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RACCONTI
 
 

I racconti di LiberaEva
Gilda
Memorie di una signora per bene
 


 
 


LA CHAT

Certo non avevo molto più tempo rispetto a prima per cui iniziai a tradire Giulio pur rimanendo a casa. Ogni sera aspettavo che mio marito andasse a nanna per collegarmi in una chat di soli adulti dove nel giro di qualche mese diventai la regina indiscussa del piacere della maggior parte degli utenti. Senza muovermi di casa con mia immensa soddisfazione riuscivo a far godere decine di uomini al giorno e sentirmi quella che avevo sempre desiderato essere ossia una Dea del Piacere. Ovvio come te la maggior parte non si limitava a quel tipo di amore e chissà cosa avrebbe dato per incontrarmi. Mi piaceva quel gioco legato ad un sottile senso del piacere per cui per essere ancora più desiderata il più delle volte rifiutavo o in alcuni casi accendevo la mia cam e mi mostravo come mi aveva fatto mamma ai desideri più sfrenati. Il cliché era sempre lo stesso, mi chiedevano di spogliarmi, di rimanere nuda, di far vedere le mie grazie e poi di toccarmi. Diventai ben presto la puttana di quella chat, mi facevo chiamare Eva o Camille ed avevo una stanza virtuale dedicata dove sceglievo chi far entrare all’insaputa degli altri o alle volte contemporaneamente. Insomma avevo decine di amanti e ci facevo l’amore più o meno vero.

Di solito erano uomini sposati, stanchi della loro solita minestra, che preferivano stare con me anziché raggiungere le proprie mogli nei loro letti. Era un orgoglio tutto mio sostituirmi a loro e consumarli fino all’ultima goccia di piacere versate nei loro fazzoletti di stoffa stirati dalle loro mogli, anche se dopo quelle ore intense la maggior parte di loro si eclissava scomparendo nell’oblio della rete. Solo qualcuno rimaneva attaccato a quella flebile speranza di incontrarmi dal vero, immaginando modi e tempi e soprattutto l’amore carnale.

A lungo andare affinai i miei metodi e quindi iniziai a mandare le mie foto ovviamente senza volto dove apparivo completamente nuda o in posizioni provocanti tramite falsi profili di Twitter, Facebook e siti di incontri, accompagnate da richieste esplicite di incontri estemporanei. Non ponevo condizioni, tranne che fossero totalmente sconosciuti che, per muovermi rapidamente, abitassero a pochi chilometri da dove risiedevo e soprattutto che dopo l’amore non fossi più ritracciabile. Il sesso divenne il mio “sine qua non” della giornata. Dal cilindro sceglievo gli uomini che a mio parere non si sarebbero innamorati. Cercavo emozioni estreme e con qualcuno ci sono anche uscita. La scusa era bere un caffè insieme, ma per non fallire mi presentavo con minigonne da urlo e tacchi altissimi e inevitabilmente si andava subito al sodo.

Ma anche il mondo reale era comunque appagante. Bastava uno sguardo, un tacco alto, un rossetto intenso e alle volte un semplice bottone slacciato del mio top per attirare l’attenzione. Nei bar, tra i banchi del supermercato, in stazione aspettando il treno, in metro, in taxi, nelle stazioni di servizio insomma non c’era luogo non adatto! Nella mia ricerca costante mi resi conto di aver sviluppato una vera e propria dipendenza, mi consideravo come una giocatrice alle slot machine oppure una obesa che non smette di mangiare. Ero cosciente che quella pratica mi stesse avvelenando l'anima. Stavo scivolando in un abisso e capivo di non essere normale rispetto agli standard imposti dalla società, ma era più forte di me. Di certo avrei preferito un sesso più maturo e qualitativo, ma non riuscivo a smettere. Ovviamente non era amore! Non mi interessava nulla di loro, tranne che fossero gentili, affidabili e tutti indistintamente che avessero quel qualcosa che mi facesse scattare lo stato d’animo giusto. Non mi preoccupavo delle conseguenze, non pretendevo tecnica o chissà quale esperienza tranne il fatto di avere le attenzioni necessarie per raggiungere l’orgasmo.
Oramai non ero più la ragazzina che si bagnava con uno sguardo o un bacio, ma in fin dei conti per me non era importante vincere, io volevo giocare! Ripeto bastava che un uomo mi guardasse per andarci a letto. E ci andavo quasi sempre. Tutti erano ben disposti a possedermi e io non vedevo l'ora che lo facessero.


