|
HOME
CERCA NEL SITO
CONTATTI
COOKIE POLICY
RACCONTI
I racconti di LiberaEva
Gilda
Memorie di una signora per bene
DAVIDE
Fu in quel
periodo grazie anche al cinese che mi dedicai alla
cucina esotica organizzando serate alla libanese,
all’indiana e naturalmente cinese. Beh sì ero molto
brava e con l’aiuto di Youtube sapevo benissimo
districarmi su vari piatti orientali. Di solito le
vittime erano qualche amico di mio marito, qualche
mio collega, parenti ed affini. Nonostante fossi
ormai “fidanzata” con il notaio e i nostri incontri
si fossero fatti più frequenti cercavo di non
pensare ai miei bisogni e soprattutto a quella
pazzia col cinese. Mi chiedevo più volte come avessi
fatto ad andare con un tizio simile, concludendo che
ormai ero davvero alla frutta considerando il notaio
e le mie serate in chat! Inesorabilmente stavo
perdendo la mia autostima finché in una di quelle
serate come un fulmine a ciel sereno mi accorsi che
quello che andavo cercando fuori lo avrei potuto
avere in casa. Ma ahimè quella manna dal cielo non
aveva le sembianze di mio marito!
Davide e
mia sorella Stefania erano sposati felicemente da
sette anni, fino a quando Davide scoprì che mia
sorella, la santarellina presa ad esempio da mia
madre per le sue virtù sin da quando ero
adolescente, aveva una relazione di lunga durata con
un altro uomo più anziano di lei di quindici anni. E
il destino volle che Davide lo scoprisse curiosando
nel suo telefono proprio il giorno in cui avevo
invitato la bella coppia felice a casa mia per una
cena libanese. Mia sorella preferì non venire mentre
Davide forse perché aveva bisogno di parlare e
distrarsi accettò comunque l’invito.
Passammo
tutto il tempo a parlare dell’accaduto con lui che
continuava a ripetere come un mantra che mai se lo
sarebbe aspettato, che mai avrebbe pensato che mia
sorella fosse capace di tanto. Era demoralizzato e
addolorato al punto che, nonostante il nostro
conforto, più mio che quello di mio marito, Davide
alzò decisamente il gomito scolandosi
tranquillamente due bottiglie di Chianti e una mezza
bottiglia di gin. Alla fine della serata si era
accasciato sul divano, aveva dormito una
mezz’oretta, ma al risveglio era praticamente un
cencio e sicuramente non in grado di guidare.
Giulio, stanco di quei lamenti, a metà serata aveva
pensato bene di guadagnare il letto con la scusa che
il giorno dopo si sarebbe dovuto alzare molto
presto, per cui toccò a me l’onere di accompagnarlo
a casa.
Scesi in strada, invece di andare a
casa, volle affogare il suo dolore e smaltire la sua
sbornia passeggiando per il quartiere. Mi chiese più
volte se fossi al corrente della tresca di Stefania
e poi se anche io in un periodo della mia vita
avessi tradito Giulio. Chiedendogli la massima
riservatezza non mentii giustificando in qualche
modo le motivazioni di mia sorella. A quel punto
volle sapere le ragioni intime di quelle scelte e
come fosse possibile tradire la fiducia di una
persona con la quale si viveva accanto giorno e
notte.
Ero in imbarazzo. Davide aveva scelto la
persona meno adatta per essere consolato per cui gli
dissi che se lui avesse voluto avrei potuto
intercedere con Stefania e sapere la ragione
profonda che l’aveva portata a quella scelta. Lui mi
ringraziò, tra me e me mi chiesi come fosse
possibile essere così innamorati! Cercai nelle mie
storie passate una sofferenza simile, ma purtroppo
non trovai niente di simile.
Continuammo a
passeggiare sottobraccio e sinceramente facevo
fatica a sorreggerlo. Lui sbiascicava parole senza
senso poi però in un momento di rivalsa e ancora
sotto i fumi dell’alcol iniziò a insultare ad alta
voce sua moglie, chiamandola stronza e mignotta. Lo
pregai di calmarsi, ma lui deciso mi disse che per
nessuna ragione al mondo quella notte avrebbe voluto
spartire lo stesso letto di quella puttana! Certo mi
faceva pena e cercai di convincerlo che fosse solo
una sbandata e magari non consumata anche se in cuor
mio ci credevo davvero poco, ma lui insistette e mi
chiese di aiutarlo a trovargli un posto per la
notte. Non sapendo cosa fare e dove andare gli
proposi la stanza degli ospiti di casa mia, ma lui
non volendo disturbare e soprattutto volendo far
credere a mia sorella di aver passato una notte
brava per farla ingelosire, mi pregò di trovargli un
albergo o una cosa simile per passare qualche ora.
Alla fine lo portai nell’unico motel che conoscevo
ovvero quello dove facevo l’amore con Luca.
