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I racconti di LiberaEva
Gilda
Memorie di una signora per bene
RENATO
Ma non mi
diedi per vinta, del resto Paolo era troppo perverso
per me e decisi che le mie prede dovevano
rigorosamente essere maschi per così dire normali
col solo pensiero di scoparsi una donna, una femmina
che galleggia e barcolla su un paio di scarpe con i
tacchi tremendamente alti, elemento essenziale per i
miei tailleur stretti e la gonna corta che andava
bene in ufficio, ma era ancora più adatta quando,
con le mani piene di sacchetti pesanti della spesa,
incontrai lui per le scale.
Sì proprio lui,
Renato, il pilota separato del quarto piano, che
finora non mi aveva mai degnato di uno sguardo e che
forse solo in quel momento si accorse che il mondo
era fatto anche di donne, di altre donne oltre alla
sua ex moglie e magari farci un pensierino e
ricominciare ad aver fiducia e a far pace con il
mondo esterno. Fu lì in ascensore che si offrì di
aiutarmi e poi non mi staccò gli occhi di dosso
pensando magari che se non fossi stata una
coinquilina o una sposina, anche se non di primo
pelo, forse avrebbe potuto farsi avanti e magari in
quel momento contare i mesi ormai trascorsi dalla
sua dolorosa separazione. Forse era giunto davvero
il momento di appoggiare di nuovo gli occhi su una
donna che all’apparenza non era di certo fredda e
scostante. Sì certo proprio io, anche se lui sapeva
benissimo che ero sposata, ma che non è scritto da
nessuna parte che avere un marito significa non
avere delle occasioni e non solo quelle di essere
aiutata a portare due sacchetti della spesa ed
essere chiamata soltanto signora.
Ci
guardammo intensamente mentre i piani scorrevano,
lui mi sorrise di nuovo ed io educatamente risposi
sperando che lui nel mio sorriso ci vedesse
dell’altro e fosse rapito all’istante da un vortice
di calde sensazioni che lasciano sfogo più ad un
istinto che a un sogno. Ma non fu così perché come
al solito, in quei momenti, oltre al “Come va?” e
“Oggi è una bellissima giornata!” l’ascensore è più
veloce di qualsiasi tentazione, per cui scesi
sperando che uscendo percepisse lo strascico del mio
profumo inconfondibile di quelli che lasciano solo
un amaro rimpianto per non aver osato.
Ma
quell’incontro non fu totalmente inutile perché come
al solito il diavolo fa le pentole ma si dimentica i
coperchi e infatti la sera stessa, mentre Giulio era
nel suo studio intento a pigiare i tasti del suo
portatile e redigere una relazione che dal giorno
successivo avrebbe presentato ad un convegno a
Venezia, ricevetti una stranissima email sulla mia
posta da parte del bel pilota. Lessi il mittente e
rimasi piacevolmente sorpresa. Avevo fatto colpo e
lui si era affrettato a dichiararsi incurante dei
rapporti di buon vicinato? Incuriosita mi affrettai
ad aprirla e lessi quel messaggio di sole quattro
parole: “Vorrei incontrarti di nuovo.”
Delusa,
pensai subito ad un errore, del resto non lo avevo
mai incontrato prima e quel “di nuovo” mi lasciò dei
dubbi come del resto il tono confidenziale dato che
ci eravamo sempre dati del lei. I dubbi aumentarono
quando pensai all’indirizzo di posta: Come faceva il
pilota del piano di sopra a conoscere la mia email?
Ma in quel caso dedussi che ero sulla lista dei
condomini e lui per un po’ di tempo si era
interessato a problematiche riguardanti il
condominio. Poi mi venne in mente Gilda Massari, la
figlia del vecchio giudice dell’ultimo piano, che
avevo visto più volte parlare col pilota. Insomma
era tutto chiaro, dato che avevamo lo stesso nome vi
era stato un banale scambio di persona...
