta. Lui non aveva la patente per cui ero io che andavo a prenderlo sotto casa. Era fidanzato e non desiderava grattacapi, ma allo stesso tempo non resisteva al fascino della signora che in auto si lasciava andare accogliendolo ovunque il ragazzo desiderasse.

A casa il giorno dopo mi chiesi se quello fosse il mio limite o chissà quanti altri limiti avrei dovuto superare. Sta di fatto che quando tornai mio marito era già a casa. Seduto in poltrona in sala da pranzo lo trovai a piangere e disperarsi. Non si curò di me e del mio vestito ridotto a brandelli e dell’odore di sesso giovane che emanavo. Aveva di nuovo perso il lavoro! Subito mi venne in mente il mio periodo nero quando a buon viso e cattivo gioco dovetti riconsiderare ogni cosa ed accettare di fare sesso a pagamento, ma forse questa volta pensai che ci sarebbe stata una via d’uscita più onorevole senza il bisogno di fare di nuovo la mignotta! E lo pensai proprio nel momento in cui in bagno stavo togliendo le tracce di quella notte brava.


IL MIO SECONDO MATRIMONIO

La soluzione manco a dirlo era Augusto Bianchi! Ovvio prima dovevo convincere il notaio a fare un passo avanti e mio marito un passo indietro. Mi chiesi da dove cominciare e chi tra i due fosse l’osso più duro convenendo che per ovvie ragioni il lato debole della catena sarebbe stato il notaio pazzamente innamorato di me. Del resto la proposta di matrimonio c’era già stata per cui da una parte dovevo solo renderla fattibile ed in qualche modo agevolarla e per fare questo mi serviva la totale complicità di mio marito e l’aiuto incondizionato di Luca il quale anche lui se fosse andata a buon fine avrebbe ottenuto dei bei vantaggi personali.

Mentre il giorno dopo andavo al lavoro scoprii una vera e banale verità ovvero che per sposarmi avrei dovuto prima divorziare. Ma quello non sarebbe stato un problema in quanto i tempi per un divorzio consensuale erano di soli sei mesi. Insomma la mia idea pazza stava crescendo e soprattutto mi parve più che fattibile. Non stavo nella pelle per cui la mattina stessa chiamai Augusto. Presi un permesso, passai per casa e poi andai all’appuntamento. Lui era con dei clienti per cui nell’attesa mi preparai avendo portato con me tutto l’occorrente per essere una bomba sexy. Allo specchio del suo bagno stile arabeggiante mi guardai attentamente, niente faceva pensare che la notte precedente mi ero fatta scopare da quattro ragazzi contemporaneamente.

Quando Augusto entrò nella stanza degli ospiti ero pronta, non avevo trascurato alcun dettaglio, compresa la vestaglia trasparente nera, il reggicalze con degli strass sui gancetti che tanto lo faceva impazzire, il tacco dodici da vera e sublime mignotta, il tutto armonizzato da un trucco stile Cleopatra. Lui per poco svenne, feci cenno col dito sul naso di non parlare, mi inginocchiai all’istante e gli feci il più bel pompino della sua vita. Nonostante il suo desiderio di godere il prima possibile, da esperta com’ero, accelerando e rallentando lo feci durare circa una mezz’ora. Alla fine esplose nella mia bocca e per la prima volta cacciò un urlo sovrumano tanto che poco dopo bussò la governante allarmata. Di proposito mi feci trovare ancora in quella posizione, insomma volevo che sorprendendoci nell’intimità nessuno più dubitasse della nostra unione. Poi per renderla ancora più ufficiale lo convinsi ad uscire e farci una passeggiata sottobraccio lungo la via principale del paese. Augusto era molto noto per cui sentendo gli occhi addosso di mezzo paese dedussi che la governante avesse già fatto il proprio dovere.

Seduti ai tavolini all’aperto del bar principale del paese dopo una lunga premessa sulle mie insoddisfazioni coniugali e sul mio proposito di lasciare mio marito e di conseguenza regolarizzare il nostro amore gli chiesi se la sua proposta fosse ancora valida. Beh sì non avevo dubbi, ma finsi lacrime di gioia quando lui rispose che non chiedeva altro dalla vita. Con studiata malizia mi scosciai in modo da catturare sguardi, desideri ed attenzione morbosa da parte degli altri uomini seduti ai tavoli vicini. Augusto se ne accorse e con voce tremante mi disse: “Per nessuna ragione al modo voglio perderti!”