Il portiere che ormai mi conosceva, per fortuna
vedendomi non ebbe nessuna espressione facciale
quando Davide ancora barcollando chiese una stanza e
poi rivolgendosi alla sottoscritta mi chiese il
favore di accompagnarlo in stanza. Sinceramente non
capii immediatamente le sue intenzioni neanche
quando in ascensore mi abbracciò, mi baciò sulla
guancia e mi disse: “Sai Gilda non avevo mai provato
una sofferenza simile…” Gli risposi che una bella
dormita l’avrebbe calmato e il giorno dopo avrebbe
visto la vicenda con occhi diversi. Lui mi guardava
senza capire e aggiunse: “Tu non somigli per nulla a
Stefania! Ti prego aiutami a dimenticare!”
Non ero così ingenua da non capire e infatti appena
chiusa la porta della stanza le cose cambiarono e
quella richiesta di aiuto divenne un vero e proprio
desiderio. In meno di trenta secondi avevo già le
sue mani dappertutto e la sua lingua nella mia
bocca. Cercai di farlo desistere, ma un brivido
caldo involontario mi avvolse quando le sue mani più
decise con un gesto rapido si posarono sui miei
fianchi per poi tenermi ferma ed ammirare quello che
a breve sarebbe stato la custodia del suo piacere.
Continuava a ripetere: “Mi aiuti vero?” Ma quelle
domande non prevedevano nessuna risposta tranne la
mia assoluta disponibilità. Gli dissi che quello che
stava facendo non aveva nessuna logica e sicuramente
non sarebbe stata la medicina adatta per la sua
sofferenza. Ma lui non mi ascoltò anzi mi disse: “Tu
sei dolce, sei una donna meravigliosa, sei diversa
da Stefania e sicuramente non sei una puttana come
lei.” Non risposi e come una crocerossina mi
inginocchiai e glielo presi in bocca credendo che
quel gesto fosse stato sufficiente, ma mi sbagliavo…
Mi disse: “Gilda io voglio scoparti!” A quel punto
mi sollevò di peso ed io, addosso a quella parete
iniziai a bagnarmi facilitandogli il percorso.
Dopo meno di un secondo sentii il suo cazzo
farsi spazio, ma fu solo un assaggio e durò il tempo
di rendermi conto di quanto fosse fortunata mia
sorella. Le sue dimensioni esagerate erano
sicuramente più grandi di quelle di Luca, Giacomo,
di Santiago, mio marito e vuoto per pieno sfioravano
quelle del cinese, per citare almeno gli ultimi in
ordine cronologico. Insomma si era davvero grosso
nonostante, dato il suo stato di ebbrezza, per tutto
il rapporto non fu mai al culmine del suo stato.
Mi prese lì in piedi ordinandomi ad ogni colpo di
resistergli e di tenermi ferma puntando le mie mani
contro la parete. Non ricordo quanto tempo rimase
dentro, ma ricordo perfettamente che venni diverse
volte. Lui ogni volta si inginocchiava e raccoglieva
il mio nettare nella sua bocca. Ero in paradiso e
lui più volte mi disse che dovevamo ringraziare mia
sorella per quella stupenda notte passata insieme.
Poi l’appetito venne mangiando e scopammo come due
animali comodamente distesi su quel letto fino a
quando stravolto si addormentò dentro di me.
A quel punto presi le mie cose e sgattaiolai da
quell’albergo. Tornai a casa alle cinque di mattina,
per fortuna mio marito dormiva e non si accorse di
nulla. Davide il giorno dopo mi chiamò e mi disse
che aveva chiarito con mia sorella e che era stato
tutto un malinteso. Stefania al tempo frequentava
una scuola di recitazione e quei messaggi facevano
parte di una commedia che stavano scrivendo insieme.
Poi però aggiunse che per nessuna ragione
avrebbe potuto fare a meno di me. Gli risposi che
avevo passato una bellissima serata con lui, che era
stato di certo una bella scoperta, ma che non era
moralmente accettabile un rapporto tra cognati, ma
in realtà dentro di me speravo che lui insistesse e
così fece al punto che accettai di vederlo
affidandoci al destino, se e quando le nostre vite
si sarebbero di nuovo incrociate.
Ma non fu
così. Tutte le volte che Stefania aveva scuola di
recitazione lui si auto invitava a cena da noi e
alla fine diventammo amanti segreti. Per l’amore
avevamo trovato una soluzione molto comoda ossia
quando mio marito si congedava per il suo sonno
eterno quatti quatti sgattaiolavamo nella cantina di
casa. E quella cantina divenne ben presto la nostra
alcova e anche molto comoda dato che per non
insospettire Giulio alle volte non entrava in casa,
ma ci incontravamo direttamente lì. Lui di solito
dopo cena mi inviava un messaggio anonimo, tipo
cuoricino o faccia che sorrideva, io a quel punto
prendevo le immondizie e scendevo. Certo il tempo
era poco, ma sicuramente maggiore rispetto alla
differenziata per cui al mio ritorno avevo sempre la
scusa pronta tipo un inquilino, la portiera, una
signora con il cane che inevitabilmente mi faceva
tardare con la buona pace di mio marito sbragato sul
comodo divano di casa davanti alla tv.
Intanto mia sorella mi chiamava un giorno sì e
l’altro pure. Mi confessò che l’uomo dei messaggi
era effettivamente il suo amante. Tuttavia era
rimasta sorpresa dal cambiamento di suo marito
perché dopo quella scoperta era diventato più
socievole, carino, affabile, sereno e disponibile e
che di colpo erano svaniti tutti i motivi che
l’avevano portata nelle braccia di un altro uomo.