SONIA E ALEKSANDR

Mio marito non si accorse mai di nulla, ormai avevo affinato le mie tecniche e riuscivo ad avere i miei spazi segreti di assoluta libertà. Poi però dopo sei anni di matrimonio con mia sorpresa rimasi incinta. Sinceramente non avevo mai pensato ad avere un figlio, diciamo che non era nelle mie corde diventare madre, ma accettai il destino e giorno dopo giorno crebbe in me il desiderio di cambiamento. Con lui avrei davvero dato una svolta alla mia vita. Chiusi i rapporti con gli uomini e mi dedicai esclusivamente ad essere madre, fino a quando una notte mi svegliai in mezzo ad una pozza di sangue. Avevo perso mio figlio! Caddi in depressione, Giulio si dimostrò un marito attento e premuroso, ma non fu sufficiente. Venni ricoverata in clinica per complicanze e durante la degenza conobbi una donna affabile e gentilissima. Diceva di chiamarsi Sonia, di essere laureata in psicologia e che faceva la volontaria in una onlus benefica rivolta a donne che avevano subito, loro malgrado, un’interruzione di gravidanza. Il suo fine era conquistare la mia fiducia e a causa della mia fragilità del momento ci riuscì eccome!
Quando tornai a casa continuammo a sentirci fino a che credetti veramente di aver trovato una nuova amica e soprattutto una persona che in qualche modo mi avrebbe aiutata a credere nuovamente in me stessa. Durante le nostre telefonate e successivamente nei nostri incontri pomeridiani parlavamo di tutto ed io mi aprii in parte a lei. Poi scattò la molla. Mi disse che solo aprendomi totalmente avrei potuto ritrovare il mio ottimismo e la mia voglia di vivere. Quelle telefonate si trasformarono in un vero e proprio gioco della verità in cui era lei a fare delle domande ed io a risponderle sinceramente, finché lei raggiunse il suo scopo ovvero sapere tutto di me, tipo le mie abitudini, il mio comportamento, il mio passato, le mie fobie e soprattutto la mia condizione economica.

Ignara del suo secondo fine non ebbi alcun dubbio di iscrivermi alla sua associazione culturale che secondo lei avrebbe fatto al mio caso. Insomma mi fidai anche perché non ci fu mai una costrizione da parte sua e nessuna coercizione. Tutto avvenne esclusivamente per mia volontà!

Così un pomeriggio ci incontrammo in centro e andammo insieme in una bella villa circondata da verde e mura antiche. Mentre andavamo Sonia mi disse che se avessi voluto avrei potuto partecipare gratuitamente a corsi di yoga, discipline di meditazione orientale, di autoguarigione e quant’altro. Il sabato e la domenica invece si svolgevano pratiche benefiche oltre a jogging, sauna, lavoro manuale, corsi di autoanalisi e rilassamento.
Non ci crederai, ma appena entrai in quel gruppo mi sentii subito circondata da calore e tanto affetto ed ebbi la sensazione che, se avessi frequentato quelle persone assiduamente, mi sarei sentita protetta dalle influenze negative e dai fallimenti della mia vita. Mi stupii come ognuna di loro avesse una potenzialità di persuasione non indifferente e un’incredibile capacità di relazionarsi al punto che quasi subito abbassai completamente le mie difese e dopo alcune sedute mi sentii gratificata perché in poco tempo ero stata riconosciuta e valorizzata da tutto il gruppo.

Insomma ero capitata in una setta e Sonia che in seguito vidi solo rare volte era stata semplicemente una reclutatrice. Ma in quel momento mi sentivo bene e avrei giurato che quel cambiamento nella mia vita fosse in grado di risolvere qualsiasi mia angoscia esistenziale e la mia compulsione nel sesso. I lunghi sermoni degli anziani del gruppo non li consideravo un indottrinamento anzi credevo davvero che potessero portarmi sulla via della guarigione anche se sinceramente fino ad allora non mi ero mai sentita malata. Alla fine entrai in pianta stabile nella vita del gruppo e iniziai ad essere impegnata per tutte le ore del giorno. In realtà il loro scopo era quello di portare l’adepto a uno stato di rottura completa con il mondo esteriore e di conseguenza ad un impoverimento degli affetti.
Mio marito mi chiese più volte cosa stesse succedendo, ma non si preoccupò più di tanto dato che vedeva in me un benessere ritrovato ed una tranquillità mai conosciuta prima. Io di contro non mi rendevo conto di averlo abbandonato pensavo semplicemente che quell’attività fosse un percorso necessario per il mio e il suo bene, anche perché non sentii più quel vuoto siderale e quindi l’esigenza di andare con altri uomini.