Solo il giorno successivo e ovviamente dopo un altro pompino memorabile con annessa scopata virtuale dove mi lasciai andare a plurimi orgasmi naturalmente secchi passai all’attacco. Ovviamente mi dilungai sul fatto che nulla avrei mai tolto a sua figlia Cristiana, tanto meno avrei voluto che lei mi considerasse una profittatrice per cui gli dissi che occorreva inventarci una specie di matrimonio morganatico e che quindi dovevo essere esclusa da qualsivoglia asse ereditario. Facendo di professione il notaio, Augusto non ebbe difficoltà a capire cosa intendessi e nel contempo comprese anche le mie riserve, appena accennate, circa il mio futuro e la mia sicurezza economica.

Augusto fece fatica a credere alle sue orecchie e mi disse: “Lo avevo intuito che eri una donna sincera e onesta!” Poi preso dall’entusiasmo aggiunse: “Amore voglio che questo matrimonio sia celebrato in pompa magna e il prima possibile!”
Ecco, lo avevo portato dove desideravo che lui arrivasse e prontamente gli risposi che per fare in fretta occorreva convincere Giulio a dare il benestare per un divorzio consensuale in modo da scongiurare il divorzio giudiziale molto più lungo e stressante per tutti e tre. Fu lui a quel punto a dirmi che in questi casi l’unica cosa che funziona incontrovertibilmente è la persuasione materiale ossia un sostanzioso assegno che ha il potere di smorzare fastidiose gelosie e recriminazioni varie.
Superato quell’ostacolo bisognava anche pensare al mio futuro. Accennai velatamente alla nostra differenza di età e che senza di lui, naturalmente tra cento anni, senza alcuna eredità, mi sarei tuttavia ritrovata sola per cui gli dissi che mi avrebbe fatto felice se come regalo di matrimonio avessi avuto almeno una casa di mia proprietà. In poche parole comunque l’avesse vista il punto centrale del mio discorso fu che avevo bisogno di certezze granitiche e assolute per fare quel grande passo.

Lo vidi traballare, troppo confuso e innamorato mi disse che non aveva pensato minimante a quell’aspetto e che avevo ragione da vendere. Prese però tempo dicendomi che ne avrebbe parlato con sua figlia, ma aggiunse che per nessun motivo avrei dovuto preoccuparmi perché in qualche modo avrebbe fatto in quanto il suo unico pensiero era quello di portarmi davanti all’altare, cosa del resto fattibile in quanto lui vedovo ed io sposata solo civilmente.
Certo sì avrei sperato in un sì sicuro e deciso in modo da parlarne la sera stessa con mio marito, ma il più era fatto, come non mai ero stata chiara così chiara che l’unica mia preoccupazione fu quella che lui, vista la mia determinazione, ci avesse visto un interesse esclusivamente economico e quindi si fosse tirato indietro proprio sul più bello.
Quando ci salutammo lui notò quel mio fastidio, tanto che la sera stessa mi tempestò di messaggi ai quali per la prima volta non risposi. Il giorno dopo mi chiamò presto e mi disse che non aveva chiuso occhio per tutta la notte che avrebbe desiderato incontrarmi, parlare, stare con me almeno per una giornata intera, rimasi di proposito scostante inventandomi la scusa che ero in ufficio e che il pomeriggio avrei avuto un impegno, così come il giorno dopo e per tutta la settimana.

E mentre il pollo da spennare bolliva nel fuoco della passione, contattai Luca e gli raccontai tutto. Lui mi disse: “Sei geniale Gilda, mai avrei pensato che arrivassi a tanto!” Poi però aggiunse che avevo chiesto troppo poco e che ero ancora in tempo ad osare di più dopo di che ci mise il suo carico da undici dicendomi che tra quelle proprietà da intestarmi, oltre alla casa, doveva essere ricompresa l’antica villa con migliaia di ettari intorno da trasformare a centro benessere. Beh sì io e lui avevamo formato una vera e propria associazione a delinquere e ridemmo per tutta la telefonata pensando al povero notaio cotto d’amore. Poi concluse: “Senti Gilda è stato bello toccarti la fica e farti colare come una troia a quel Capodanno davanti a tuo marito, ma sarà ancora più trasgressivo scoparti come moglie dell’emerito coglione nella persona del notaio Augusto Bianchi!”

Col notaio tirai ancora la corda per un’altra settimana intera nonostante lui al telefono mi avesse detto che avrebbe accettato ogni mia condizione. Portate a casa le due richieste ora occorreva che la casa diventasse una villa e l’assegno sostanzioso una rendita per Giulio.