Ovviamente non seppe mai la verità e che quel
dottore che l’aveva curato così bene avesse un paio
di tette di una misura più grande della sua,
portasse i tacchi, un paio di calze a rete, quelle
preferite da suo marito, e che per renderlo così
sereno ci era voluta tutta la mia esperienza in
fatto di seduzione e disponibilità. Certo non ci
andavo gratis ed ogni volta pretendevo la giusta
ricompensa per bilanciare almeno i pomeriggi passati
a casa del notaio. Davide non scoprì mai il
tradimento di sua moglie e si consolò con sua
sorella per circa un anno intero.
GUIDO
Beh sì ormai lo hai capito. Non lo nego, ho
sempre avuto bisogno di attenzione da parte degli
uomini e cerco di colmare i miei vuoti in maniera
compulsiva e tutto ciò mi porta inevitabilmente ad
essere dipendente dal sesso. Certo tutto ciò ha
un’origine e una causa. E forse è giunto il momento
che te ne parli. Certo in questo tipo di società è
di certo più facile parlare della dipendenza
dell’alcol o della droga, molto più difficile invece
parlare di quella del sesso. Nelle rare volte in cui
si affronta l’argomento viene sempre visto sotto una
forma di perversione psichica. Anche la parola
ninfomania allude nel migliore dei casi a una certa
depravazione femminile se non addirittura ad una
malattia. Beh io invece parlerei più di una forma di
ipersessualità ed è ovvio che la continua ricerca di
partner, per ottenere nuove sensazioni e piaceri, si
accompagna alla perdita di inibizioni e a continue
manifestazioni di seduzione, provocazione, desiderio
sessuale, tanto da assumere caratteristiche fuori
dall’ordinario, ma non per questo patologiche.
Certo alla base c’è sempre un’insoddisfazione più
psichica che fisica. Ovvio che per raggiungere il
proprio piacere la componente mentale è
fondamentale, e il più delle volte ci si
autoconvince che il motivo del frequente passaggio
da un uomo all’altro e quindi dell'insoddisfazione
sia legato al compagno e non a una situazione
interna di disagio. Il fuoco che ardeva in me era
più forte di qualsiasi possesso, qualsiasi degrado e
qualsiasi umiliazione. Mi illudevo che la quantità
potesse spegnere quel fuoco. Nonostante dovessi dar
retta a più amanti alle volte mi andavo anche a
cercare il piacere e il pericolo di mia spontanea
volontà, come quando a casa del fratello di Luca
misi un altro tassello alla mia già ricca esperienza
sessuale.
Guido lo avevo conosciuto una sera
al privé di Luca, single e donnaiolo era il tipo che
se per caso avesse adocchiato qualcuna di suo
gradimento difficilmente avrebbe lasciato l’osso
prima di averlo spolpato per bene. Così successe con
me. Credo che a imbeccarlo fosse stato proprio Luca
anche se Guido mi giurò che aveva rubato il mio
numero di telefono rovistando nella rubrica del
cellulare di suo fratello. Comunque mi chiamò un
giorno al lavoro dicendomi che era sotto l’ufficio e
che avrebbe desiderato prendere un caffè insieme.
Guido aveva circa dieci anni meno del fratello,
magro con la barba, d’aspetto più che normale non
aveva nulla di particolare che potesse attirarmi.
Prendemmo quel caffè, ma prima di andare via mi
invitò senza impegno a passare un pomeriggio a casa
sua confessandomi che sin da quella volta del privé
non gli ero affatto indifferente. Il mio pensiero
andò a Luca e alla storia della rubrica del
telefono, per cui se fosse stata vera avrei
rischiato. Tieni conto che in quel periodo avevo già
una storia in piedi con l’altro mio cognato. Lui
insistette, quel giorno e il giorno dopo, poi venne
di nuovo sotto il mio ufficio finché alla fine
cedetti.
Fissammo un appuntamento e andai a
casa sua, morale della favola passammo tutto il
pomeriggio a letto. Devo dire che non era un grande
amante, sotto quel lato non assomigliava affatto al
fratello, ma era talmente vizioso che dopo aver
ricevuto una telefonata mi chiese ancora di fare
l’amore e volle bendarmi. La cosa mi parve strana,
comunque iniziò di nuovo ad accarezzarmi e
stimolarmi con estrema lentezza finché mi resi conto
che le mani erano più di due… Ma feci finta di nulla
e non dissi niente, loro continuarono fino a quando
presi dall’eccitazione scoprirono le loro carte e i
loro sessi che in contemporanea fecero il loro
dovere. Ricordo che per pudore chiusi gli occhi
senza più riaprirli per tutto l’atto, ma annegai
davvero in un brodo di giuggiole anzi nel lago del
mio nettare abbondante.
Alla fine ringraziai
Guido per non avermelo detto prima e per avermi
fatto quella stupenda sorpresa, insomma ero così
compiaciuta che subito il pomeriggio dopo pretesi
una replica e nell’entusiasmo di quella nuova
esperienza mi chiesi: “Ma come avevo fatto a non
pensarci prima?”