Chiusi il tablet, spensi la luce e mi misi a
dormire, ma ogni tanto quel pensiero tornava, forse
avrei dovuto rispondere e dire al bel pilota che si
era confuso e non ero io la persona che avrebbe
desiderato rivedere. Sì certo in ascensore i nostri
sguardi si erano incrociati più volte, lui da
perfetto gentiluomo mi aveva aiutata con i sacchetti
della spesa, e allora pensai che fosse davvero una
coincidenza incredibile che dopo quell’incontro
avessi ricevuto quel messaggio. E se fossi stata io
il suo oggetto di desiderio? A quel punto ripresi il
tablet e per non compromettermi decisi di rispondere
con una innocua faccina sorridente.
Passò meno di
un minuto e il tablet si illuminò di nuovo col
simbolo della notifica della posta: “Grazie. Vorrei
essere qui con te per coronare il mio sogno!” E quel
“qui” indicava una foto allegata di un romantico e
meraviglioso albergo in riva al mare a due passi da
Roma.
A quel punto non ebbi dubbi, era
decisamente uno scambio di persona, nessun uomo
avrebbe mai corteggiato una donna per giunta sposata
in modo così diretto invitandola in un’alcova
d’amore. Se davvero fossi stata l’oggetto del suo
impellente desiderio non ci sarebbe stata occasione
migliore di quel breve tratto insieme di ascensore…
Comunque intrigata per la situazione, decisi di
continuare a giocare, non perdermi l’occasione e
tentare la sorte. A quel punto gli inviai un’altra
faccina sorridente, ma per quella sera non ebbi
alcuna altra risposta. Sì certo una faccina
innocente non gli dava la certezza di aver strappato
un invito, ma mi addormentai con quel pensiero.
La mattina dopo trovai un altro messaggio del
bel pilota: “Hotel Circe, lungomare dei Dioscuri.
Questa sera alle nove in punto! Io ci sarò, se non
puoi, ci sarà un’altra occasione. Ciao!” Null’altro!
Beh a questo punto non era certo un sogno o una
speranza, ma un vero e proprio invito per una serata
romantica in un albergo davanti al mare.
Pensai
alla sorte, proprio la sera in cui mio marito era a
Venezia! In quel momento avrei voluto chiedere a
Giulio se avesse in qualche modo parlato col pilota
della sua trasferta, ma lasciai stare concentrandomi
sul fatto che era un semplice scambio di persona per
cui non sarei andata all’appuntamento.
Andai
come al solito in ufficio, senza più pensarci, ma al
ritorno, sola in casa, continuai a coltivare
quell’idea bizzarra. Una cosa mi lasciava un dubbio
che non riuscivo a spiegarmi. Da quanto sapevo Gilda
Massari era una donna divorziata quindi single per
cui mi chiesi come mai per quell’invito non si erano
sentiti a voce? Comunque gli scrissi: “Ma sei sicuro
che vuoi proprio me?” Dopo qualche secondo lessi la
risposta: “Cerco che voglio te! Ti desidero e ti
aspetto lì alle nove!” Beh sì, era un incontro al
buio e neanche con la certezza che lui davvero
desiderasse me. Tra me e l’altra Gilda c’erano
all’incirca dieci anni di differenza e almeno
quindici centimetri di altezza a suo favore! E se
davvero invece avesse voluto me? Non so, per una
trasgressione insolita, per quel profumo lasciato in
ascensore, per il mio decolleté che di sicuro non
era passato inosservato, oppure proprio per il fatto
che essendo sposata sarebbe stata una impresa ardua,
ma sicuramente succosa… Mi guardai allo specchio e
decisi di fare quella pazzia, di seguire il destino
e nella peggiore delle ipotesi non avrei fatto
alcuna figuraccia visto che l’errore era partito da
lui.
Certo l’invito era esplicito e
l’albergo era un segno evidente delle sue intenzioni
per cui se non si fosse accontentato alle brutte
avremmo potuto cenare, guardare il mare e poi
tornare a casa. Mi dissi che alla fine della fiera
era giusto osare anche perché la delusione faceva
parte della vita convincendomi che il vero male del
proprio vivere fosse la noia e l’indifferenza. E di
sicuro, comunque fosse andata, non mi sarei
annoiata!