Comunque decisi di parlarne quella sera stessa a cena con Giulio. Misi sul piatto da poker tutte le carte premettendo che di solito in una coppia dopo le difficoltà economiche sopraggiungono ineluttabilmente quelle sentimentali. Stante la situazione e la sua situazione era ovvio che col mio solo stipendio non saremmo andati molto avanti e con immenso dispiacere avremmo ben presto dovuto lasciare quella meravigliosa casa in cui abitavamo in affitto. Quindi dato che ci tenevo a quel rapporto gli dissi che riflettendoci avevo trovato la mia soluzione.
Fu a quel punto che calai tutti e quattro gli assi, dicendogli che avevo conosciuto un notaio settantenne, vedovo, molto ricco e collaboratore dell’azienda dove lavoravo, e che ci eravamo frequentati esclusivamente per motivi di lavoro. Tra noi era nata una certa confidenza e lui, durante un pranzo di lavoro, si era lasciato andare e mi aveva espresso i suoi propositi personali ossia quelli di volersi risposare dicendomi chiaramente che avrebbe desiderato una donna che assomigliasse a me. In poche parole mi aveva chiesto aiuto per cercargli quella donna.

“Insomma hai fatto colpo sul vecchio!” Disse Giulio cercando di alleggerire la circostanza, ma in realtà lo vidi molto interessato al mio racconto. Non chiese nulla, anzi fui io a rassicurarlo di tanto in tanto dicendogli che tra noi non c’era stato nulla tranne un suo penoso tentativo di baciarmi. Giulio rise e a quel punto oltre agli assi calai tutte le carte prospettandogli la magica soluzione che avrebbe in un colpo solo risolto tutti i nostri problemi.
“Data la nostra condizione e l’interesse mal celato del notaio a quel punto ho iniziato a pensare alla cosa chiedendomi se non potessi essere io quella donna!”
Giulio strabuzzò gli occhi poi mi chiese di ripetere parola per parola e alla fine disse: “E noi?” Sorrisi dandogli dell’ingenuo. Ovvio che tra noi non sarebbe cambiato assolutamente nulla tranne il fatto di vivere in una bella villa immersa in un grande giardino verde e pieno di fiori e che, con una rendita mensile, avrei avuto molto più tempo per lui, visto che mi sarei licenziata. Certo non saremmo più stati moglie e marito, ma avremmo vissuto felici e con tanta voglia di incontrarci e fare l’amore.
A quel punto la sua domanda venne spontanea: “Ma con lui ci farai l’amore?” In quel momento avrei voluto elencargli le tante relazioni che in quel momento tenevo gelosamente in piedi nonché le tante corna che in quegli anni avevo provveduto a fissargli in testa, ma optai per una risposta più soft: “Giulio sinceramente penso che Augusto non sia in grado di fare l’amore e comunque sia non credo, viste le sue condizioni, che abbia ancora molti anni davanti a sé!”
Fu in quell’attimo che lo vidi cedere.
Lo portai in camera e me lo scopai, lui disteso ed io sopra di lui. Devo dire che non ebbe un’erezione maestosa, ma bastò per farmi godere e a sorprendermi dato che con quella storia del matrimonio mi accorsi che avevo passato addirittura una settimana senza far l’amore.
Stavo invecchiando?

Il giorno dopo non andai in ufficio, uscendo di casa a buonora presi la strada verso casa di Augusto. Senza avvertirlo mi presentai a casa sua. Le sue prime parole furono come previsto: “Amore mi sei mancata tanto!” Poi con aria finta burbera mi disse di non farlo più. Era fatta! Vidi nei suoi occhi una luce di vero amore e me ne guardai bene di fargli un pompino. Lo avevo in scacco per cui volli chiarire ogni tipo di dettaglio e sentire dalla sua viva voce come e quando sarei diventata una ricca signora borghese.
Le sue parole mi lasciarono di stucco. Dopo una lunga promessa del tipo che si scusava per non avermi potuto offrire di più e che non avrebbe voluto scomodare sua figlia, mi disse che pensava di intestarmi l’unico immobile per cui non avrebbe dovuto chiedere il consenso di Cristiana in quanto era di sua esclusiva proprietà, che consisteva in un vecchio palazzetto al centro del paese con sei appartamenti già affittati. In questo modo oltre alla garanzia dell’immobile avrei avuto il contante degli affitti mensili, circa quattromila euro, per smussare le riserve di mio marito.
In quel momento pensai a Luca per cui non feci salti di gioia, ma lo ringraziai comunque chiedendogli però di parlare con sua figlia per rivedere quell’accordo. Solo a quel punto uscì fuori dal cilindro la vecchia villa che Luca avrebbe voluto trasformare in centro benessere. Mi disse che non ne era proprietario, ma solo socio di maggioranza per cui avrebbe dovuto parlare con gli altri soci.
Beh il più era fatto e mi ritenni più che soddisfatta. Sarebbero solo dovuti passare sei mesi e nel frattempo gli dissi, come una normale coppia, che avrei gradito astenermi da qualsiasi rapporto sessuale come per tornare vergine e donarmi al lui solo in luna di miele.
Augusto mi abbracciò, mi disse ancora che nella sua vita non aveva mai avuto la fortuna di conoscere una donna virtuosa come me e che in paese si era già sparsa la voce tanto che chiunque incontrasse gli chiedeva di me e a quando la data del matrimonio.