KEVIN
Ma non finì
là perché qualche sera dopo toccai davvero il fondo.
Mio marito era fuori per lavoro ed io a casa da sola
mi stavo annoiando a morte. Chiamai in sequenza
Luca, Davide, Giacomo e Guido, nessuno dei quattro
mi rispose e allora decisi di uscire. Andai in un
locale dove ero già stata con Luca, molto distante
da dove abitavo per non fare incontri
compromettenti, ma il caso volle che proprio lì
incontrai Kevin, un diciannovenne di colore, figlio
adottivo di una coppia di amici di mio marito. Lui
era in compagnia di altri tre ragazzi.
Appena mi vide mi venne incontro e mi chiese come
mai fossi sola. Imbarazzata risposi la verità ossia
che a casa da sola mi stavo annoiando. Mi guardò con
aria interrogativa, forse intuì che non fossi lì
solo per un innocente svago, forse no, comunque mi
pregò di unirmi alla compagnia e di sedermi sul
divano accanto a loro.
Il loro divertimento era
bere birra e commentare in modo a dir poco piccante
tutti gli esemplari femminili che si alternavano
sulla pedana. Troia e mignotta erano i giudizi più
frequenti, ma anche zoccola e pompinara non erano da
meno… Però quando mi sedetti il loro interesse
cambiò direzione e iniziarono a farmi i complimenti
anche piuttosto diretti. Beh erano giovani e non ci
feci caso più di tanto tranne per il fatto che a
turno si alzavano, si allontanavano e poi tornavano
ancora più strafatti di prima.
Ovviamente non
pensavo a loro, troppo giovani perfino per le mie
trasgressioni più remote e di tanto in tanto
adocchiavo la fauna cinquantenne maschile che
avrebbe potuto in qualche modo essere funzionale
alle mie aspettative per quella serata.
Ma sul
quel divano grazie all’alcol e chissà cos’altro
l’atmosfera si fece più piccante e nel giro di
un’ora scarsa i discorsi si fecero più espliciti e
qualcuno senza mezzi termini mi disse che adorava le
Milf e che mi avrebbe scopata volentieri nella
toilette del locale. Feci finta di niente, ma
qualcosa dentro me iniziò a ribollire. Ripesai a
Vittorio Lezzi e quanto avevo goduto in quella
toilette, ma qui era diverso ero in mezzo a tre
ragazzi e loro mi facevano sentire né più né meno
che una Dea del piacere. Iniziai a fantasticare di
come sarebbe stato diverso il sesso con loro, poi
accettai di ballare con tutti loro a turno e tutti
indistintamente durante il ballo allungarono le mani
assaporando la morbidezza del mio sedere per poi
chiedermi scusa. Uno mi disse che adorava il culo
burroso, un altro che impazziva al solo pensiero di
avermi per qualche secondo, un altro che gli facevo
sangue perché assomigliavo molto a sua zia.
Dopo
le due il locale iniziò a svuotarsi e in
quell’atmosfera intima quelle mani si fecero più
esigenti ed io seduta comodamente su quel divano li
lasciai fare finché qualcuno di loro disse che fosse
giunto il momento di andare a prendere una boccata
d’aria.
Forse sarà stato l’alcol oppure solo
la mia voglia di passare una serata diversa e
provare fin dove mi sarei potuta spingere. Sarà
stato tutto questo o altro, ma fui ben contenta di
seguirli nell’auto di uno di loro. Salii nel sedile
posteriore tra due di loro e ci spostammo qualche
chilometro in aperta campagna. Durante il tragitto,
Kevin, che era seduto davanti accanto al guidatore e
che evidentemente aveva saputo qualcosa di me, disse
agli altri due di non limitarsi perché ci sarei
stata e quindi di prepararmi ben bene. Nel buio
dell’abitacolo entrambi tirarono fuori i loro membri
ed io in una sorta di trance iniziai a soddisfare le
loro voglie con la bocca. Quando arrivammo mi fecero
scendere, mi spogliarono completamente e lì successe
quello che mai avrei creduto che sarei riuscita a
fare. Certo sì mi dissero puttana e troia e seppure
i loro modi diventarono più decisi e quasi violenti
non mi sentii abusata, anzi fui io stessa ad
invitarli e loro ben contenti di obbedirmi
aspettarono pazienti il loro turno toccandomi e
masturbandosi. Distesa su quel prato con le gambe
spalancate mi sentii un vero e proprio oggetto di
piacere, come successivamente quando appoggiata al
cofano dell’auto e la faccia contro il parabrezza
reclamavo ogni tipo di attenzione. Fuori da
qualsiasi ragione non riuscii a contare quante volte
venni penetrata, di certo qualcuno di loro fece il
bis al punto che quella fu la mia prima notte in cui
raggiunsi l’orgasmo una decina di volte.
Quando mi riaccompagnarono alla macchina presi da
parte Kevin e lo pregai di tenere la bocca chiusa e
non dire nulla ai suoi genitori. Lui mi sorrise, mi
rassicurò giurando che avrebbe tenuto la bocca
chiusa se fossi stata carina e disponibile con lui,
almeno un’altra volta, ma da soli. Ovviamente non fu
solo una volta. Lui non aveva la patente per cui ero
io che andavo a prenderlo sotto casa. Era fidanzato
e non desiderava grattacapi, ma allo stesso tempo
non resisteva al fascino della signora che in auto
si lasciava andare accogliendolo ovunque il ragazzo
desiderasse.