Solo dopo due mesi conobbi il capo indiscusso, Aleksandr, ossia il guru, il santone o il magnificante come si faceva chiamare. Nonostante il nome russo diceva di essere un diretto discendente di un samurai. Parlare privatamente con lui era un’impresa quasi impossibile, riceveva pochissimi minuti al giorno, perché il più delle volte parlava a tutto il gruppo con un linguaggio incomprensibile. Non ci metto la mano sul fuoco che fosse davvero giapponese, per me erano frasi indecifrabili, una specie di cantilena che aveva il solo scopo di suggestionare gli astanti.

Dopo una lunga attesa snervante fui io a chiedere di parlare con lui, cercavo la sua considerazione e la sua benedizione, ma questo credo fosse funzionale al gioco. La prima volta mi fece attendere un pomeriggio intero e solo a sera mi accolse nella sua stanza per pochi minuti. Ovviamente Sonia gli aveva riferito tutta la mia storia per cui per lui fu un gioco da ragazzi far leva sul mio narcisismo e sulle mie fragilità. Immaginandolo su una dimensione diversa non credevo usasse simili mezzucci per cui quando mi raccontò alcuni dettagli della mia vita iniziai semplicemente a venerarlo…
Divenne ben presto la mia guida spirituale come del resto lo era per tutti gli altri adepti. Mi consigliava letture e mi insegnava il valore del sacrificio e della condiscendenza. Mi colpì il suo sguardo intenso pieno di luce, la sua voce mono tona, e la sua calma incredibile tanto che non c’era attimo della giornata che non lo pensassi e non lo prendessi a paragone per ogni mio pensiero. Insomma ero caduta in una sorta di infatuazione autosuggestiva. Giorno dopo giorno senza rendermi conto lui entrò nella mia anima e il risultato finale fu il pieno controllo della mia psiche facendomi toccare con mano il senso del dovere e quello della colpa. Non passava giorno che non mi rammentasse quanto fossi impura e che solo attraverso la pratica e la totale obbedienza e disponibilità nei suoi confronti avrei potuto liberarmi dal peccato.

A quel punto crebbe in me un forse desiderio di emulazione. Alla mia età ero praticamente tornata a scuola, e desideravo che il santone o un suo protetto mi mettessero alla prova dandomi i voti. Vivevo di quei giudizi ed ero ben contenta di dimostrare tutta la mia obbedienza quando mi caricavano di nuovi obblighi e pesanti divieti. Stavo sprofondando a mia insaputa in un indebolimento psichico e fisico. Naturalmente avvertivo la pressione psicologica e le mie alterazioni mentali, ma in me cresceva una dimensione superiore che giustificava quelle privazioni tipo rispettare una dieta ferrea in nome della purificazione del corpo, provare dolore fisico, leggere tanto: almeno un libro ogni tre giorni scelto personalmente da Aleksandr, esibire il mio corpo nudo al gruppo liberando così ogni tipo di pudore, inibizione e vergogna.

Dopo circa sei mesi diventarono pressanti le richieste economiche. Ogni adepto oltre a lavorare gratis doveva fare frequenti donazioni alla comunità per cui dopo aver venduto tutto ciò che avevo di personale, la macchina, gioielli e quant’altro, come una drogata in astinenza cominciai a chiedere soldi a mio marito, mia madre e mio padre nonché a mia sorella. Ovviamente queste richieste avevano tra l’altro il fine ultimo di allontanarmi totalmente dalla famiglia. Oltre alle difficoltà quotidiane, con mio marito ormai non eravamo più una coppia e ovviamente mi astenevo con lui da qualsiasi attività sessuale. Un giorno, contro la mia volontà, venne a parlare con il santone con il risultato che senza pensarci due volte mi allontanai volontariamente da lui.