In auto presi la via del mare e con
l’aiuto del navigatore percorsi quella strada al
buio con la tremenda paura di trovarmi da tutt’altra
parte, ma andò bene e cacciai un urlo solitario
quando da lontano intravidi quell’insegna luminosa.
Parcheggiai sotto due pini e accompagnata dal rumore
dei miei tacchi altissimi mi avvicinai all’hotel
ripetendomi che quello sarebbe stato il momento
cruciale, lo spartiacque della serata. Cosa avrebbe
detto vedendomi? Che faccia avrebbe fatto? Mi feci
mentalmente il segno della croce ed entrai.
Lui era lì e mi stava aspettando, puntuale come la
pipì al mattino, invitante come un circo, seduto su
uno dei divani rossi della hall con in mano un
calice di champagne. Andai verso di lui sorridendo,
ma non riuscivo ad essere disinvolta, le gambe mi
tremavano, una leggera ansia mi stringeva la gola,
ma lui appena mi vide da perfetto gentiluomo si alzò
in piedi, mi venne incontro, e con un leggerissimo
inchino prese la mia mano e appoggiò delicatamente
le sue labbra. Esordì dicendomi che non credeva ai
suoi occhi, perché ero un incanto, perché non
avrebbe mai sperato di vedermi in quel posto! Poi mi
pregò di sedermi e mi offrì l’altro calice.
Sprofondai su quel divano, respirai profondamente e
mi rilassai. Lentamente riacquistai tutta la mia
consapevolezza di dove fossi e che non avevo
sbagliato a seguire il fiuto del mio istinto. Lui
voleva me! Solo me! A quel punto accavallai le
gambe, e disinvolta mostrai tutto il mio essere
femmina, la grazia della mia calza velata, lo
splendore del mio tacco dodici, la sensualità del
mio decolleté.
Oh sì vero in quel momento,
mentre lui parlava e si scusava per quanto fosse
stato sconsiderato, non pensai più a cosa sarebbe
successo, perché in quell’istante stavo vivendo
intensamente un meraviglioso presente. Mi chiesi
semplicemente cosa avesse previsto la serata e quale
sarebbe stato il prossimo passo. E il passo fu una
cena in una splendida terrazza vista mare, piatti di
pesce, posate di lusso, cameriere gentile, calici di
buon vino, lui affabile, io disponibile, lui in
camicia bianca, io in tubino nero, battute
maliziose, occhi magnetici e tutto condito dalle
note di un pianoforte discreto.
Poi si sa le
cose vanno come devono andare e lui, finita la cena,
mi cinse i fianchi e mi guidò verso il paradiso.
Andammo in camera e seduti sul bordo del letto
rimanemmo dolcemente a conversare con la sua mano
dapprima timida e poi più decisa tra le mie cosce.
Mi disse che quell’incontro in ascensore e
soprattutto il ricamo sensuale del mio reggiseno
bianco erano stati la chiave per aprire le porte
della sua timidezza. Ovvio mi fece piacere, ma il
problema era che in vita mia non aveva mai portato
un reggiseno bianco! Poi mi parlò di sua moglie e
della loro penosa separazione, lei lo aveva tradito
facendosi trovare nel loro letto matrimoniale
insieme ad un suo caro amico. Lui nonostante il
pentimento di lei non tornò mai più sui suoi passi.
Poi mi disse che da quel giorno dell’addio non aveva
mai più fatto l’amore. Quando gli chiesi di Gilda
Massari si irrigidì dicendomi che era stata solo
un’amica di sua moglie. Gli dissi dei miei dubbi e
lui rise: “Ma sei pazza?” Poi lui mi chiese di mio
marito ed io evitai di parlargli delle tante ragioni
che mi avevano portato ad accettare quell’invito. Mi
chiese allora se quella fosse stata la mia prima
volta e se altri fortunati avevano avuto accesso
alle mie grazie con un invito così insolito. Beh non
sarei stata credibile se avessi negato del tutto per
cui mi limitai a dirgli che mi piaceva giocare e
quell’email aveva stuzzicato la mia fantasia.