A casa il giorno dopo mi chiesi
se quello fosse il mio limite o chissà quanti altri
limiti avrei dovuto superare. Sta di fatto che
quando tornai mio marito era già a casa. Seduto in
poltrona in sala da pranzo lo trovai a piangere e
disperarsi. Non si curò di me e del mio vestito
ridotto a brandelli e dell’odore di sesso giovane
che emanavo. Aveva di nuovo perso il lavoro! Subito
mi venne in mente il mio periodo nero quando a buon
viso e cattivo gioco dovetti riconsiderare ogni cosa
ed accettare di fare sesso a pagamento, ma forse
questa volta pensai che ci sarebbe stata una via
d’uscita più onorevole senza il bisogno di fare di
nuovo la mignotta! E lo pensai proprio nel momento
in cui in bagno stavo togliendo le tracce di quella
notte brava.
IL MIO SECONDO MATRIMONIO
La soluzione manco a dirlo era Augusto Bianchi!
Ovvio prima dovevo convincere il notaio a fare un
passo avanti e mio marito un passo indietro. Mi
chiesi da dove cominciare e chi tra i due fosse
l’osso più duro convenendo che per ovvie ragioni il
lato debole della catena sarebbe stato il notaio
pazzamente innamorato di me. Del resto la proposta
di matrimonio c’era già stata per cui da una parte
dovevo solo renderla fattibile ed in qualche modo
agevolarla e per fare questo mi serviva la totale
complicità di mio marito e l’aiuto incondizionato di
Luca il quale anche lui se fosse andata a buon fine
avrebbe ottenuto dei bei vantaggi personali.
Mentre il giorno dopo andavo al lavoro scoprii una
vera e banale verità ovvero che per sposarmi avrei
dovuto prima divorziare. Ma quello non sarebbe stato
un problema in quanto i tempi per un divorzio
consensuale erano di soli sei mesi. Insomma la mia
idea pazza stava crescendo e soprattutto mi parve
più che fattibile. Non stavo nella pelle per cui la
mattina stessa chiamai Augusto. Presi un permesso,
passai per casa e poi andai all’appuntamento. Lui
era con dei clienti per cui nell’attesa mi preparai
avendo portato con me tutto l’occorrente per essere
una bomba sexy. Allo specchio del suo bagno stile
arabeggiante mi guardai attentamente, niente faceva
pensare che la notte precedente mi ero fatta scopare
da quattro ragazzi contemporaneamente.
Quando Augusto entrò nella stanza degli ospiti ero
pronta, non avevo trascurato alcun dettaglio,
compresa la vestaglia trasparente nera, il
reggicalze con degli strass sui gancetti che tanto
lo faceva impazzire, il tacco dodici da vera e
sublime mignotta, il tutto armonizzato da un trucco
stile Cleopatra. Lui per poco svenne, feci cenno col
dito sul naso di non parlare, mi inginocchiai
all’istante e gli feci il più bel pompino della sua
vita. Nonostante il suo desiderio di godere il prima
possibile, da esperta com’ero, accelerando e
rallentando lo feci durare circa una mezz’ora. Alla
fine esplose nella mia bocca e per la prima volta
cacciò un urlo sovrumano tanto che poco dopo bussò
la governante allarmata. Di proposito mi feci
trovare ancora in quella posizione, insomma volevo
che sorprendendoci nell’intimità nessuno più
dubitasse della nostra unione. Poi per renderla
ancora più ufficiale lo convinsi ad uscire e farci
una passeggiata sottobraccio lungo la via principale
del paese. Augusto era molto noto per cui sentendo
gli occhi addosso di mezzo paese dedussi che la
governante avesse già fatto il proprio dovere.
Seduti ai tavolini all’aperto del bar principale
del paese dopo una lunga premessa sulle mie
insoddisfazioni coniugali e sul mio proposito di
lasciare mio marito e di conseguenza regolarizzare
il nostro amore gli chiesi se la sua proposta fosse
ancora valida. Beh sì non avevo dubbi, ma finsi
lacrime di gioia quando lui rispose che non chiedeva
altro dalla vita. Con studiata malizia mi scosciai
in modo da catturare sguardi, desideri ed attenzione
morbosa da parte degli altri uomini seduti ai tavoli
vicini. Augusto se ne accorse e con voce tremante mi
disse: “Per nessuna ragione al modo voglio
perderti!”
Solo il giorno successivo e
ovviamente dopo un altro pompino memorabile con
annessa scopata virtuale dove mi lasciai andare a
plurimi orgasmi naturalmente secchi passai
all’attacco. Ovviamente mi dilungai sul fatto che
nulla avrei mai tolto a sua figlia Cristiana, tanto
meno avrei voluto che lei mi considerasse una
profittatrice per cui gli dissi che occorreva
inventarci una specie di matrimonio morganatico e
che quindi dovevo essere esclusa da qualsivoglia
asse ereditario. Facendo di professione il notaio,
Augusto non ebbe difficoltà a capire cosa intendessi
e nel contempo comprese anche le mie riserve, appena
accennate, circa il mio futuro e la mia sicurezza
economica.