Fu a quel punto che, data la mia totale dipendenza, il santone decise che fosse giunto il momento di superare un altro limite e da quel giorno venni ammessa tra il gruppo dei veterani. Durante le nostre contemplazioni con l’aiuto di varie tecniche ascetiche, o se vuoi riti satanici, raggiungevamo un così alto livello di simbiosi che era del tutto naturale unire anche i nostri corpi. Gli uomini godevano dentro di noi recitando antichi testi sacri, mentre noi donne nude e accoglienti ci abbandonavamo completamente cadendo in una specie di catalessi. Ovviamente non lo consideravo sesso vero e proprio, ma una tecnica per raggiungere altre dimensioni.
Quando poi venni ammessa tra le elette ebbi il più alto grado di riconoscimento mistico, ossia fare l’amore con Aleksandr. Chi partecipava a quelle sedute desiderava con tutta se stessa raggiungere mentalmente e sessualmente livelli sempre più alti tanto che era nelle cose obbedire ciecamente al guru, attraverso schemi di autosuggestione tali da provare alternativamente dolore e benessere fisico. La manipolazione mentale fu tale che ebbi con lui, anche senza sesso oppure con la penetrazione della sola bocca, violenti orgasmi spontanei e ripetuti.
Ripeto il fine era la dipendenza totale ed io ero fermamente convinta che quell’atto fosse necessario per la mia purificazione e il mio benessere. Alla fine mi innamorai di lui visceralmente nel senso che lo ritenevo più un bisogno vitale che sentimentale o fisico. Lui ovviamente giocava su questo stato d’animo e alle volte mi faceva assistere, sempre per il mio benessere interiore, ai suoi rapporti con altre donne durante i quali la mia partecipazione si limitava a baciarlo mentre lui godeva dentro le altre. Ma il momento più ascetico era quando a scelta quattro cinque di noi completamente nude e distese sul pavimento esibivano il nostro sesso a gambe aperte al guru. Lui seduto su una poltrona di tipo regale ci dava consigli su quali posizioni assumere per essere ancora più accoglienti per poi degnarsi di prenderci a turno escludendone rigorosamente una, in quanto non ancora pronta e pura per ricevere la sua preziosa benedizione. Poi la domenica mattina c’era il rito della Our Solemn Hour a cui partecipavano solo le Elette del guru. La cerimonia regale con tanto di musica solenne gregoriana consisteva in un’ora di preghiere durante la quale noi elette a turno masturbavamo Aleksandr fino a quando, raggiunto l’orgasmo, lui versava il suo seme in un calice d’oro. A quel punto tre di noi, scelte a caso dal santone, con la sola punta della lingua, assaporavamo quel nettare cadendo puntualmente per autosuggestione in uno stato di beatificazione totale.

Andai avanti così per due anni, ormai avevo bruciato ogni cosa, affetto, famiglia, dignità, onore, considerazione di me stessa, autostima, soldi e quant’altro. Alle mie spalle c’erano solo macerie scoprendo tuttavia quanto le mie fobie, le mie vertigini invece di annullarsi si fossero violentemente acuite. Fu un nuovo adepto o meglio un giornalista che si era infiltrato nella setta per denunciare la pericolosità di questi pseudo santoni che mi fece rendere conto della trappola in cui ero caduta.
Non fu una cosa facile, ci sono voluti altrettanti anni per uscirne completamente. Lui mi disse: “Sei ancora in tempo, ma ricordati che anche se fisicamente abbandoni la setta, la setta impiegherà molto più tempo a uscire da te.” Aveva ragione! A quel punto subentrarono paura, vergogna, la delusione di essere stata raggirata e la difficoltà di farmi accettare nuovamente da mio marito dopo anni di bugie e finzioni. Il risultato finale fu quello di rimpiangere la mia vita passata che poi in fin dei conti non era per nulla male. Per cui dopo un periodo di assestamento ripresi in mano la mia vita e soprattutto la mia femminilità degradata da quelle pratiche di costrizione. Quindi mi buttai a capofitto nella mia quotidianità e quindi oltre al lavoro, al marito e alle tante incombenze di casa riuscii di nuovo ad avere una mia vita sociale.


SANDRO

Legai con una mia ex collega, più grande di me, con la quale passavo qualche pomeriggio insieme andando a mostre, cinema, vernissage e alle volte qualche cena a casa sua. Lei era stata una mia capoufficio, ora in pensione, era separata e, delusa dagli uomini aveva smesso da tempo di cercare un’altra anima gemella. Era molto abile in cucina e ogni tanto si divertiva a preparare qualche piatto di sua invenzione.