Poi lui mi baciò e fu un bacio intenso, di
bocca, saliva, lingue intrecciate, ardore e
passione, come fu intenso l’amore perché ci amammo
come se fosse l’ultima volta, come se non ce ne
potesse essere un’altra, del resto pensai non si
sbaglia l’indirizzo email per due volte consecutive,
come il destino non sempre spedisce un marito a
Venezia nell’esatto momento in cui si riceve un
invito in un albergo. Era successo davvero! E allora
lo pregai di non fermarsi, di andare più in
profondità e cercarmi l’anima. Era tutto così
insolito e bello, lui un amante perfetto ed io
estasiata dalla coincidenza beffarda. Urlò più volte
il mio nome come se non fosse stata la prima volta,
come se trasportato dal desiderio mi avesse già
amato nella solitudine della sua casa. Alla fine,
nonostante fosse la nostra prima volta, godemmo
insieme con un orgasmo perfettamente sincrono.
Mentre mi rivestivo gli chiesi da quale cilindro di
mago fosse uscito, ero stata davvero bene e lui era
stato una meravigliosa sorpresa. E in cuor mio se me
lo avesse chiesto avrei sicuramente accettato di
riempire anche la serata successiva e forse chissà
quante altre. Insomma pensavo a quanto fosse comodo
avere un amante dentro lo stesso palazzo con
l’eventualità di vederci di sfuggita nei ritagli di
tempo al solo scopo di appagare le voglie
improvvise.
Solo a quel punto, mi strinse la
mano e fissandomi negli occhi mi disse: “Gilda,
voglio essere sincero con te. Io e Gilda Massari
stiamo insieme da mesi, ma suo padre non vede di
buon occhio la relazione di sua figlia con un uomo
non ancora separato ufficialmente, per cui
preferiamo comunicare tramite email. Quel messaggio
ieri sera non era indirizzato a te, per cui era lei
che aspettavo stasera qui, quando ti ho vista ho
capito l’errore, ma a quel punto non volevo
deluderti e soprattutto vedendoti avrei venduto
l’anima al diavolo per portarti a letto. Cosa che ho
fatto!”
Beh francamente non rimasi delusa, anzi
lo ringraziai per non avermi detto subito
dell’errore e per essere stato sincero solo dopo
l’amore. Ero stata bene e quello era l’unica cosa
che contava. Gli dissi solo, mentre mi chiudevo la
porta alle spalle se Gilda Massari fosse solita
indossare reggiseni bianchi. Lui si accorse
dell’errore e sorrise.
Lo rincontrai qualche
settimana dopo sulle scale, mi disse che era
ufficialmente separato e che ottenuto il divorzio
avrebbe sposato la figlia del giudice, ma aggiunse
anche che ricordava con piacere quella magnifica
serata e che se avessi voluto avrebbe volentieri
scambiato di nuovo l’indirizzo dell’email.
Sorrisi e entrando nell’ascensore gli dissi che se
lui fosse stato disponibile in quel momento non ci
sarebbe stato bisogno né di sbagliare email, né
tantomeno di qualsiasi altro pretesto. Così dicendo
tra il secondo e il terzo piano bloccai l’ascensore,
sollevai il vestito e lui vedendomi senza intimo
questa volta non perse tempo. Si inginocchiò come un
cagnolino ubbidiente e leccandomela lo sentii dire
che la mia era sicuramente molto più succosa di
quella dell’altra Gilda. Arrivai al culmine e lo
pregai di non perdere tempo, ma proprio in
quell’istante sentimmo la voce di Gilda Massari
chiamare il portiere e chiedere se l’ascensore si
fosse guastato. Ci rivestimmo in fretta e quella fu
l’ultima volta con Renato. Sette mesi dopo trovai
nella cassetta della posta l’invito alla
partecipazione di nozze con il grande stupore di mio
marito: “Eh già perché mai il pilota del quarto
piano aveva pensato a noi?”.
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fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
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