Augusto fece fatica a credere alle
sue orecchie e mi disse: “Lo avevo intuito che eri
una donna sincera e onesta!” Poi preso
dall’entusiasmo aggiunse: “Amore voglio che questo
matrimonio sia celebrato in pompa magna e il prima
possibile!”
Ecco, lo avevo portato dove
desideravo che lui arrivasse e prontamente gli
risposi che per fare in fretta occorreva convincere
Giulio a dare il benestare per un divorzio
consensuale in modo da scongiurare il divorzio
giudiziale molto più lungo e stressante per tutti e
tre. Fu lui a quel punto a dirmi che in questi casi
l’unica cosa che funziona incontrovertibilmente è la
persuasione materiale ossia un sostanzioso assegno
che ha il potere di smorzare fastidiose gelosie e
recriminazioni varie.
Superato quell’ostacolo
bisognava anche pensare al mio futuro. Accennai
velatamente alla nostra differenza di età e che
senza di lui, naturalmente tra cento anni, senza
alcuna eredità, mi sarei tuttavia ritrovata sola per
cui gli dissi che mi avrebbe fatto felice se come
regalo di matrimonio avessi avuto almeno una casa di
mia proprietà. In poche parole comunque l’avesse
vista il punto centrale del mio discorso fu che
avevo bisogno di certezze granitiche e assolute per
fare quel grande passo.
Lo vidi traballare,
troppo confuso e innamorato mi disse che non aveva
pensato minimante a quell’aspetto e che avevo
ragione da vendere. Prese però tempo dicendomi che
ne avrebbe parlato con sua figlia, ma aggiunse che
per nessun motivo avrei dovuto preoccuparmi perché
in qualche modo avrebbe fatto in quanto il suo unico
pensiero era quello di portarmi davanti all’altare,
cosa del resto fattibile in quanto lui vedovo ed io
sposata solo civilmente.
Certo sì avrei sperato
in un sì sicuro e deciso in modo da parlarne la sera
stessa con mio marito, ma il più era fatto, come non
mai ero stata chiara così chiara che l’unica mia
preoccupazione fu quella che lui, vista la mia
determinazione, ci avesse visto un interesse
esclusivamente economico e quindi si fosse tirato
indietro proprio sul più bello.
Quando ci
salutammo lui notò quel mio fastidio, tanto che la
sera stessa mi tempestò di messaggi ai quali per la
prima volta non risposi. Il giorno dopo mi chiamò
presto e mi disse che non aveva chiuso occhio per
tutta la notte che avrebbe desiderato incontrarmi,
parlare, stare con me almeno per una giornata
intera, rimasi di proposito scostante inventandomi
la scusa che ero in ufficio e che il pomeriggio
avrei avuto un impegno, così come il giorno dopo e
per tutta la settimana.
E mentre il pollo da
spennare bolliva nel fuoco della passione, contattai
Luca e gli raccontai tutto. Lui mi disse: “Sei
geniale Gilda, mai avrei pensato che arrivassi a
tanto!” Poi però aggiunse che avevo chiesto troppo
poco e che ero ancora in tempo ad osare di più dopo
di che ci mise il suo carico da undici dicendomi che
tra quelle proprietà da intestarmi, oltre alla casa,
doveva essere ricompresa l’antica villa con migliaia
di ettari intorno da trasformare a centro benessere.
Beh sì io e lui avevamo formato una vera e propria
associazione a delinquere e ridemmo per tutta la
telefonata pensando al povero notaio cotto d’amore.
Poi concluse: “Senti Gilda è stato bello toccarti la
fica e farti colare come una troia a quel Capodanno
davanti a tuo marito, ma sarà ancora più
trasgressivo scoparti come moglie dell’emerito
coglione nella persona del notaio Augusto Bianchi!”
Col notaio tirai ancora la corda per un’altra
settimana intera nonostante lui al telefono mi
avesse detto che avrebbe accettato ogni mia
condizione. Portate a casa le due richieste ora
occorreva che la casa diventasse una villa e
l’assegno sostanzioso una rendita per Giulio.
Comunque decisi di parlarne quella sera stessa a
cena con Giulio. Misi sul piatto da poker tutte le
carte premettendo che di solito in una coppia dopo
le difficoltà economiche sopraggiungono
ineluttabilmente quelle sentimentali. Stante la
situazione e la sua situazione era ovvio che col mio
solo stipendio non saremmo andati molto avanti e con
immenso dispiacere avremmo ben presto dovuto
lasciare quella meravigliosa casa in cui abitavamo
in affitto. Quindi dato che ci tenevo a quel
rapporto gli dissi che riflettendoci avevo trovato
la mia soluzione.