Una sera, oltre a me, invitò a cena anche il suo ex marito. Ero già seduta in tavola quando lui entrò. Aveva una decina di anni in più della moglie, lei ci presentò ed io per la mia inclinazione verso gli uomini anziani ne rimasi immediatamente attratta, ma mi rendevo conto che non fosse cosa dato che aveva di gran lunga passato la settantina. Comunque era un tipo affabile, dai modi gentili, estremamente affascinante con i suoi capelli bianchi e i suoi occhi azzurri cielo. Durante la cena parlammo dei nostri interessi, marito e moglie si lasciarono andare ad episodi vissuti insieme, e lui, amante della bellezza, dell’arte e del buon vino, non trascurò aneddoti anche succosi, tra cui una specie scambio di coppia in un villaggio di lusso a Portofino. Notai una spiccata ironia e un senso evoluto dell’humor. Mi chiese del mio lavoro e miei passatempi preferiti, nell’esatto momento in cui mi domandavo come mai quei due, molto affiatati, avevano deciso di vivere il resto delle loro vite separatamente.

Alla fine della serata, dopo aver apprezzato la cucina e il buon vino della mia ex collega, io e Sandro uscimmo insieme da quella casa. In ascensore, così senza dargli peso, come fosse un atto dovuto, mi mise una mano sul fianco e guardandomi negli occhi mi chiese se avessi ancora un po’ di tempo prima di tornare a casa. Forse sarà stato il calore di quel gesto, forse i suoi occhi profondi, forse la mia astinenza dopo l’esperienza della setta, oppure non so cosa, acconsentii senza alcun indugio, pensando tra me e me che se avesse avuto almeno dieci anni di meno quella sarebbe stata l’occasione giusta della mia prima volta dopo quello che mi era successo. Insomma ci avrei davvero fatto un pensierino e magari quella serata sarebbe potuta finire diversamente.

Comunque salii nella sua macchina e lui tra una battuta e l’altra mi domandò se fossi consapevole del rischio che stessi correndo per aver accettato la sua compagnia. Ridemmo e dopo aver percorso un breve tragitto ci ritrovammo in collina davanti ad uno stupendo e suggestivo panorama. Passarono solo pochi secondi e nel buio dell’auto lui avvicinò le sue labbra e senza alcuna esitazione poggiò la sua bocca sulla mia baciandomi. Poi senza aspettare una mia qualche reazione mi accarezzò il seno, fu lì che lo sentii sussurrare che sarebbe stato un delitto trascurare un seno così caldo, fino a che incredula sentii l’altra sua mano tra le mie gambe.

Solo a quel punto cercai di reagire, del resto la sua compagnia non era solo un grosso rischio, ma una vera e propria prevaricazione. Allora dissi che non mi sarei aspettata un simile gesto da uno sconosciuto e che comunque anche uno sconosciuto avrebbe messo due parole di cortesia in fila. Essere l’ex marito di una mia cara amica non gli dava certo la libertà di comportarsi in quel modo, continuai così, ma davanti alla sua intraprendenza che di certo non era causata da un suo desiderio fisico, sentii le mie parole vuote. Trattenni le sue mani, cercai di dirgli mentendo che non ero affatto una donna in cerca di avventure, ma lui mi disse che non c’era alcun bisogno di giustificare quel momento, di cercare un pretesto, anzi se ci fosse stato avrebbe sminuito quella magia. “Il più delle volte la vita è fatta esclusivamente di occasioni perse.” Mi disse sicuro e accattivante.
Vista la mia perplessità cambiò registro e cercò di spiegarsi dicendo che la vita a volte concede delle opportunità che non sempre sono comprensibili nel presente, ma che di sicuro fondano la loro ragione di essere nel passato. Solo a quel punto mi resi conto che lui conosceva già la mia situazione e la mia insoddisfazione cronica, e forse per questo aveva tralasciato premesse e buon senso decidendo di rischiare e andando subito al sodo.

Non gli andò male perché alla fine chiusi gli occhi e mi abbandonai accettando quei baci caldi e passionali. Dopo qualche secondo incredibilmente ero già in paradiso, sbigottita non solo per il tempo, ma anche per le modalità. Nonostante per pudore venni in silenzio lui se ne accorse e sorrise, e invece di chiedermi in cambio lo stesso servizio, girò la chiave e accese il motore dell’auto. Durante il tragitto di ritorno ci scambiammo i numeri di telefono e lui mi confessò che già durante la cena, il suo sesto senso aveva avvertito inconfondibilmente il magnetismo del mio corpo e che quel sì in ascensore era stato una specie di lasciapassare. Non era una giustificazione, ma io l’accettai come tale.