Per sicurezza fissammo la data otto mesi dopo. Lui si occupò personalmente delle pratiche di divorzio. Quando Giulio conobbe il notaio mi chiese allibito: “Ma come fai a sposarlo?” Sì in effetti era davvero vecchio, ma io volevo dare una svolta alla mia vita, per cui una bella e soleggiata domenica di giugno ci sposammo nel giardino della sua villa vista lago alla presenza del parroco che officiò la messa davanti a 312 invitati tra i quali mio marito Giulio, mio padre e mia madre, Cristiana la figlia di Augusto, suo marito, Luca e sua moglie Daniela, mia sorella Stefania e suo marito Davide, Guido il fratello di Luca, Vittorio Lezzi il mio psichiatra con sua moglie e Chang il mio personal trainer. Quando pronunciai il fatidico sì contai quanti di loro avessero avuto modo di apprezzare le mie cosce!
Giacomo, il mio amante milanese, rimase allo oscuro di tutto. Pochi giorni prima delle nozze gli mandai un messaggio scrivendogli che ero a Houston negli Stati Uniti ad assistere mia madre per un complicato intervento a cuore aperto e che lo avrei chiamato io al mio ritorno in Italia.

Come viaggio di nozze Augusto esaudì il mio desiderio di passare una settimana intera in un villaggio turistico a cinque stelle in un paradisiaco atollo del Pacifico. La prima notte mi concessi a lui, ma nonostante l’astinenza forzata e il desiderio reciproco le cose non cambiarono, così che il giorno dopo mi sorpresi ad adocchiare un facoltoso e famoso chirurgo di Milano, un cinquantenne dal fisico invidiabile capitato da quelle parti per soddisfare i capricci della sua giovane amante appena ventenne. Fu proprio quella sera insonne che uscii dal bungalow e mentre Augusto dormiva mi misi seduta in veranda e mi accesi una sigaretta. Il bel chirurgo anche lui insonne e stanco dei tanti capricci della ragazzina seduto nella sua veranda mi sorrise. Poi scavalcando la piccola barriera di legno mi disse di chiamarsi Gianni. Immediatamente parlando dei nostri destini comuni nacque una certa complicità al punto che decidemmo di fare una passeggiata notturna sulla spiaggia, un attimo dopo sentii le sue braccia avvolgermi completamente e le nostre labbra si unirono in un bacio passionale. Lui con la sua lingua mi esplorò tutto gli angoli della mia bocca e poi senza parlare mi condusse dentro una capanna semi aperta con il tetto di foglie di banano. Illuminata dalla sola luna tolsi la mia tunica bianca e rimasi completamente nuda e lo invitai. Lui non si fece pregare, disteso sulla sabbia mi volle sopra di lui e dopo qualche secondo era già dentro di me ed io iniziai a tremare tutta. Come un animale in calore cominciò a montarmi urlandomi quanto fossi fantastica e che già in aereo vedendomi aveva avuto il forte desiderio di scoparmi. Sempre dentro di me mi chiese come facessi a stare con quel vecchio aggiungendo subito dopo che quella ragazzina capricciosa non valeva neanche un’unghia dei miei bellissimi piedi. Venni all’istante e lui per coccolarmi iniziò a leccarmi i piedi, fu una sensazione magnifica e immersa nell’oblio annuii con la testa quando mi chiese se avesse potuto osare di più. Mi sollevò, mi fece appoggiare le mani ad un palo della capanna e a quel punto senza perdere tempo si prese quanto di meglio avessi potuto offrirgli in quel momento. Il piacere fu così intenso che cercai di divincolarmi, ma lui mi tenne stretta ed esplose urlando dentro di me.

Non mi resi subito conto di quanto tempo fosse passato, ma ricordo benissimo che, quando mano per mano corremmo sulla spiaggia e poi ci tuffammo in mare, vidi le prime luci dell’alba all’orizzonte. Ci baciammo promettendoci, se fosse stato possibile, di rivederci la sera dopo direttamente alla capanna di banano. Quando tornai Augusto dormiva profondamente e non si era accorto della mia assenza, ma dalla sera dopo e per cinque sere per precauzione insieme alla sua medicina per la pressione versai nel bicchiere d’acqua anche dieci gocce di sonnifero.
Nei giorni successivi con Gianni affinammo la nostra sintonia e il bel chirurgo si dimostrò davvero altruista. Una sera mi confessò che la prima volta quando era uscito in veranda aveva appena finito di scopare con la ragazzina, ma sinceramente se non me lo avesse detto avrei giurato che fosse nel pieno di un voto di digiuno sessuale.



 
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Ogni riferimento a persone e fatti
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