Fu a quel punto che calai
tutti e quattro gli assi, dicendogli che avevo
conosciuto un notaio settantenne, vedovo, molto
ricco e collaboratore dell’azienda dove lavoravo, e
che ci eravamo frequentati esclusivamente per motivi
di lavoro. Tra noi era nata una certa confidenza e
lui, durante un pranzo di lavoro, si era lasciato
andare e mi aveva espresso i suoi propositi
personali ossia quelli di volersi risposare
dicendomi chiaramente che avrebbe desiderato una
donna che assomigliasse a me. In poche parole mi
aveva chiesto aiuto per cercargli quella donna.
“Insomma hai fatto colpo sul vecchio!” Disse
Giulio cercando di alleggerire la circostanza, ma in
realtà lo vidi molto interessato al mio racconto.
Non chiese nulla, anzi fui io a rassicurarlo di
tanto in tanto dicendogli che tra noi non c’era
stato nulla tranne un suo penoso tentativo di
baciarmi. Giulio rise e a quel punto oltre agli assi
calai tutte le carte prospettandogli la magica
soluzione che avrebbe in un colpo solo risolto tutti
i nostri problemi.
“Data la nostra condizione e
l’interesse mal celato del notaio a quel punto ho
iniziato a pensare alla cosa chiedendomi se non
potessi essere io quella donna!”
Giulio strabuzzò
gli occhi poi mi chiese di ripetere parola per
parola e alla fine disse: “E noi?” Sorrisi dandogli
dell’ingenuo. Ovvio che tra noi non sarebbe cambiato
assolutamente nulla tranne il fatto di vivere in una
bella villa immersa in un grande giardino verde e
pieno di fiori e che, con una rendita mensile, avrei
avuto molto più tempo per lui, visto che mi sarei
licenziata. Certo non saremmo più stati moglie e
marito, ma avremmo vissuto felici e con tanta voglia
di incontrarci e fare l’amore.
A quel punto la
sua domanda venne spontanea: “Ma con lui ci farai
l’amore?” In quel momento avrei voluto elencargli le
tante relazioni che in quel momento tenevo
gelosamente in piedi nonché le tante corna che in
quegli anni avevo provveduto a fissargli in testa,
ma optai per una risposta più soft: “Giulio
sinceramente penso che Augusto non sia in grado di
fare l’amore e comunque sia non credo, viste le sue
condizioni, che abbia ancora molti anni davanti a
sé!”
Fu in quell’attimo che lo vidi cedere.
Lo portai in camera e me lo scopai, lui disteso ed
io sopra di lui. Devo dire che non ebbe un’erezione
maestosa, ma bastò per farmi godere e a sorprendermi
dato che con quella storia del matrimonio mi accorsi
che avevo passato addirittura una settimana senza
far l’amore.
Stavo invecchiando?
Il
giorno dopo non andai in ufficio, uscendo di casa a
buonora presi la strada verso casa di Augusto. Senza
avvertirlo mi presentai a casa sua. Le sue prime
parole furono come previsto: “Amore mi sei mancata
tanto!” Poi con aria finta burbera mi disse di non
farlo più. Era fatta! Vidi nei suoi occhi una luce
di vero amore e me ne guardai bene di fargli un
pompino. Lo avevo in scacco per cui volli chiarire
ogni tipo di dettaglio e sentire dalla sua viva voce
come e quando sarei diventata una ricca signora
borghese.
Le sue parole mi lasciarono di stucco.
Dopo una lunga promessa del tipo che si scusava per
non avermi potuto offrire di più e che non avrebbe
voluto scomodare sua figlia, mi disse che pensava di
intestarmi l’unico immobile per cui non avrebbe
dovuto chiedere il consenso di Cristiana in quanto
era di sua esclusiva proprietà, che consisteva in un
vecchio palazzetto al centro del paese con sei
appartamenti già affittati. In questo modo oltre
alla garanzia dell’immobile avrei avuto il contante
degli affitti mensili, circa quattromila euro, per
smussare le riserve di mio marito.
In quel
momento pensai a Luca per cui non feci salti di
gioia, ma lo ringraziai comunque chiedendogli però
di parlare con sua figlia per rivedere
quell’accordo. Solo a quel punto uscì fuori dal
cilindro la vecchia villa che Luca avrebbe voluto
trasformare in centro benessere. Mi disse che non ne
era proprietario, ma solo socio di maggioranza per
cui avrebbe dovuto parlare con gli altri soci.
Beh il più era fatto e mi ritenni più che
soddisfatta. Sarebbero solo dovuti passare sei mesi
e nel frattempo gli dissi, come una normale coppia,
che avrei gradito astenermi da qualsiasi rapporto
sessuale come per tornare vergine e donarmi al lui
solo in luna di miele.
Augusto mi abbracciò, mi
disse ancora che nella sua vita non aveva mai avuto
la fortuna di conoscere una donna virtuosa come me e
che in paese si era già sparsa la voce tanto che
chiunque incontrasse gli chiedeva di me e a quando
la data del matrimonio.
Per sicurezza
fissammo la data otto mesi dopo. Lui si occupò
personalmente delle pratiche di divorzio. Quando
Giulio conobbe il notaio mi chiese allibito: “Ma
come fai a sposarlo?” Sì in effetti era davvero
vecchio, ma io volevo dare una svolta alla mia vita,
per cui una bella e soleggiata domenica di giugno ci
sposammo nel giardino della sua villa vista lago
alla presenza del parroco che officiò la messa
davanti a 312 invitati tra i quali mio marito
Giulio, mio padre e mia madre, Cristiana la figlia
di Augusto, suo marito, Luca e sua moglie Daniela,
mia sorella Stefania e suo marito Davide, Guido il
fratello di Luca, Vittorio Lezzi il mio psichiatra
con sua moglie e Chang il mio personal trainer.