Tornai a casa e scivolai nel letto accanto a mio marito immerso nel sonno più profondo e per tutta la notte pensai a quello che era successo e all’inevitabilità di quell’incontro. Dopo circa due anni, avevo avuto un caldissimo orgasmo tra le braccia di un signore anziano! Mi chiesi se confessarlo alla mia amica, ma poi pensando sospettai che fosse stata lei l’artefice di quell’incontro preparando il suo ex marito e mettendo in atto quella messinscena. Ero agitata perché dopo l’esperienza della setta, più volte avevo pensato di essere sull’orlo di un abisso, più volte avevo cercato nuovi stimoli, ma non pensavo mai che alla prima vera occasione avrei concesso il mio orgasmo ad un 76enne!

Per tre giorni non successe nulla, anche se in cuor mio guardavo spesso il mio telefono per chissà quale improbabile messaggio. Una mattina però mentre ero in ufficio sentii squillare il telefono e uscii dalla stanza. Era lui! Mi disse che desiderava vedermi immediatamente. Cercai qualche improbabile resistenza, ma davanti alle sue insistenze, finsi un malore, presi un permesso ed uscii.

Lui era lì sotto ad aspettarmi, appena salii nell’auto sentii le sue labbra calde baciarmi. Era vecchio sì, e alla luce del giorno era ancora più vecchio! Vidi indistintamente tutte le sue rughe del viso, la sua pelle bianca venata, le mani nodose e secche, chiedendomi come avessi fatto ad accettare le sue carezze la prima sera. Subito dopo la sua mano rabbonì il mio stato d’animo e la luce dei suoi occhi mi riportò esattamente a provare le stesse sensazioni della prima volta. Mi resi conto che quella voce e quella mano calda avevano un potere enorme su di me. Insomma lo sentivo come una guida, ma non come una figlia obbediente, ma come una donna che riscopriva il sapore della rinascita e soprattutto la fiducia verso gli altri.

Ci sedemmo in un piccolo bar lungo la strada e questa volta al contrario della prima sera, davanti ad una tazza fumante di thè, parlammo molto e in un attimo il mio mondo si capovolse. Mi confessò che, già dalle parole della sua ex moglie, si era interessato a me e che mi aveva vista più di una volta segretamente all’uscita dell’ufficio. Insomma si era innamorato prima di conoscermi e a quel punto mi disse che avrebbe desiderato a tutti i costi portarmi con sé, due giorni nella sua casa al mare. Mi descrisse il porto, la barca, la spiaggia, il sole al tramonto ed io non feci altro che sognare, ma finito l’incantesimo gli dissi che non sarei potuta stare una notte fuori. Lui non si diede per vinto ed insistette al punto che dentro di me sentii chiaramente che stava accadendo qualcosa di irreparabile.

Chiamai allora mio marito, gli parlai di un’improbabile missione di lavoro, lo sentii perplesso, ma alla fine mi chiese soltanto di fargli avere mie notizie. Ci mettemmo subito in viaggio, era solo trenta chilometri di distanza, ma per me era come se avessi preso un aereo e fossi atterrata dall’altra parte del mondo. Non avevo nulla con me e durante il viaggio comprai il necessario e un cambio di vestiti. Prima di andare a casa sua facemmo una sosta al mercato, era bello vederlo aggirarsi per i banchi col suo vestito bianco e il suo panama, alla fine comprò da un suo amico del pesce freschissimo.

Quando arrivammo a casa si mise subito a spiattellare, cucinava divinamente, tutto aveva un sapore nuovo, i suoi sorrisi mi stravolsero, la sua cortesia mi intenerì, mi sentivo sua, mentalmente sua, fisicamente sua. Pranzammo e bevemmo del buon vino. Poi nel pomeriggio mi fece apprezzare quel magnifico tramonto durante una passeggiata a piedi nudi sulla spiaggia. La sera andammo a cena in un ristorante sul mare. Un’atmosfera romantica e indimenticabile, mi sentii leggera, mi senti bene, così bene che mi dimenticai di chiamare mio marito. Poi di nuovo una passeggiata mano nella mano per le vie del paese, andammo al porto e lui si mise a chiacchierare con dei suoi amici.

Il dopo cena lo passammo in terrazza, da lontano vedemmo le luci delle barche dei pescatori a largo, vicino, sotto di noi, qualcuno ascoltava musica americana anni sessanta, forse "Smoke Gets in Your Eyes" forse “Only You” sta di fatto che chiusi gli occhi e lo aspettai. Lui si alzò e mi venne vicino e mentre mi sussurrava un “Ti amo” denso ed avvolgente mi tolse delicatamente il vestito. Rimasi nuda davanti a lui. Ero davvero in un mare di miele, a quel punto delicatamente mi sollevò ed io mi alzai. Appoggiati a quella ringhiera chiesi muta i suoi baci, lui mi abbracciò e poi mi strinse forte baciando ogni parte del mio corpo.
Pensavo a ciò che sarebbe successo dopo, pensavo a quante cose mi ero persa nella vita, pensavo al mio cuore che negli anni avevo trascurato, al mio seno di nuovo gonfio e mai sazio di baci, pensavo a quel letto che ci stava aspettando, alla nostra prima volta insieme, pensavo alle mie mutandine, unico indumento in dosso, chiedendomi a breve se le avessi tolte io o lo avesse fatto lui. Insomma mi sentivo calda e accogliente pronta ad amarlo per quella sera e per sempre.

Sentivo la sua bocca vogliosa e bagnata, la sua mano impaziente, la stessa mano di qualche giorno prima, esperta e padrona che indugiava tra le mie gambe nude e mi scostava le mutandine. Ecco sentivo le sue dita scivolare nel mio lago di nettare, una, due, a volte sincrone altre intermittenti ed unite, davanti a noi la luna e il mare, non riuscivo a trattenermi, lui mi sussurrò di abbandonarmi fino a che non sentii dentro di me un fiume bollente che mi provocò un orgasmo intenso e rapidissimo. Mi sciolsi in quel preludio. Lo guardai negli occhi. Aveva l’aria soddisfatta e dopo un lungo bacio, mi chiese se fossi stata bene, sorrisi, ma non risposi, continuai a guardalo, pensavo a quel letto accogliente e mi sentivo indifesa davanti a tutta quella sensualità, a quel mondo per me sconosciuto, desideravo solo averlo, sentirlo dentro di me, ma solo a quel punto mi resi conto che per lui la serata si stava concludendo, anzi si era chiusa lì. Come la volta prima, non c’era stato alcun dopo. Il suo orgasmo era il mio orgasmo, il suo piacere il mio.

La notte dormimmo insieme abbracciati, ma mi svegliai più volte, smaniavo, mi alzai per bere, sognai, ero inqueta, ma sentivo di amarlo immensamente, lo desideravo fisicamente. Sì, era vero, ero insoddisfatta, o meglio no, mi sentivo appagata dal mio stesso desiderio impellente. Dopo tanti anni mi sentivo viva, uscita da un lungo letargo, sentivo me stessa, le mie voglie, lì dentro di me, intatte, ma con l’anima sazia. Mi resi conto quanto quell’amore fosse diverso, quanto quel sesso fosse mentale prima che fisico, ma allo stesso tempo mi sentivo una donna nuova perché era stato proprio lui che aveva riacceso in me la lampadina del desiderio, dell’energia vitale e della gioia della sensualità, insomma stavo riscoprendo il sesso quello vero pur non saziandomi appieno.

Il giorno dopo tornammo in città, non avrei voluto più lasciarlo, lui mi rassicurò, mi disse di stare tranquilla, di prendere tempo e analizzare il rapporto con mio marito e le scelte da fare. Ma io non volevo alcuna razionalità! Gli urlai che mi sentivo solo sua, sua e basta. Lui mi baciò, mi toccò di nuovo ed io diluii tutto il mio desiderio sul sedile della sua macchina, e alla fine gli promisi che avrei fatto la brava. E quindi tornai a casa e vissi segretamente la mia storia.
Come due ragazzini ci chiamavamo nelle ore più impensabili, ci mandavamo messaggi e cuoricini, la sera chiusa in bagno gli davo la buonanotte, gli chiedevo di non lasciarmi mai sola, lo pregavo di farmi godere, lì chiusa in bagno, al telefono!
Sandro mi aveva presa nel momento più fragile della mia vita e senza di lui mi sentivo persa, mi mancava l’aria ed a tutti gli effetti ormai ero la sua amante, quel tipo di amante che si inventerebbe anche le scuse più improbabili per vederlo un’ora, un minuto. Di colpo mi ero ritrovata ad amare un uomo più vecchio di me di oltre trent’anni, il quale mi aveva fatto riscoprire me stessa e a farmi dire addio alla mia vita precedente. Non avrei potuto più fare a meno di lui e quando mi propose una vacanza insieme per una intera settimana ero già sulla sua porta con la valigia in mano giustificando il viaggio a mio marito come una pausa di riflessione.