Quando pronunciai il fatidico sì contai quanti di
loro avessero avuto modo di apprezzare le mie cosce!
Giacomo, il mio amante milanese, rimase allo
oscuro di tutto. Pochi giorni prima delle nozze gli
mandai un messaggio scrivendogli che ero a Houston
negli Stati Uniti ad assistere mia madre per un
complicato intervento a cuore aperto e che lo avrei
chiamato io al mio ritorno in Italia.
Come
viaggio di nozze Augusto esaudì il mio desiderio di
passare una settimana intera in un villaggio
turistico a cinque stelle in un paradisiaco atollo
del Pacifico. La prima notte mi concessi a lui, ma
nonostante l’astinenza forzata e il desiderio
reciproco le cose non cambiarono, così che il giorno
dopo mi sorpresi ad adocchiare un facoltoso e famoso
chirurgo di Milano, un cinquantenne dal fisico
invidiabile capitato da quelle parti per soddisfare
i capricci della sua giovane amante appena ventenne.
Fu proprio quella sera insonne che uscii dal
bungalow e mentre Augusto dormiva mi misi seduta in
veranda e mi accesi una sigaretta. Il bel chirurgo
anche lui insonne e stanco dei tanti capricci della
ragazzina seduto nella sua veranda mi sorrise. Poi
scavalcando la piccola barriera di legno mi disse di
chiamarsi Gianni. Immediatamente parlando dei nostri
destini comuni nacque una certa complicità al punto
che decidemmo di fare una passeggiata notturna sulla
spiaggia, un attimo dopo sentii le sue braccia
avvolgermi completamente e le nostre labbra si
unirono in un bacio passionale. Lui con la sua
lingua mi esplorò tutto gli angoli della mia bocca e
poi senza parlare mi condusse dentro una capanna
semi aperta con il tetto di foglie di banano.
Illuminata dalla sola luna tolsi la mia tunica
bianca e rimasi completamente nuda e lo invitai. Lui
non si fece pregare, disteso sulla sabbia mi volle
sopra di lui e dopo qualche secondo era già dentro
di me ed io iniziai a tremare tutta. Come un animale
in calore cominciò a montarmi urlandomi quanto fossi
fantastica e che già in aereo vedendomi aveva avuto
il forte desiderio di scoparmi. Sempre dentro di me
mi chiese come facessi a stare con quel vecchio
aggiungendo subito dopo che quella ragazzina
capricciosa non valeva neanche un’unghia dei miei
bellissimi piedi. Venni all’istante e lui per
coccolarmi iniziò a leccarmi i piedi, fu una
sensazione magnifica e immersa nell’oblio annuii con
la testa quando mi chiese se avesse potuto osare di
più. Mi sollevò, mi fece appoggiare le mani ad un
palo della capanna e a quel punto senza perdere
tempo si prese quanto di meglio avessi potuto
offrirgli in quel momento. Il piacere fu così
intenso che cercai di divincolarmi, ma lui mi tenne
stretta ed esplose urlando dentro di me.
Non
mi resi subito conto di quanto tempo fosse passato,
ma ricordo benissimo che, quando mano per mano
corremmo sulla spiaggia e poi ci tuffammo in mare,
vidi le prime luci dell’alba all’orizzonte. Ci
baciammo promettendoci, se fosse stato possibile, di
rivederci la sera dopo direttamente alla capanna di
banano. Quando tornai Augusto dormiva profondamente
e non si era accorto della mia assenza, ma dalla
sera dopo e per cinque sere per precauzione insieme
alla sua medicina per la pressione versai nel
bicchiere d’acqua anche dieci gocce di sonnifero.
Nei giorni successivi con Gianni affinammo la nostra
sintonia e il bel chirurgo si dimostrò davvero
altruista. Una sera mi confessò che la prima volta
quando era uscito in veranda aveva appena finito di
scopare con la ragazzina, ma sinceramente se non me
lo avesse detto avrei giurato che fosse nel pieno di
un voto di digiuno sessuale.
|
CONTINUA LA LETTURA
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
© All rights
reserved
TUTTI I
RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
© Adamo Bencivenga - Tutti i diritti riservati
Il presente racconto è tutelato dai diritti d'autore.
L'utilizzo è limitato ad un ambito esclusivamente personale.
Ne è vietata la riproduzione, in qualsiasi forma, senza il consenso
dell'autore
Tutte
le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi
autori. Qualora l'autore ritenesse
improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione
verrà ritirata immediatamente. (All
images and materials are copyright protected and are the
property of their respective authors.and are the
property of their respective authors.If the
author deems improper use, they will be deleted from our
site upon notification.) Scrivi a
liberaeva@libero.it
COOKIE
POLICY
TORNA SU (TOP)
LiberaEva Magazine
Tutti i diritti Riservati
Contatti
|
|