È vero si amavo un vecchio, un uomo anziano, senza perifrasi, non occorreva edulcorare la realtà, amavo un vecchio e basta. Mi rendevo conto che fosse una cosa inverosimile, non era il solito cliché di una moglie che stanca del matrimonio e sull’orlo della depressione cade nelle braccia del bel amante più giovane e ci vive una storia travolgente, fatta di ore clandestine consumate in fretta nei motel di periferia, nelle quali riscopre i piaceri reconditi della passione e del sesso. Non era la storia della donna che si piange addosso, che guardandosi una mattina allo specchio vede le prime smagliature e i segni inevitabili dello scorrere del tempo e in qualche modo cerca di fermarlo dandosi al primo che trova la chiave del suo cuore.
Questa era una storia inverosimile perché mi ero innamorata di un vecchio!

Grazie a lui mi sentivo libera, ma non era una libertà vuota e solitaria, era una libertà appagante, piena, una libertà che per esistere aveva bisogno della sua premura, quella d’altri tempi, delle sue attenzioni, quelle dal sapore antico, di quel sentimento che ci univa anche a discapito del mio matrimonio. Sì tradivo mio marito avendo una storia segreta con un altro uomo! Sì lo tradivo con un vecchio! Lo tradivo senza fare sesso, ma non per questo non lo tradivo.

Quando tornai a casa dopo quell’indimenticabile settimana la mia mente e il mio corpo ormai erano totalmente cambiati. Lui aveva legato mente e cervello, al punto che riuscivo a controllare i miei desideri e le mie emozioni per amore. Non volevo fargli del male e quindi non chiedevo, ma non mi pesava, anzi alle volte quando eravamo a letto mi rendevo conto del suo tono muscolare, mi rendevo conto che non avrei più fatto l’amore completo, ma paradossalmente vivevo una libido estrema perché avevo scoperto che l’erotismo aveva un profondo legame con la mente e se un uomo avesse conquistato la mia testa era come se lo avesse fatto anche con il corpo. Esattamente quello che non avevo mai avuto fino ad ora. Avevo scoperto l’energia vitale prodotta dal desiderio sfrenato e non appagato, la voglia dell’attesa che sarebbe comunque rimasta attesa.

Non avrei mai creduto di potermi trovare in una condizione simile, pensavo ai benpensanti, alle mie colleghe, ai miei genitori e a come mi avrebbero giudicata. Ma di contro ero anche realista ed ero consapevole dell’età del mio amante, come dei limiti della natura, ma mi sentivo davvero viva e fortunata. Fortunata per aver pensato a me stessa sfruttando a modo mio quell’opportunità di innamorarmi di un vecchio, ma anche, grazie a lui, mi ero anche e nuovamente innamorata di me stessa!

Sandro non mi prese mai, mai e poi mai entrò dentro di me, ma come se lo avesse fatto! Nonostante lo desiderassi più di me stessa alle volte mi capitava di pensare a Giovanni, a quando emise l’ultimo suo respiro dentro di me. Per cui non gli chiesi mai apertamente nei nostri tre anni insieme di penetrarmi, ma nonostante questo e nonostante tutte le mie premure la natura fece il suo corso e alla soglia degli ottant’anni Sandro volò in cielo.

Con mio marito fu inevitabile un confronto. La verità nella sua crudezza venne immediatamente fuori. Anche se lui dopo i fatti della setta era già propenso a perdonarmi ne rimase comunque sconcertato non tanto per il tradimento che pure se lo sarebbe potuto aspettare, ma dall’età del mio amante. E quando gli giurai che tra noi non c’era mai stato nulla di nulla ovvero l’assenza totale di sesso completo, lui, pur accusando il colpo, divenne premuroso e protettivo nei miei confronti. Del resto Sandro non sarebbe stata più una minaccia per lui per cui mi perdonò dimenticandosi ben presto quanto lo avessi fatto soffrire.

Il colpo della morte di Sandro fu devastante. Il mio lutto nel cuore durò diversi mesi. A forza riuscivo a mangiare e dovevo imbottirmi di pillole per dormire. In tutto quel periodo rifiutai alcun tipo di sesso anche con Vittorio Lezzi il quale premurosamente mi prese di nuovo in cura.
Poi come tutto avviene un giorno mi svegliai e mi sentii più leggera. Ricominciai la mia vita di sempre e sempre corteggiatissima dagli uomini sia reali che virtuali.

 
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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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